Su di un cavallo più nero della notte
m’incamminai verso il Paradiso,
ed attaccata all sua criniera
al vento sventolavano le chiome.
La terra, tutta già vestita a festa;
sul fondo spicca il rosso dei papaveri,
qua e là bouchet di tanti fior vermigli
per profumar l’altare del Signore.
Le montagne, que templi innalzati,
grandi sculture inerti e silenziose,
quando dal separé libero è il sole
come magia cambiano colore.
Dentro le tane pennuti canterini
che al primo raggio creano armonia,
piccoli equilibristi a piedi nudi
su rami e gemme saltellano felici
beccando quel che resta di semini.
Ed in preghiera, rivolti al tramonto
dànno l’eterno addio al giorno.
Il cielo stende intanto la trapunta,
la luna è già pronta per contare,
se manca la gran lucciola a ponente,
e quante volte bacia la riva del mare.
Ed io ferma lì, quasi incantata,
aspetto in silenzio quel ritorno
di aerea piuma bianca e nera
qual dolce canto della Primavera.
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