Vento che porti tepor di primavera,
dolce respiro del mare e della terra,
piume volanti svegliati dall’aurora
su braccia tese vestite di speranza
con fili d’oro tessono quei nidi
e tutto il dì cantando fanno spola.
Preziosi tappeti dai mille colori
grande spettacolo agli occhi del cuore
tra fiori, canti e contadin che cura,
s’apre festival della natura.
Ridono gioiose le isole e montagne
e come gigantesche tartarughe
segnano il lento passo del tempo.
La madre terra ed il padre mare
implorano il grande Dio sole
che in futuro non ci sia mai fame,
che lo scienziato la smetta d’oltrafare:
e presto distruggere quelle navicelle
che in aria lasciano smog micidiale.
Voglio estasiarmi guardando il firmamento
con quelle stelle accese, come un tempo
chiudere gli occhi e così sognare
che tutto il mondo sia da baciare.
|