Trascorse le festività natalizie si sentiva ripetere il vecchio detto: «doppu li Tri Re si dici olè», per significare che il carnevale già era alle porte e quindi era tempo di frizzi, scherzi e freddure. Ed era già carnevale! A Trapani la festività di carnevale ricorreva con grande partecipazione di gente. Il carnevale offriva un motivo per uscire dalle miserie quotidiane, come occasione per dare sfogo a sentimenti repressi, secondo il detto: «a Cannalivali, ogni scherzu vali»; e non ci si poteva offendere anche se lo scherzo, talvolta, risultava pesante. A Trapani un tempo, prima che la furia devastatrice della guerra li distruggesse, esistevano i «curtigghia» (cortili) dove abitava normalmente la povera gente. Ricordiamo «u curtigghiazzu», «u catitu», «u curtigghiu di Santu Libertu», e tanti altri ce n'erano ancora soprattutto nel Rione di San Pietro. La povera gente, di solito, era quella che respirava di più l'aria di carnevale e si assisteva proprio in quei cortili, alla scena più significativa del carnevale trapanese.
Baglio Tangi: il Coro delle Egadi esegue il "ballo a chiovu"
I protagonisti erano sempre «u Nannu» e «a Nanna», che un bel mattino facevano la loro apparizione nel mezzo dei cortili, l'uno affianco all'altra, sospesi a mezz'aria, comodamente seduti su vecchie sedie sgangherate. Erano pupazzi allestiti dagli abitanti del cortile, che si servivano di apposite maschere di cartapesta fabbricate a Trapani da umili artigiani che, con il sopragiungere del carnevale, potevano così procurarsi qualche guadagno extra.
La "bruciatina" dei Nanni oggi a Trapani (ndr anno uscita libro 1996)
In via Badiella esisteva una bottega che nel periodo di Carnevale produceva maschere di cartapesta. Attorno ai «nanni» la gente si divertiva come meglio poteva, riservandosi di dar vita alla scena finale per lo scadere del terzo giorno. Allora ci si preparava ad assistere alla bruciatura delle due maschere di pezza, imbottite di segatura od altro che servisse allo scopo. Ma prima del gran finale spesso un «nutaru» leggeva le ultime volontà, «U testamentu» dei Nanni, tra le risate dei presenti. Ne veniva fuori un grande falò le cui fiamme, talvolta assai alte, rischiaravano «u curtigghiu» nel bel mezzo della notte.
Poi erano le «Ceneri», che venivano raccolte e sparse un po' dovunque. Altre volte si procedeva sottoponendo ad operazione chirurgica, la coppia infelice, semmai l'intervento li potesse salvare da morte sicura a cui erano destinati. Allora veniva allestita una grande lettiga su cui veniva adagiato «u Nannu». C'erano «u Dutturi» e gli assistenti. I ferri erano i più improvvisati, tipo le grosse cesoie dei «stagnatari». Prodotta la prima incisione, tra la spasmodica attesa della gente, il medico iniziava l'estrazione delle viscere. Ne venivano fuori salsiccie, «tumazzi», polli, uova, frutta varia, verdure ed ogni ben di Dio.
Il Coro delle Egadi esegue "A cuntrananza" al Baglio Tangi
Dalle situazioni definitive del carnevale, i trapanesi prendevano spunto per improvvisare mascherate chiassose che spesso attiravano l'attenzione del pubblico che si intratteneva per le vie e sulle piazze, per qualche sprazzo di buon umore.
I vecchi trapanesi ricordano certamente «U Mutu» e «Peppi Tabbobbu» che, tutti presi per dare un senso al carnevale, improvvisavano mascherate producendo un baccano indiavolato, con la percussione di bastoni su vecchie latte e tamburi. Poi improvvisavano motti e facezie che mettevano in caricatura le situazioni ed i personaggi trapanesi più in vista. Nelle tre serate di carnevale, la «Loggia» si riempiva di gente in maschera, formando il quadro di un grande salone da divertimenti vari. Non mancavano i coriandoli e stelle filanti, suoni di trombe e trombette e delle famose «cunchigghia», producente un suono cupo e prolungato. I vecchi trapanesi ricordano ancora «u Purparu», il venditore di polipi come se ne vedevano fino a qualche tempo fa nella Piazza del Mercato, la classica pignata di creta in cui il polpo stava nel suo brodo ed era un boccone prelibato per i trapanesi. I ragazzini compravano dai macellai «a bozza», una vescica che si riempiva d'aria o acqua e poi legata da una funicella ad un bastone, sbattuta con forza produceva un rumore assordante. Era un carnevale povero, «vasciu» come le tasche della povera gente «senza scusciu»; non dispendioso, ma certamente più sano e più vero.
E per salutare il Carnevale e «a cu' nni voli beni e a cu' ni voli mali», voglio ricordare come un paio di volte a Trapani, un'ordinanza questural-prefettizzia abbia vietato maschere, petardi e simili. Causa prima: un omicidio di stampo mafioso.
I Nanni: coppia regina del carnevale di oggi, a Trapani
La Provincia di Trapani si prepara alle serate danzanti di sempre, private e pubbliche, con mascherate e coriandoli popular-gentilizi che sanno pochissimo del Carnevale tradizionalmente inteso. Rare figure, carri allegorici, fantasmagorie varie vengono intonate all'occasione. Forse le uniche note da menzionare vengono da Custonaci e da Paceco. A Custonaci da anni viene organizzata una sfilata di carri allegorici a sfondo politico locale o nazionale (nella prossima edizione 1995 indubbiamente i principali protagonisti saranno "il Cavaliere" e il "Senatur"), mentre ultimamente è stato acceso un caratteristico falò attorno ad un gigantesco fantoccio di stoffa che sovrastava la gradinata davanti il Santuario, dopo che diversi pupazzi realizzati dai cittadini, erano stati sparsi agli angoli del paese. Alla fine un esilarante corteo funebre con banda musicale e quindi una stimolante "abballatina" in piazza. Il fatto curioso è che qualcuno ha colto l'occasione per coniare una moderna diceria: "Custonaci, paese dei pupi!". La curiosità ha spinto il famoso regista Damiano Damiani a chiedere (ma inutilmente) la cessione del "grande pupazzo" per effettuare delle riprese cinematografiche, per utilizzarlo forse anche come protagonista principale! Anche a Paceco, sia pure con alterna frequenza, è rimasto qualcosa del vecchio Carnevale. Dal tradizionale sacrificio du "Zu 'N toni "u porcu" (il maiale del giovedi grasso) al carrozzone con recital finale in vernacolo, al carro funebre con corteo di "prefiche" (attenzione, trattasi solo di donne piangenti) trainante il Nannu mortu. Alle "mare" o "magare" con "fazzittuni" in testa, "muccaturi" sul viso e "muscularu" in mano ritmante "u figghiu miu, u figghiu miu!". Ai "ritunara" con cappotto a "finniolu", grandi maschere di cartapesta sul viso ed in mano lunghe catene e soprattutto 'u rituni (per il trasporto della paglia, in tempi antichi) che dà il nome alla maschera. Ai Nanni messi in mostra sui balconi o sui tetti delle abitazioni pacecote più misere.
Particolare attenzione, in verità, merita di essere rivolta all'impegno che contraddistingue da alcuni anni l'attività dell'Associazione Trapanese per le tradizioni Popolari che, grazie anche all'inesauribile 'vena' e saggezza antica del Prof. Totò Buscaino, cerca di rispolverare - nel modo più aderente possibile - anche il vecchio Carnevale trapanese. Fatto notevole è che l'Associazione è riuscita a far "scendere" nuovamente in piazza e per le strade, tanta gente (maturi, vecchi o bambini) che riscopre il gusto dell'allegria e dello stare insieme, spensieratamente.
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