Il nostro studio si è concentrato principalmente sull’area Ronciglio (Fig.5 – Fig.6 – Fig.7) perché siamo consci del
degrado in cui verte quest’area, nonostante, faccia parte di una Riserva, avendo delle potenzialità naturalistiche enormi
ma utilizzata erroneamente dai frequentatori non capendo dell’importanza che questa zona ha nel contesto di una Riserva e
per il territorio trapanese. Il tratto di Riserva presente nella zona Ronciglio è una zona umida, che in ecologia, è
un’area naturale caratterizzata dalla presenza permanente o temporanea di acqua stagnante o di un suolo impregnato di acqua,
nei cui strati profondi si instaurano condizioni anaerobiche, e che sostiene almeno per una parte dell’anno la crescita di
piante idrofite.
Fig. 5 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 6 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 7 ph© Foto di Benedetto Galifi
La definizione di zona umida è necessariamente generica, comprendendo in realtà aree naturali e artificiali dalle
caratteristiche specifiche assai diverse, spesso localizzate in zone di transizione tra ecosistemi permanentemente asciutti
ed ecosistemi acquatici permanenti e profondi (laghi, fiumi, mari).
In base al documento noto come Convenzione di Ramsar, siglato nel 1971 e relativo alle zone umide di importanza
internazionale, “si intendono per zone umide le paludi e gli acquitrini, le torbiere oppure i bacini naturali o
artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente dolce, salmastra o salata, ivi comprese le distese di
acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i 6 metri”.
Le zone umide di origine naturale sono rappresentate da torbiere, estuari, acquitrini e paludi, lagune e laghi costieri
con o senza collegamenti con le acque marine; sono di origine artificiale gli invasi destinati alla piscicoltura, le
saline, le casse di espansione (bacini creati per contenere le acque di piena di corsi d’acqua e laghi), i canali di
irrigazione, le vasche di colmata (bacini creati per ottenere depositi di torba), i bacini di ritenuta (invasi destinati ad
accumulare acque provenienti da corsi d’acqua, da impiegarsi in vario modo).
L’importanza ecologica delle zone umide, è data dalla loro collocazione geografica ed ecologica, cioè intermedia tra gli
ambienti terrestri e quelli prettamente acquatici, rivestendo una importanza fondamentale negli equilibri idrologici del
territorio e per la biodiversità delle forme viventi. Le zone umide intervengono nel contenimento delle piene di laghi e
fiumi, tamponando gli effetti più gravi delle esondazioni; trattenendo le acque, ne permettono la decantazione dei detriti
organici in eccesso, migliorandone la qualità prima che queste ricircolino nelle falde acquifere; sono coinvolte nei cicli
del carbonio, dello zolfo e dell’azoto, intervenendo in tal modo nei cicli della materia.
La notevole presenza vegetale determina una intensa attività di fotosintesi che, se da un lato permette l’utilizzo di
anidride carbonica e quindi contribuisce a ridurne l’eccesso in atmosfera, dall’altro determina una elevata produzione di
materia organica, favorendo l’insediamento di una comunità di organismi assai diversificata.
La ricchezza di specie è particolarmente importante soprattutto considerando le caratteristiche ecotonali delle zone
umide, cioè “di passaggio” tra un tipo di ecosistema (terrestre) e un altro (acquatico); in altri termini, la presenza di
zone a salinità differente e di variabili condizioni di ossigenazione e temperatura delle acque, instaura un mosaico di
microambienti nei quali ciascuna specie può trovare le migliori condizioni per la sua sopravvivenza, comprese le specie
eurialine e euriterme, cioè capaci di sopportare ampie oscillazioni della concentrazione e della temperatura.
Le zone umide costituiscono anche un sicuro rifugio per l’avifauna migratoria: molti uccelli di passo utilizzano queste
aree come punti di sosta durante le migrazioni; altri vi giungono per nidificare. In tal senso, le zone umide hanno una
funzione insostituibile, perché gli ambienti circostanti, spesso bonificati e fortemente antropizzati, non offrono adeguate
risorse nutritive (soprattutto agli uccelli limicoli) e interferiscono con la possibilità di trovare siti di nidificazione
e riproduzione.
La conservazione e l’utilizzo razionale delle zone umide sono state oggetto della conferenza tenutasi a Ramsar (Iran) nel
1971, conclusasi con la Convenzione di Ramsar.
Questa, entrata in vigore nel 1975, fu ratificata in Italia con il DPR 448 del 13/3/1976. Dal 1975 l’attività dei paesi
firmatari è coordinata dalla segreteria di Gland (Svizzera) e si rinnova attraverso riunioni triennali, in cui vengono
approvate linee guida che adeguino le necessità della conservazione ambientale alle esigenze di un quadro politico ed
economico in continua evoluzione. Nella conferenza del 1999, svoltasi a San José (Costa Rica), i paesi firmatari sono
diventati 114 e oltre 900 le zone protette, per una estensione di circa 70 milioni di ettari.
Il documento, particolarmente rilevante perché è l’unico trattato internazionale mirato alla protezione di un particolare
ecosistema, definisce i caratteri e l’importanza delle zone umide; ne riconosce il valore economico e scientifico e ne
stabilisce l’“utilizzo razionale e durevole”, ossia l’impiego in favore delle attività umane compatibile con le
caratteristiche naturali dell’ambiente e utilizzabile anche dalle generazioni future.
Alcune delle zone elencate nella convenzione di Ramsar sono la Camargue (Francia), l’Everglades National Park (Florida),
l’estuario del Tago (Portogallo), il lago Titicaca (versante boliviano). In Italia, tra le zone Ramsar vi sono il Pian di
Spagna del lago di Mezzola (Como, Sondrio), la palude di Bolgheri (Livorno), la laguna di Orbetello, la palude Diaccia
Botrona e il lago di Burano (Grosseto), le torbiere d’Iseo (Brescia), lo stagno di Mistras e lo stagno di Cabras
(Oristano), il lago di Barrea (L’Aquila), il bacino dell’Agitola (Catanzaro), le Saline di Trapani e Paceco (Trapani).
La salina (Fig.8) è attualmente al di fuori degli itinerari educativi scolastici, perché manca un percorso didattico.
Dallo studio effettuato possiamo lamentare la mancanza di identità e di appartenenza ad una comunità, anche se sotto la tutela del WWF.
Fig.8 Struttura e successione delle vasche di una salina. 1. Fredda, 2. Reticalda,
3. Ruffiana, 4. Caura, 5. Casedda, 6.Mucchi di sale, 7. Canale utilizzato per caricare il sale
sulle barche, 8. Casa del salinaio o magazzino, 9. Mulino.
Studiando e conoscendo le nostre radici potrebbe rappresentare un primo passo verso la riscoperta della storia di questa
area, anche attraverso le esposizioni in un luogo istituzionale appropriato delle immagini e delle notizie che
rappresentano le memorie della storia locale.
* ADOTTIAMO UN’AREA DA VALORIZZARE
Ciò premesso si è deciso di adottare l’area “Ronciglio”, studiandola nei suoi vari aspetti positivi e negativi, ma proprio
da questi ne abbiamo tratto le motivazioni per curarla.
* OBIETTIVO
All’inizio del corso e dopo i vari sopralluoghi nella RNO Saline di Trapani e Paceco, principalmente mirati nell’area
Ronciglio, dove, assieme all’Ente Gestore WWF ed altre associazioni ambientaliste, abbiamo partecipato alla Giornata delle
Oasi ripulendo ed effettuando la raccolta differenziata di tutto quello che le persone vanno a conferire senza tener
presente dell’ambiente in cui si trovano. (Fig.9 - Fig.10)
Fig. 9 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 10 ph© Foto di Benedetto Galifi
L’auspicio che ci siamo prefissati è quello di ripristinare i luoghi della memoria antropologica e valorizzando le
potenzialità paesaggistiche e naturalistiche della suddetta area suggerendo alcuni interventi per una più adeguata fruibilità.
1. Ripristino dei mulini (Fig.11) della RNO Saline di Trapani e Paceco, per poter creare dei punti di avvistamento per
l’avifauna, mostre permanenti della storia delle saline e del sale, mostre sulle attività artigianali della Citta’ di Trapani.
Fig.11 ph© Foto di Benedetto Galifi
2. Creare dei nuovi itinerari, ripristinare sentieri e creare nuovi sentieri per visitare la RNO Saline di Trapani e Paceco, come ad esempio:
* Ripristinare sentiero pedonale
* Realizzare sentiero ciclabile
* Recuperare e ripristinare navigabilità canali
* Realizzare sentiero per diversamente abili
* Riqualificare la linea ferrata come sentiero
3. Riqualificare l’Area Ronciglio ripristinandone la destinazione d’uso mediante dei piccoli accorgimenti:
* Valorizzare il CEA – Centro di Educazione Ambientale (Fig.12)
* Installare dei pannelli informativi lungo i percorsi della RNO Saline di Trapani e Paceco
* Sostituzione del manto stradale attualmente in asfalto con terra battuta (Fig.13)
* Sostituzione dei pali della luce (in vetroresina, in legno) interrando tutti i cavi (Fig.14– Fig.15)
* Sostituzione del cancello in ferro che ci immette nella RNO Saline di Trapani e Paceco che troviamo all’interno dell’Ospizio Marino con uno in legno (Fig.16)
* Sostituzione della recinzione con pali in cemento e rete mettalica che troviamo prima di entrare all’Ospizio Marino con dei pali in legno e rete mettalica (Fig.17)
* Realizzare una staccionata che delimiti il percorso della RNO Saline di Trapani e Paceco dell’Area Ronciglio
* Introdurre delle panchine all’interno dell’Area Ronciglio lungo il percorso
* Sistemare l’area parcheggio (Fig.18)
* Realizzare un’aiuola delle essenze.
Fig. 12 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 13 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 14 ph© Foto di Sabrina Cavasino
Fig. 15 ph© Foto di Loredana Ferlito
Fig. 16 ph© Foto di Benedetto Galifi
Fig. 17 ph© Foto di Loredana Ferlito
Fig. 18 ph© Foto di Loredana Ferlito
* RENDIAMOLA PIU’ BELLA
Cominciando il nostro percorso che inizia dal CEA “Centro di Educazione Ambientale”, abbiamo notato che l’impatto visivo a
cui si assiste non si addice ad una Riserva: la presenza dell’asfalto; continuando l’occhio si è fermato agli elementi
illuminanti costituiti da pali in legno, pali della luce in vetroresina, tratti di recinzione inesistenti e parte in rete metallica.
Giunti al cancello d’ingresso dell’”Ospizio Marino” - Residence Marino "Centro Servizi alla Persona" abbiamo percorso
questo tratto che ci consente di raggiungere l’area della Riserva dove ci siamo impattati immediatamente con un cancello fatiscente in metallo.
Varcato questo cancello inizia il nostro percorso esplorativo, fra le presenze di elementi portati dal mare, occhieggiano
essenze dalle specie endemiche delle zone umide.
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