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L’alba del Tritone – speciale di Pino Ingardia sul quadro di Giovanni Bevilacqua – Dal disegno alla firma nel percorso fotografico fatto con l’artista



L’ALBA DEL TRITONE
(speciale di Giuseppe Ingardia)

E’ chiaramente un omaggio alla nostra Provincia (partendo comunque da quello rivolto da un artista vivente al compianto artista ‘superiore’ e maestro Domenico Li Muli) l’ultima ‘creatura’ del pittore-scultore Giovanni Bevilacqua. Parliamo de “L’Alba del Tritone”, una pittura olio su tela 1,10 x 80 terminata da qualche giorno.



Un piccolo capolavoro grazie al quale cercheremo di far vedere passo dopo passo, come lo stesso nasce, cresce e diventa frutto del grande amore del nostro amico-artista per l’arte pittorica. Un Tritone che qui’ rompe i confini di costrizione della vasca, per librarsi libero energicamente, volando e planando quasi su di un mare azzurro e limpido che fa’ da culla. Ne vien fuori una città marinara capoluogo spartitraffico tra due mari: il Tirreno ed il Mediterraneo. Un inno alla grande operosità della nostra Provincia, ad un auspicato crescente recupero dei suoi valori storici, artistici, ambientali ed economici. Emblematici simboli quindi in particolare evidenza. Come l’anello che lega i pescatori al mare; la rete e l’imbarcazione che sembrano voler ‘catturare’ in un abbraccio comunque amorevole, le nostre meraviglie delle meraviglie… Saline, mulini a vento e tonnare testimoni sacri che resistono al tempo, malgrado qualche tribolazione insita nella natura e nell’economia di qualsiasi risorsa. Un Tritone dunque epicentro strategico, nucleo fondante intorno al quale possiamo scoprire il meglio della rappresentazione pittorica: è giusto ostentare questa convinzione, poiché infatti occorre davvero una lente d’ingrandimento se vogliamo entrare nel vivo di particolari, non visibili ad occhio nudo. Provare per credere, senza alcun rischio di restare delusi. Passo dopo passo -dicevamo- possiamo dunque scorrere per fotogrammi quasi, il prender corpo del lavoro di Bevilacqua. Dall’abbozzo iniziale, quindi al bozzetto-base definitivo, sul quale poi l’artista -dopo la valenza mostrata a far lo ‘schizzo’- comincerà a porre le prime pennellate di colore. Colori privilegiati da Bevilacqua in quest’opera: giallo, rosso e azzurro, nei quali si identifica e che gli consentono di continuare a comporre all’infinito altri colori. Saremo allora guidati dal suo abile pennello al prender corpo della Città falcata, Torre Ligny nel confluire del mar Tirreno e del Mediterraneo, le Saline, le Isole Egadi, le tonnare di Favignana e Bonagia, Pizzo Cofano con baia e suggestivo scenario che coinvolge quindi Erice ed il suo Castello , dal quale sorge imperiosa Venere (anzichè “dal greco mar da cui Venere nacque …a far quell’isole feconde”). Per giungere financo a Capo San Vito e la sua Baia a livelli turistici mondiali. Alla fine mancherà solo un tocco ‘alato’, ovverosia le decise elucubrazioni dei gabbiani in volo. Simbolo innegabile per una Città di mare. Perché mai? “Non potevo aggiungere questo elemento -dice Bevilacqua- perche’ il gabbiano decisamente ‘pensa’ diversamente dall’uomo!” Il tutto viene comunque con profondo rispetto, posto dal Bevilacqua su di una piattaforma muraria, basole e massi, tipici dei porti di mare: a sintetizzare geograficamente la Sicilia Occidentale.


Nella quale -tra un nodo e l’altro- sembra quasi che il pescatore tiri le fila di una rete a ‘mo di imbarcazione, location espositiva dei ‘capolavori’ di casa nostra. Poi è la fine dell’opera e quindi viene l’ultimo atto: l’imprimatur con la firma a ‘fuoco’ da parte dell’autore Bevilacqua. Dopo tante fatiche indubbiamente un bel bicchiere d’acqua dolce e pura ci vuole. Perchè se Bevi…l’acqua e la sua arte, sicuramente starai meglio con tè stesso e il mondo intero!
A CONTATTO CON L’AUTORE: Giovanni Bevilacqua negli anni giovanili ha frequentato, a Trapani, il Cenacolo degli artisti presso la Scuola di Belle Arti, conoscendo in tal modo il grande maestro Domenico Li Muli (autore della Fontana del Tritone). Conobbe pero’ ancor meglio Li Muli, in contrandolo spesso sul treno, sulla linea Trapani-Castelvetrano. Bevilacqua infatti allora lavorava in ferrovia, presso la Stazione Ferroviaria di Castelvetrano, mentre Li Muli insegnava a Marsala e Mazara. “Molto istruttive -confida Bevilacqua- le lunghe chiacchierate viaggianti con Lui, per me che ero alle prime armi nel campo sia della pittura che della scultura. E cosi’ l’ho invitato a casa mia -allora in Via Perna Abbate- e Li Muli fu’ lieto di accontentarmi. Successivamente torno’ da me e spesso non voleva andarsene facilmente: tanto riusciva a coinvolgersi e coinvolgere anche me’!” Quale insegnamento per Lei da questi incontri tra un artista ormai grandissimo ed uno ancora in erba?
“Il maestro Li Muli -chiarisce Bevilacqua- rimase particolarmente attratto dalla scultura di uno scugnizzo che avevo realizzato senza ‘calco’. Il calco è una sorta di busto sul quale poi si ‘cola ‘ creta, bronzo, rame o altro. Mi disse deciso: quando farai una mostra delle tue sculture, presenta opere fatte senza calco, nelle quali si vede la vera arte ed abilità a contatto con la materia ‘selvaggia’.” Bevilacqua ne raccolse l’invito, anche se soltanto nel 2006, in effetti, comincio’ a lavorare anche su ‘calco’.



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