Rozze mani a battere la selce, a scalfirla con la giusta potenza e nel
punto esatto per dare forma a punte sottili di frecce, a figurine di
grasse veneri per riti propiziatori di fecondità.
Pensieri e sogni che si trasformano in materia.
L’inutile, il superfluo che dà origine alla bellezza.
Il bisogno fisiologico di spiritualità che si trasforma in creatività, a
simulare l’atto divino per eccellenza.
Il bisogno profondo di comunicare che diventa sublime nell’arte.
Arte carica di tensione, di dolcezza, di umana mortalità che tenta
disperatamente di fermare il tempo, racchiuso in masse di pietra
informe che, lavate, accarezzate, squadrate, plasmate, colpite,
scheggiate, rivelano una propria anima sensibile agli sguardi.
Intere montagne di roccia, coperte da muschi e licheni, tagliate,
squarciate da lame potenti, a cavarne i marmi e le pietre pregiate.
Mani callose di grandi scultori e di mastri anonimi hanno creato da
tempo remoto lastre, “balate”, balaustre, colonne e capitelli, gattoni
e cantoniere, archi e basamenti, cornicioni, fregi e rilievi, statue e
tarsie, templi e teatri. Caverne, povere case, sontuosi palazzi, castelli
e fortezze, intere città stratificate, dove tutti hanno voluto lasciare
un segno di pietra duraturo, riconoscibile, distinguibile dagli altri.
Intere città costruite sopra le cave di pietra, di cui sono fatte.
Ecco, la città prende forma, colore espressione, dalla pietra.
Qual è la vera forma del pane?
Qual è la giusta forma e dimensione del cantone?
Chi ha dato la forma alla rosa?
Qual è la vera forma della bellezza di Afrodite?
L’uomo è intento a riconoscere nelle forme che il vento dà alle nuvole
un elefante, un vascello, un airone…
L’onda del mare diventa l’orologio; il ritmo il moto universale; la voluta
eterna il nautilus, che tutto comprende.
Che forma ha la terra? È un disco, un doppio imbuto o una sfera pesante
che gira leggera nel nulla dentro un vortice eterno?
Le forme evocano altre forme, richiamano un comune sentire, un linguaggio
di segni frammisto alla luce, alle ombre, ai colori, ai profumi, agli
odori, al suono vitale e silenzioso di un’arpa impossibile da sfiorare.
Un’ orgia affascinante di lance, bandiere, di cavalli e di sangue, dove
la presenza ingombrante degli uomini assenti di umanità, misurano
la loro potenza, la loro abilità nel mestiere delle armi che li rende tutti
ubriachi, nel gioco del male, della morte e della distruzione.
Lo sguardo in torsione della testa del cavallo racconta un grido di
dolore più umano dei cavalieri, dei soldati, che hanno perso il loro
sguardo dietro corazze ed elmi impossibili da violare.
Un’ incubo assurdo, un grido muto, una mano che implora pietà,
il vortice dell’umana perdizione impossibile da fermare.
Un uovo sospeso che racchiude la speranza, nell’attesa di una nuova
umanità che non ha bisogno di implorare e di capire, sospesa nell’eterno
divenire.
Sono grato a Liberio che mi ha dato l’occasione, di scrivere questi
frammenti di pensieri, ancora più grato per avermi parlato attraverso
le sue forme opere creazioni, le sue sculture, di un sentire
comune, remoto, ma presente e vitale, che non può che toccare le
corde più profonde e sensibili di ogni animo umano.
Arch. Lorenzo Raspanti
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