Trapani Nostra.it - L'archivio della memoria di Trapani e provincia

 BUSSOLA: Trapani Nostra - Home - Sagra mietitura - TANGI - 04/13 Luglio 2008 - organizzato da "Cultura e Tradizione Tangi"



PREMESSA
dell'Associazione


L'associazione "Cultura e Tradizione TANGI", costituita il 3 Agosto 1995, vuole costituire la salvaguardia di un patrimonio umano, spirituale, civile, che è stato elemento qualificante di una vita pura onesta, modello esemplare di coerenza, di fede e di altruismo. Con tante emozioni, quindi, un gruppo di amici, abitanti della frazione, ci siamo mobilitati per il recupero di testimonianze che servano ad offrire alle generazioni presenti e future la riprova di un insegnamento perenne su cui improntare l'arte della vita quotidiana, in seno alla famiglia e nel lavoro. Per facilitare tutto ciò abbiamo cercato di mettere in evidenza quello che di interessante ha questo territorio e la gente che lo abita, e cioè l'aria buona, la natura incontaminata, lo splendido panorama, i nostri prodotti agricoli e zootecnici e soprattutto la nostra cultura e le tradizioni contadine. In dieci anni di attività, abbiamo cercato anche di rendere più accoglienti alcuni angoli abbandonati della nostra frazione, con la realizzazione di aiuole, la piantumazione di alberi e la pulitura degli spazi adiacenti alla chiesa. Le attività svolte dall'associazione sono comunque incentrate sul recupero e la conservazione delle nostre tradizioni.
La manifestazione NATURALMENTE a Tangi, iniziata nel 1996, è stata incentrata soprattutto sulla tradizionale raccolta del grano con il coinvolgimento dei giovani. La nostra, non vuole assolutamente essere un'operazione nostalgica, un rifiutare i vantaggi del progresso, ma un trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura contadina, vanificati da un grande progresso tecnologico.
Vorrei concludere con una frase che ben si addice a quelli che sono gli obbiettivi della nostra comunità: "un popolo che non guarda al proprio passato è un popolo senza futuro".
IL PRESIDENTE




L'ASSOCIAZIONE:
Le sue attività


Il problema della salvaguardia dell'ambiente è stato recepito da diversi anni anche dagli abitanti di Tangi, che ancor prima di costituirsi in associazione, autotassandosi hanno acquistato delle piantine arboree di diverse specie, facendo sì che oggi la frazione abbia un discreto spazio di verde pubblico, che si è incrementato negli anni.
Con l'impegno dei soci volontari sono stati recuperati alcuni angoli abbandonati, usati come piccole discariche, costruiti muretti in pietra, sedili e aiuole, che oltre a rendere ancora più accogliente il paesaggio sono un punto di ritrovo per i pochi giovani della frazione.
L'associazione si è interessata negli anni alla tutela dell'ambiente anche organizzando degli incontri-dibattito sull'uso sempre più diffuso di pesticidi. Si è cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica alla salvaguardia di alcune razze animali, affinché non vadano in estinzione. A questo proposito, è stata acquistata un'asina che nel tempo ha partorito due figlie, tutt'oggi patrimonio non solo dell'associazione, ma di tutta la comunità. Il loro ricercato latte è stato più volte donato ai bambini intolleranti allatte artificiale. E' importante ricordare che a Tangi non si sentiva ragliare un asino da ben più di 40 anni.
Con la collaborazione del WWF, del Corpo Forestale e di alcuni privati sono state organizzate anche delle esposizioni di animali di varie razze, come la capra girgentana, la vacca cinisara, l'asino pantesco, il cavallo sanfratellone, la gallina padovana, il maiale nero delle madonie, il mulo e altri ancora. Ci si è preoccupati anche di trovare dei locali in cui poter conservare gli attrezzi ormai in disuso ed esporli al pubblico: si è assistito in questo modo alla nascita di un piccolo museo della civiltà contadina locale che cresce grazie all'arrivo di nuovi arnesi che la gente spontaneamente offre e che l'associazione ha cercato di restaurare utilizzando le poche risorse economiche a disposizione.
Alcuni attrezzi custoditi nel museo vengono usati per la realizzazione del presepe, allestito all'interno della parrocchia "Maria SS. Addolorata" nel periodo natalizio. Realizzato con materiali naturali, pur mantenendo la sua sacralità, il presepe riproduce nel modo più fedele possibile i luoghi e la cultura della frazione.
L'associazione inoltre in questi anni si è fatta promotrice di diverse iniziative rivolte sia ai giovani che ai meno giovani, organizzando dei momenti ricreativi e di aggregazione per mantenere quei rapporti umani che solo nei piccoli centri continuano ancora ad esistere. Il periodo di maggiore fermento è senza dubbio quello natalizio in cui viene organizzata per le vie del paese una passeggiata di Babbo Natale in groppa alle asinelle e, con la partecipazione dei ragazzi, vengono realizzate delle recite, tombole a premi, ecc...
Un'altra occasione di incontro è il Carnevale, festeggiato con giochi, scenette varie e gruppi mascherati che animano le serate di ballo.
E' stata rivalutata anche la tradizionale luminaria in onore di San Giuseppe, la sera della vigilia del 19 marzo, antica tradizione che la civiltà del consumismo sta facendo scomparire, così come la tradizione del 2 novembre in cui le passate generazioni aspettavano, tra paure e curiosità, i regali dei cari defunti, trasformata oggi nell'assurda festa di Halloween che niente ha a che dividere con la nostra cultura.
Per i giovani, a cui l'associazione è particolarmente legata e su cui fa affidamento per continuare l'opera da essa intrapresa, sono stati attrezzati dei locali con sala TV, stereo, calcio balilla, ping-pong ed altri giochi, locali che rappresentano un punto di incontro fondamentale vista la mancanza totale nella frazione di altre strutture ricreative.




Cantilene e filastrocche varie...


Angulareddu, mussu d'aneddu;
Nasu nasiddu,
Occhi a pittusiddu;
Frunti di balata,
E te 'na timpulata.


Susiti cristianu a la matina,
Fatti na cruci e pìgghiati 'na curuna,
Poi rappresenta la Matri Divina,
Chidda chi tanti razzi mi runa.


Dumani è duminica,
Cci tagghiu a testa a Minica;
Minica 'un c'è,
Cci tagghiu a testa o re;
'u re è malatu,
Cci tagghia a testa o surdatu;
U surdatu fa la verra
E duna lu culu 'nterra


'U Bambineddu ja a scola
E àppi rata 'na mustazzola:
Era ruci e zuccarata
Viva Cuncetta 'Maculata.


Zucutu zucutu mulineddu,
Tagghia pani cu mezzu cuteddu;
'u cuteddu si rumpiu
E 'u figghiu meu carìu, carìu.


I RACCONTI
degli anziani di Tangi ai ragazzi dell'Istituto comprensivo
A. Manzoni di
Buseto Palizzolo

Ogni cosa torna utile

La grande fame

La legge del più forte
Il migliore amico

Testa che nun parla si chiama cucuzza

Ci si aiuta fra i poveri

Quattro fave nove lire

Le testimonianze sono state rilasciate da:

Augugliaro Francesco,
Scuderi Filippa,
Salerno Salvatore,
Mangiapane Giuseppe,
Fanzone Nicolò,
Angelo Salvatore,
Ditta Pietro,
Melilli Giuseppe

La leggenda del grano



La semina
La preparazione del terreno per la semina, in tutto il territorio dell' Agroericino , cominciava ad Ottobre, dopo le prime piogge. Inizialmente veniva usato l'aratro a chiodo (aratu a chiovu) trainato da una coppia di animali; in seguito l'aratro (a scocca), per il quale era sufficiente un solo mulo.
Si praticavano preliminarmente due solchi lungo il perimetro dei confini (finaita), per evitare che gli animali legati all'aratro potessero entrare nel fondo dei vicini. Si dava così il primo colpo di vomere (ciaccare), che si sviluppava in senso diagonale a partire da uno degli angoli del terreno.
A Novembre si tornava ad arare una seconda volta (rifunniri), sempre in senso obliquo ma questa volta perpendicolarmente al primo solco in modo da incrociarlo a reticolo. Le varietà di frumento più diffuse che si seminavano erano: la rrussulidda e la tumminia.
Prima di seminare si tracciavano con l'aratro solchi paralleli a quattro-cinque metri di distanza l'uno dall'altro, quanti ne poteva contenere il terreno. Si ricorreva più frequentemente al sistema tradizionale della semina a spaglio (a spagghiu, a pruvinu). Un diverso modo di seminare era quello a solco (a sulcu) si usava uno speciale imbuto dalla lunga cannella (mutu di siminari) all'interno del quale si introducevano i semi, che venivano a cadere direttamente dentro il solco tracciato dal vomere.
Dopo, si faceva passare l'erpice, una sorta di grande rastrello formato da un'intelaiatura di legno o di ferro munita di denti lunghi e sottili. Dopo la semina seguiva la fase della pulitura, quando il grano era già alto alcuni centimetri.
LA SEMINA (Rievocazione)
L'Associazione avvia il ciclo di produzione del grano scegliendo ogni anno un appezzamento di terreno e, prima di "siminari", lo lavora con antichi metodi.
Questa fase vede coinvolti, già da diversi anni, i giovani che pur essendo a conoscenza delle varie fasi di vita contadina, non erano mai stati coinvolti direttamente. Tutt'oggi quindi sono gli alunni (Istituti Comprensivi "A. Manzoni" di Buseto Palizzolo" e "D. Rubino" di Fulgatore), che accompagnati da alcuni insegnanti e assistiti dai volontari dell'associazione, portano a termine il lavoro, dalla semina alla scerbatura, la cosiddetta "zapppuliatina", affinchè il campo sia pronto per la mietitura.
Il tutto si realizza anche con il... lavoro di Marcellina, Domenica e Clementina, le asinelle-volontarie dell'Associazione.

Le asinelle Marcellina, Domenica e Clementina

La mietitura
A metà giugno cominciava la mietitura che poteva durare al massimo fino alla fine del mese.
Su una salma di terra potevano lavorare fino a dieci mietitori, tra uomini e donne. Ognuno di essi si metteva al busto un pettorale, un manicotto di tela al braccio destro e ditali di canna al mignolo, all'anulare e al medio della mano sinistra. Per ogni chiurma d'òmini c'era sempre un legatore (liatùri).
Ogni lavorante con la mano sinistra afferrava al gambo un pugno di spighe e lo segava con la falce. Il mietitore annodava il fascio attorcigliando alla base lo stesso gambo di una spiga. Dietro di lui un altro mietitore eseguiva la stessa operazione e disponeva un secondo fascio sul primo, con la legatura in questo caso volta verso il basso in modo da farla coincidere con la precedente.
Il liaturi, correndo da uomo ad uomo, da sinistra verso destra e viceversa, raccoglieva ad uno ad uno i fasci allineati a terra con l'ancinu grosso uncino di ferro tenuto nella mano destra, e li incastrava dentro l'ancinedda impugnata con la sinistra fino ad un massimo di sei emmiti. Il legatore staccava dal fianco un liamu, la stendeva per terra e vi poneva prima cinque emmiti altri quattro e, aiutandosi con il ginocchio, li legava insieme da formare una gregna.
LA MIETITURA. (Rievocazione)
La fase della mietitura è stata inserita nel programma della manifestazione dalla IV edizione di "Naturalmente a Tangi". In un primo momento è stato difficile convincere i volontari, memori delle fatiche passate a reimpugnare la falce e ad indossare "canneddi, falari e razzolu", ma visto l'interesse suscitato dal pubblico, ci si è resi conto che con l'inserimento della mietitura la manifestazione avrebbe assunto una maggiore valenza culturale.
Con la mietitura infatti, è venuto ad aumentare l'interesse del pubblico, dei volontari stessi, della carta stampata e delle televisioni locali e regionali, come Rai 3 Regione.
La cacciatina
Dopo circa una settimana il tempo necessario perché i mazzi raccolti e disposti in covoni (a cavaddunciu) si asciugassero al sole, si cominciava a trasportarli sull'aia dove sarebbero state eseguite le ultime fasi di lavorazione. Il trasporto avveniva sempre all'alba o al tramonto, per evitare che il calore delle ore di punta del sole potesse rompere le spighe per far disperdere i grani. I mazzi erano caricati sui muli o sui carretti. L'aia doveva avere precise caratteristiche: doveva essere pianeggiante, esposta al vento e naturalmente incolta. Si delimitava un cerchio di otto-dieci metri di diametro, con la zappetta si liberava il terreno dalle stoppie e dalle frasche e si spianava le superficie, eliminando eventuali convessità. Si puliva poi con una ramazza, si bagnava e vi si sparpagliava infine uno strato di paglia, si disponevano allora i mazzi all'interno del cerchio, si sfasciavano e attorno alla circonferenza si mettevano altri covoni non ancora slegati perché il grano non si disperdesse oltre il limite segnato. Con un tridente di legno si rivoltavano i fasci dentro l'aia e si lasciavano asciugare al sole. La battitura (pisata o cacciata) era eseguita nelle ore più calde della giornata. Entravano nell'aia gli animali, in genere una coppia di muli che giravano appaiati nello stesso senso rotatorio. Un uomo che si trovava al centro dell'aia e reggeva le estremità delle redini, colpendo le bestie con una sferza non restando mai fermo ma correndo sempre dietro alla coppia che girava al trotto. Altri uomini attorno alla circonferenza del piano badavano nel frattempo a rivoltare con la trarenta i manipoli sotto il passo degli animali (vutari l'aria).
La battitura poteva ripetersi per tre-quattro volte a seconda della quantità e del volume delle spighe e del caldo della giornata. Quando tutte le spighe avevano liberato il grano e i fusti erano ridotti a paglia, la coppia di muli era portata fuori dall'aia al grido "A lu ventu" che si avviava così l'ultima operazione, quella cioè di separare il frumento della pula, operazione che veniva fatta quando soffiava possibilmente la tramontana.
Gli uomini mettevano la camicia fuori dai pantaloni e come cappuccio un sacco di lino per evitare che la pula e reste, polvere e pagliuzze si attaccassero al sudore della pelle. La spagliata (spagghiatina) consisteva nel lanciare in aria il grano misto a paglia per mezzo di tridenti dai rebbi più larghi. I lavoranti si disponevano in linea e scagliavano controvento le spighe affinche i chicchi di frumento più pesanti ricadevano perpendicolarmente al centro dell'aia, la paglia era sospinta fuori dal cerchio, a formare la così detta margiunata deposito a forma di semicerchio. Infine per un ultima selezione il grano si ventilava con la pala di legno (paliari): si puliva in tal modo della terra e si scartavano le spighe rimaste intatte e non completamente sgranate. Il grano raccolto era sistemato a mucchi (a bbaruni) al centro dell'aia e qui si effettuavano le prime cemiture con il crivello di cuoio (crivu d'aria) che si agganciava sospeso, mediante una corda, ai rebbi di una forca a tre vertici. Si procedeva quindi a calcolare e a dividere la quantità del raccolto (spartiri l'aria).
Unità di misura era u tumminu pari a circa 18 Kg. Per una salma di frumento occorrevano sedici tummini.
Unità di misura inferiori erano u munneddu che corrispondeva a Kg 4,5 e la u quartigghiu con capienza di 1 Kg.
Il grano era poi versato in appositi sacchi di tela e caricato per il trasporto a dorso dei muli. Il grano dell'annata si conservava nei cannizzi, alti contenitori di canne intrecciate, a forma cilindrica senza basi. Poggiato sul piano di legno che preservava il contenuto dall'umidità del suolo, il cannizzu consentiva la perfetta traspirazione del prodotto, impedendo che cominciasse a gigghiare.
LA CACCIATINA. (Rievocazione)
Con i volontari, con gli attrezzi ancora funzionanti recuperati dai "maiseni", e con una cavalla messa a disposizione da un caro amico, si procede prima al trasporto delle gregne dal campo all'aia (la cosiddetta stravuliatina) e successivamente alla cacciatina, spagghiatina e insaccatina. Il tutto viene svolto in un clima di festa, accompagnato da musiche di gruppi folkloristici con la ballata della cuntrananza nell'aia e con un toccante momento di preghiera che si conclude con la benedizione dei campi, dei prati e dei pascoli da parte del parroco della contrada.
Al termine della giornata viene offerto a tutti gli intervenuti "u pani cunzatu" realizzato dalle massaie nei forni privati, tradizione quest'ultima che si rinnova fin dalla prima edizione di "Naturalmente a Tangi".


LE FOTOGRAFIE

le fasi della mietitura

ll museo della storia e degli attrezzi

una foto del coro ERICE FOLK all'interno del museo di Tangi
il coro ERICE FOLK nella giornata della festa


RICERCHE SULLA CULTURA POPOLARE Proverbi e detti popolari...
Sprazzi di saggezza o arguzia contadine...
Calendario e meteorologia...
Il contadino medico ed erborista
Consigli di pratica utilità...
Superstizioni e credenze popolari

La leggenda
del grano


Un po' dì stroia...
La coltivazione del grano in Sicilia ha origini remote. C'è sempre stato uno stretto rapporto, un vincolo inscindibile, tra l'abitatore dell'isola e la coltura del grano. Si è arrivati perfino a identificare la cultura del lavoro con la coltura del grano. Quest'intima connessione ha portato a chiamare il cerale "lavuri" (lavoro): in altre parole frutto di fatica e di sudore.
Si presume che la coltivazione del grano in Sicilia risalga ad almeno 3000 anni a.c. ed in seguito, la produzione divenne talmente abbondante tanto da esportarne le eccedenze a tutti i popoli del mediterraneo. Più tardi i Romani ebbero a definire l'isola (il granaio di Roma). Tuttora la coltivazione del grano è una parte molto importante dell'economia siciliana e con il passare del tempo la sua coltura ha acquisito tecniche sempre più moderne.



Canto del contadino durante la cacciatina


Oh! Gesù, Maria, Giuseppi, Sant'Anna,
Santu Jacu, Santo Jachinu, e la Maronna,
E tutti li Santi di lu Paradisu
Nn 'aiutanu a mmia e a ttia,
Poviru armaleddu,
E gìrati nna 'sti canti canti
Cci su l'Angiuli e li Santi.
A vvi cina ti a la cantunera,
Chi cc'è l'Angiulu cu la bannera,
E San Matteo e San Martulumeo
E quannu è ura di nèsciri
L'aju adiri jà.




Per ingrandire l'immagine cliccate sulla stessa


un anziano commenta le fasi della mietitura Un anziano commenta le fasi della mietitura -
(al microfono, il poeta dialettale, nelle vesti di presentatore,
Giuseppe Vultaggio)


vestizione - un anziano si prepara per la mietitura vestizione - un anziano si prepara per la mietitura vestizione - un anziano si prepara per la mietitura la raccolta del grano in fasci (emmiti) u liaturi - raccoglitore dei fasci di grano u liaturi cu la gregna pronta un asino carico torna all'aia il carretto torna carico all'aia preparazione dell'aia la cacciatina nell'aia la spagghiatina crivu d'aria per'ultima cernitura la fase dell'insaccatura u_cannizzu

E-mail e-mail - redazione@trapaninostra.it