Giuseppe Ingardia






Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
"Tempura di lu Signuri" di Giuseppe Ingardia

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V Tempo - «Giugnettu di lu Signuri»
Nubia e l'Aglio (Un' isola felice di longevità)


Giugno è il mese dell'aglio e l'aglio è legato indissolubilmente a Nubia (frazione di Paceco) oltre che a riti e tradizioni assai curiosi.
Vent'anni fa Antonino Uccello, nella sua raccolta di canti e racconti «Era Sicilia», trattò di una frazione di Paceco, nei pressi di Trapani, immersa in un mare di saline. Parlava di Nubia, nome arabo dell'oro «nwb», un'isola antropologica ed etnologica nel cuore del trapanese. Dopo vent'anni tutto è rimasto immutato. Vita patriarcale, tradizioni e costumi secolari di lavoro, sono ancor oggi segnali tangibili, di una laboriosa popolazione che fino a pochi decenni prima era chiusa come una tribù in un paesaggio incantevole dalle bianche saline e dalle verdeggianti colture d'aglio.
Dicevamo dell'aglio. Quello di Nubia, il «bianco» spesso spacciato per aglio di Sulmona (per la sua colorazione rosacea), ha un alto contenuto di allicina che (come testimoniano in questi giorni in America) abbassa notevolmente il tasso di colesterolo (bastano 2 spicchi al giorno). E' di queste ultime ore la scoperta fatta in Spagna di una sostanza antivirosa nell'aglio. L'uso fisioterapico dell'aglio ha portato gli studiosi ad osservare usi, vita e habitat naturale dei nubioti. La risultante li ha portati ad azzardare una teoria estremamente suggestiva. Attraverso le statistiche demografiche che dimostrano nei decenni l'andamento crescente della vita, si può dire che (grazie alle particolari condizioni climatiche e ambientali e all'uso dell'aglio continuo) a Nubia la vita si allunga proprio come verificato nelle «luminaie» del Garda. A Nubia infatti la longevità è di casa: l'uomo supera spesso i cento anni di vita.
Decantare tutte le benefiche virtù dell'aglio non è facile come pure tutti gli usi, credenze, pregiudizi, aneddoti e «stregonerie». L'aglio ha la forza attrattiva delle streghe ed è detestato dal diavolo che fugge al sentirne il «puzzo». Ancor oggi le fattucchiere lo usano nel fatidico scongiuro che comincia con «Sali, agghia e ogghiu». Salvatore Catalano, in arte «Mago Cipriano», dirige un centro esoterico di pranoterapia.
«Questi scongiuri - dice - esistono ancora. lo non l'ho mai fatto, è solo superstizione sfruttata da improvvisati. Una volta per allontanare il demonio, veniva confezionato un sacchetto con sale, uno spicchio d'aglio e peperoncino oppure rosmarino. Qualche cliente viene ancora da me con addosso un sacchetto tramandato da padre in figlio». Oggi la medicina ufficiale accoglie in pieno gli usi esaltati dalla medicina popolare, per la quale l'aglio è antiverminoso, comune disinfettante con menta e aceto, contro la putredine delle vie digestive. Contro i vermi si indossava una «curuna d'agghi» al collo e a Trapani «'u cucciddateddu di li vermi»: impasto d'aglio e midollo di pane, applicato a forma di ciambella sul pancino come «stumacali». I sulfamigi con i vapori d'acqua in cui s'è bollito aglio, curano «nanfara» e raffreddore e l'aglio affettato e avvicinato all'occhio cura le ulcerette della cornea.
Un vecchio proverbio trapanese così recitava: «Pi la Santa Mmaculata, sunn'è nata è siminata». Vale a dire che l'aglio, l'8 Dicembre, se non è ancora nato, deve essere già seminato.
Il «polipo nell'occhio» si curava con scongiuri e guariva toccando con uno spicchio d'aglio, facendo tre croci e recitando un'orazione a Santa Lucia. Anche la paura passava applicando sull'ombelico l'orlo di un bicchiere unto d'aglio. E la «renella» se n'andava ingoiandone una «testa» fatta a spicchi. Nel corso delle epidemie da colera (ben 5 dal 1866 al 1893) nei rioni di Borgo e Kalsa a Palermo e a Castellammare, l'aglio fu usato come rimedio, crudo e a digiuno, con aceto, pesto o a spicchi.
Secondo un aneddoto di Nubia l'aglio è «azzenti» anche perchè una volta un ladruncolo (mentre rubava agli, veniva colpito nel sedere con una scarica a «sale» dal padrone) coniava all'indirizzo dell'aglio la frase: «cumpari agghiu, chi siti azzenti». L'aglio distrugge le virtù della calamità. E com'è divenuta proverbiale la frase «iri a Nubia, u paisi di l'agghi», lo è altrettanto e salutare per chi la mette in atto un'altra: «sulu 'nto latti un ci mettu agghi». Infine fa calare la pressione, ma l'alito «puzza». E allora pulire i denti con prezzemolo, salvia o menta ma soprattutto non sognarlo di notte. L'aglio è di cattivo augurio.


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