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Chiesa Madre Buseto Palizzolo

Chiesa Madre Buseto Palizzolo

LA CHIESA MADRE DI BUSETO PALIZZOLO

articolo inviato da Matteo Vasco


Il territorio che prende il nome dal toponimo “Busith”[1] riferito ad un antichissimo casale arabo e dal toponimo “Palizzolo”[2] dalla nobilissima famiglia ericina, conobbe alla fine del XVIII secolo e maggiormente verso la metà del secolo successivo, un interessante incremento demografico fino a divenire una piccola comunità sempre più autonoma che approderà ad una totale autonomia amministrativa nel 1950.
Nel 1695 in questa amena e remota contrada dell’antico Comune di Monte San Giuliano che ancora oggi viene indicata con il toponimo “Palizzolo”, Nicolò Gervasi, un benestante massaro, fondò una cappella campestre nella quale vi pose alla venerazione un’immagine di Gesù Crocifisso.
Dopo circa un secolo e mezzo, nel 1849, il giovane sacerdote Don Giuseppe Poma alias “quasarello” appartenente ad una tra le più antiche famiglie stanziate a Palizzolo, per le ormai pessime condizioni della chiesa, con il concorso dei fedeli dava inizio alla prima ricostruzione, portando la sacra immagine del Crocifisso in una cappelletta in prossimità del Baglio di Colli distante un paio di chilometri da Palizzolo.
L’anno successivo, finiti i lavori, la comunità riportò in processione nella nuova e ampliata chiesa l’antico Crocifisso che fu collocato in uno dei due nuovi altari laterali, riservando l’altare maggiore alla veneratissima icona della Madonna di Custonaci[3], Patrona di Monte San Giuliano, inevitabilmente si potrebbe dire per la fervente e particolare devozione della popolazione che proveniva dal Monte.
Dopo appena ventotto anni dalla prima ricostruzione ovvero dal 1878, un altro sacerdote, il Canonico Biagio Maranzano appartenente anch’egli ad una tra le più antiche famiglie stanziate a Palizzolo, avviava nuovi lavori di ampliamento e migliorie diffuse in tutta la Chiesa divenuta insufficiente per la crescente popolazione.
Nel contesto della riedificazione della chiesa si amplia la cripta sottostante necessaria per la sepoltura dei defunti ed utilizzata fino al 1887.
I lavori di ricostruzione sostenuti da tutta la comunità dei fedeli hanno avuto però notevole spinta economica da parte delle famiglie Fontana e Bonura, famiglie in origine molto modeste che in pochi anni riuscirono ad acquistare dagli antichi e nobili proprietari[4] vastissime aree agricole fino a divenire tra le più benestanti dell’agro ericino.
La chiesa in stile neoclassico, in quello stile cioè che si orientava all’età classica di Greci e Romani, riprendendone ideali ed elementi decorativi, è a pianta rettangolare absidata ad unica navata.
A prima vista appare molto semplice ma basta soffermarsi pochi minuti per coglierne i vari particolari architettonici e decorativi.
Nuove norme liturgiche hanno determinato negli anni settanta del secolo scorso ingiustificati cambiamenti e mutilazioni: rimossa la balaustra in Perlato di Sicilia e Libeccio ora in parte utilizzata presso la Fonte Battesimale, rimosso il Pulpito in legno per dare spazio all’organo, rimosse le lapidi sepolcrali dal pavimento ora murate presso la Sacrestia, rimossi e completamente distrutti due altari laterali in legno per dare spazio uno alla Pietà, l’altro al Confessionale e alla Macchinetta con il quadro della Madonna di Custonaci, rifatto completamente l’Altare Maggiore, tinteggiate le pareti con varie tinte, aggiunto l’altare in marmo con quattro angeli oranti, e per finire nel 1990 una tinteggiatura delle pareti in giallo con particolari bronzati.
La chiesa oggi si presenta nel colore più appropriato al suo stile, il bianco, che ha ridato all’architettura luminosità e senso di maggiore spazio, restituendo alle opere, sia marmoree che lignee che pittoriche in essa collocate, un ottimale contrasto o resa cromatica.
Sull’altare Maggiore è posta la pregevole statua in legno di cipresso della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, opera del 1893 dello scultore palermitano Rosario Bagnasco recentemente restaurata e incoronata con corone d’argento. La Madonna del Carmelo è la Patrona di Buseto Palizzolo e la sua festa ricorre il 16 luglio.
Bella la Via Crucis di fine ottocento dipinta su tavolette, ma non ha più le originali cornici dorate a mecca perché trafugate.
Li dove un tempo vi era il pulpito ora vi è un Crocifisso in cartapesta, fissato su quella che con molta probabilità fu la croce del Crocifisso posto alla venerazione nella cappelletta campestre alla fine del 1600.
La Macchinetta con il quadro della Madonna di Custonaci della metà dell’ottocento, opera di pittore anonimo ericino o trapanese è posta su una mensola sulla parete dove vi era uno dei due altari in legno.
La Madonna di Custonaci, è rivestita con corone del 1857 e da altri oggetti d’argento. In un libretto manoscritto della metà dell’ottocento sono annotate le offerte in oro argento pietre e corallo che venivano appese a questo quadro della Madonna come ex voto.
Nello spazio in cui un tempo vi era un altare è posta alla venerazione una espressiva Pietà in legno policromo posta su basamento in finto marmo.
Pregevoli sono i monumenti funebri in marmo di Carrara di Giuseppe Fontana[5] e Caterina Bonura e di tre dei loro sette figli opere dell’insigne scultore Leonardo Croce.[6]
La statua ottocentesca di San Giuseppe con il Bambino Gesù è opera in legno tela e colla, tipica tecnica utilizzata per produrre statue da processione, fiorita a Trapani inizialmente per realizzare statuine da presepe.
Esternamente fa da cornice al portone di ingresso un portale in tufo con lesene, trabeazione e timpano. Il campanile a vela con tre campane è sul lato sinistro della facciata.
Al centro del sagrato una botola ora coperta da una pavimentazione in marmo, permetteva l’ingresso nella cripta sepolcrale che si estende per tutta la lunghezza della Chiesa fin sotto l’Altare Maggiore.
La Chiesa conserva qualche antico paramento, un reliquiario con quattro reliquie e vasi sacri in argento, alcuni di pregevole fattura.
Particolare è un baldacchino in seta con ricami in argento, un tempo utilizzato nella processione del Corpus Domini.

Note:
[1] Il Casale Busith appare menzionato la prima volta con altri casali arabi nel Privilegium di Federico II di Svevia del 1241. Secondo G. Caracausi il toponimo deriva da Bu’s-sid “Il Casale del padre di Sayyd”.
[2] Di questa famiglia si ricorda Giovanna Palizzolo, madre del santo carmelitano Alberto degli Abbate.
[3] Il quadro, dono di Biagio Maranzano è già annotato in una “giuliana” del 1853 e dello stesso anno è la macchinetta processionale in cui è inserito, donata da Pietro Bonura fu Isidoro.
[4] Tra le nobili famiglie si ricordano i Monroy Principi di Pandolfina.
[5] Uno dei sette figli di Giuseppe Fontana fu Stefano, Sindaco di Monte San Giuliano dal 1886 per nomina regia e fino al 1914 col favore popolare.
[6] Dello scultore Leonardo Croce è il monumento a Giuseppe Garibaldi nella Piazza omonima in Trapani.

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