Ad attinger l’acqua un giorno andai
nel pozzo grande dell’uccello Pio,
col catino in mano mi affacciai
e specchiandomi vidi il grande Dio.
V’entrai senza ferire quella santiera
del fiume del pensiero, s’aprì la foce,
suoni, emozioni, luce di primavera,
silenzi sconfinati e tanta pace.
Ricce creature erano stese al sole
su di un immenso verde prato
odore di pulito, profumo di viole,
niente zizzanie: candido creato.
Alberi che si stringean le mani,
nidi di nuvole, e tanti tanti frutti
somiglianti a personaggi strani:
grandi geni, conosciuti tutti.
Fontane che sgorgando si parlavano
scorrendo su gebbie verde muschio,
piccoli pennuti cantando svolazzavano,
beccavan qua e là qualche mollusco.
Un grande Angelo, con gigantesche ali,
con elmo, corazza e spada d’oro,
pronto era a pesare, fuor dai mali,
non droga ma corone d’alloro.
Chiesi di mia madre e mi rispose:
È li ch’attende alle sue cure:
segue con l’alma un giglio e tre rose,
mai si stanca di farlo con amore;
l’ho sentita parlare a tu per tu
con uomo avvolto da mantello:
“Fa’ che regni amor caro Gesù”,
sol così il mondo sarà più bello”.
Tutto a un tratto rotto fu l’incanto,
sentivo già i botti della guerra,
quel catino divenne pien di pianto
per spegnere quel fuoco della terra... .
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