Raccolta di poesie di Tore Mazzeo - dal libro - POESIE TRAPANESI - Baddhraronzuli 2
|
|
|
|
|
VIRGINALI
|
VERGINALE
|
‘Na vela bianca rumpi l’urizzunti
D’u mari sirenu, ntavulatu.
A manu dhritta supra ri lu munti
Fumiànnu camina un niulatu
(Biancu e liggeru comu chiddhra vela).
Nuvuli e veli bianchi, virginali,
Scuma ru çielu, macchi ri culuri,
Nuvoli e veli vui fati lu mali
Chi fa ‘u biancu cu lu so’ canduri
(‘U mali ruçi ri la vita amara).
Note esplicative, notizie, curiosità ecc.
Questa poesia è stata tradotta dal prof. Gaetano Cipolla ed è stata pubblicata
su ‘Arba sicula’- Rivista di Folclore e letteratura siciliana n. 1 e 2 del
1998.
Gaetano Cipolla è il direttore editoriale della rivista che viene stampata
in Canada.
|
Una vela bianca rompe l’orizzonte
Del mare sereno com’un tavolato.
Sulla destra sopra la montagna
Fumigando cammina un nuvolato
(Bianco e leggero come quella vela).
Nuvole e vele bianche, verginali
Schiuma del cielo, macchie di colore,
Nuvole e vele voi fate quel male
Che fa il bianco con il suo candore
(Il male dolce della vita amara).
VIRGINAL
(traduzione di Gaetano Cipolla)
A white sail breaks up the horizon
Of the serene sea like a table
On the right, upon the mountain,
A smoking cloud is traveling
(as white and light as that white sail).
Clouds and white virginal sails,
Sky-foam,color stains,
Clouds and sails, you cause the same pain
As does whiteness with its candor
(the sweet pain of this bitter life).
|
|
torna all'indice
|
MARI
|
MARE
|
‘U mari è vicinu
sirenu.
Luntanu si movi
liggeru.
Si curva lu schinu
si metti ncaminu.
S’annaca.
Jinchi, sdivaca,
si torci, scumìa,
abballa ‘u tangu
e stancu s’avvia.
S’abbrìa,
si metti di çiancu,
scumìa.
Si squeta, s’arraggia;
volubili cangia culuri.
S’incava, si svava,
si vungia e camina.
Virennu la riva
si svungia
l’alliscia.
Note esplicative, notizie, curiosità ecc.
E’ il mare di Trapani, quello di tramontana, ove in estate si montavano
i “casotti” e gli stabilimenti balneari.
La mia casa era nella via Orlandini, di fronte la caserma dei
Carabinieri, e quindi la battigia era il luogo preferito per i giochi di noi
bambini anche in inverno.
|
Il mare è vicino
sereno.
Lontano si muove
leggero.
Incurva la schiena
si mette in cammino.
Dondola
Gonfia, svuota,
si torce, spumeggia,
balla il tango
e stanco si avvia.
S’abbriva,
si mette di fianco,
spumeggia.
Si squeta, s’arrabbia;
volubile cangia colore.
S’incava, si sbava,
rigonfia e cammina.
Vedendo la riva
si sgonfia,
l’alliscia.
Spesso sostavamo a guardarlo e a studiarlo questo mare, che portava
sulla spiaggia pezzi di legni diversi, qualche chiazza solida di catrame e
i famosi baddhraronzuli.
Eravamo proprio lì quando passarono a bassa quota cinque o sei aerei
francesi che bombardarono Trapani qualche giorno dopo la dichiarazione
di guerra alla Francia.
|
|
torna all'indice
|
‘U MMERNU
|
L’INVERNO
|
‘U ventu çiuçia
Friddu.
I vitra trimannu
Chiancinu l’acqua
Chi chiovi.
Nda ‘na stanzuzza
Affumata
‘Na lampa ar ogghiu
Linguiannu
Çerca ‘na facci sparuta
Di ‘na cristiana
Misa a cantunera.
Supra un cufuni
Du’ manu
Trimannu
Scurrinu un rusariu
‘Nfucatu.
|
Il vento soffia
Freddo.
I vetri tremando
Piangono l’acqua
Che piove.
In una stanzetta
Affumata
Una lucerna ad olio
Lingueggiando
Cerca la faccia sparuta
D’una vecchia
Che siede in un cantuccio.
Sopra un braciere
Due mani
Tremando
Scorrono un rosario
Infuocato.
|
|
torna all'indice
|
TRAMUNTU
|
TRAMONTO
|
‘U russu cari
Pitta lu mari
L’acqua lu lava.
‘Rresta ‘na vava
Lèggia di rosa
Chi s’arriposa
Tra cielu e mari.
Poi nfunnu cari.
Note esplicative, notizie, curiosità ecc.
Questa poesia coglie, come può fare un pittore, il momento magico
del tramonto sul mare.
Quando il tempo è sereno, il mare si infiamma di colori rosseggianti
ed il sole al tramonto è una palla infuocata che vi affonda.
Negli anni del primo dopoguerra (1918), i balconi delle camere del
Grand Hotel venivano aperti nell’ora del tramonto come palchi di un
grande teatro per fare assistere i turisti, al meraviglioso spettacolo del
sole che cala sul mare.
|
Il rosso cade
Colora il mare
L'acqua lo lava.
Resta una bava
Lieve di rosa
Che si riposa
Tra cielo e mare.
Poi in fondo cade.
|
|
torna all'indice
|
TAVERNA
|
TAVERNA
|
‘Na tavuliddhra di lignami scuru
‘Na lampa c’u cartuni a girigghianu
Tri seggi e tri cristiani spaddhri a muru
Tri bicchiera allisciati ri tri manu.
Tri vucchi muti, sei occhi allammicati
‘Na cannata di vinu ancora china
‘Na spillonga di favi pizzicati
E ‘na musca allapata chi camina.
Note esplicative, notizie, curiosità ecc.
Questa scenetta la vedevo spesso tornando a casa dall’Istituto Tecnico
commerciale sito in via San Michele. La taverna non esiste più. È rimasta
solo nelle ricordanze del mio “Museo d’ombre”, titolo questo (del
quale mi sono appropriato) di un delizioso libretto di piccoli fatterelli o
ritratti tipici, narrati con grande maestria letteraria da Gesualdo Bufalino.
Lui li aveva nella sua memoria come schede di una collezione mentale
di opere, giorni, gesti e luoghi superati dal progresso della scienza e
della tecnica o dalle manifestazioni del sapere letterario.
|
Un piccol desco di legname scuro
Una lampada con il cartone intorno
Tre sedie e tre cristiani spalle a muro
Tre bicchieri carezzati da tre mani.
Tre bocche mute sei occhi semichiusi
Un boccale di vino ancora pieno
Un grande piatto di fave spizzicate
E ‘na mosca affamata che cammina.
Queste schede le aveva sviluppate con la sua arte poetica e pubblicate,
ritengo, per assolvere ad un dovere testimoniale con lo scopo di storicizzare
lo svolgimento della vita del suo paese natale nel periodo della
fanciullezza, così come s’illudono fare molti scrittori quando cominciano
ad intravedere la morte.
Anche io, nel mio piccolo, ho voluto testimoniare tramandando ai
posteri uno squarcio della vita nel mio paese degli anni ’30.
La taverna era allocata nella popolosa via Mercè al numero civico 36.
La poesia è stata scritta nel 1967 e pubblicata nella raccolta Baddhraronzuli
del 1993, Corrao edit. Trapani (Ediz. F.c. esaur.)
|
|
torna all'indice
|
pagina a cura di
per CORRAO editore
|