Ballo popolare al quale partecipavano operai, lavoratori in genere e popolane di tutte le età, profumati fino all'esagerazione e dopo aver partecipato a mangiate e bevute orgiastiche. Il ballo è molto semplice e simile alla più nota tarantella napoletana. E' farcito di inchini e dolce frasi, ancheggiamenti, dondolìi, con le donne in abiti piuttosto scollati per provocare i più focosi giovanotti. E mentre si intrecciano le danze, volano frasi equivoche, adulazioni spinte, mostra di gambe non sempre affusolate, strizzatine d'occhi, sorrisi maliardi, cenni d'innamoramento. Il ballo viene esguito a coppie. Ogni coppia (ovviamente composta di un uomo e una donna) stà faccia a faccia a poca distanza. E segue un continuo contorcersi, andare e venire, fermarsi, chinarsi, alzarsi e abbassarsi, allargare le gonne, battere le mani e i piedi, gesticolare naturalmente seguendo la musica. E mentre si balla è una botta e risposta di "canzuneddi d'amuri" (canti d'amore). Del tipo che segue, di anonimo ericino:
"Tu si cchiù bedda picciuttedda
chi 'ncelu e 'nterra si putia truvari.
Culurita cchiù assai di 'na rusidda,
a cui ti vidi fai 'nnamurari.
A cui ti vidi e nun cci scippi 'u cori
è signu chi nun è natu pi l'amuri.
O bedda, chi nascisti 'ntra lu mari:
l'hai 'nsignatu a mia l'arti d'amari!"
"Tu sei la più bella ragazza
che in cielo e in terra si possa trovare.
Colorita più di una rosa.
Fai innamorare chiunque ti vede.
Se chi ti vede non sente strapparsi il cuore
è segno che non è nato per amare.
Bella, che sei nata nel mare:
l'hai imparato a me l'arte di amare!"
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