Anche la Chiesa, con l'abolizione della feudalità, non riuscì a sostituire, come classe dirigente, il predominio del principe, a
causa della sua scarsa struttura ecclesiastica e patrimoniale, limitata a pochi beni immobili, donati nel tempo dai fedeli.
L'ascesa e l'articolazione dei ceti borghesi a Paceco fu lenta, così come furono limitati anche gli orizzonti politici, durante il
periodo borbonico, nella lotta tra conservatori realisti e risorgimentali, chiusa nel giro di pochissime famiglie "civili", che
si contendevano il potere amministrativo del paese, come ad esempio i De Luca, i Majali, i Russo, i La Grutta, i Marrone, i Fontana e pochi
altri personaggi singoli che faranno la storia preuni taria (8).
Tuttavia il fenomeno politico e sociale più particolare ed incisivo della storia di Paceco deve essere ricondotto necessariamente a una
grande borghesia agraria di estrazione trapanese, che riuscì a dominare, soprattutto dopo l'Unità d'Italia, la vita pubblica
comunale. Diverse famiglie trapanesi riuscirono, anche con l'acquisizione dei beni dell'asse ecclesiastico, ad impadronirsi di
terre nell'agro pacecoto, costituendo un nucleo di latifondismo agrario parassitario.
Tav. 5 Panorama di Paceco e dell'antica Piazza Matrice in una foto-cartolina dei primi anni '20 (Ed. G. Patricolo - TP)
(8) Barbata, A. - Paceco nel Risorgimento 1820-1860, Paceco, 1963 - ms.
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