Dalla prima pagina dell’opuscolo: Eccellenze, giovani delle nuove leve civili e militari, concittadini. – Pregai che fossi lasciato ai miei lunghi silenzi, carichi di tempo e di ricordi. – Perchè si vuole che un vecchio nonno d’Italia, alla urgente vigilia di raggiungere gli eterni silenzi, parli quì, da queste pietre e da questi bronzi sacri ad alte memorie, cinquant’anni dopo, di Vittorio Veneto? – Riconosco che da questa celebrazione possano dirsi parole vitali e anche eterne. E accetto il colloquio con voi, umilmente. Non per lodare nostre azioni e sacrifici. I superstiti — ahimè, tanto pochi ormai! — amano appartenere a quel principio, che mano inesperta e indotta, ma superba e sublime, disegnava più che scriveva su la parete infranta d’una casa rustica del Piave: « No voglamo ngomi ». Non cerchiamo encomi. – Ma c’è qualcosa in questa celebrazione cinquantenaria che fa giusto e opportuno il mio discorso di vecchio combattente dell’Isonzo, degli Altipiani, del Piave. – Ci sono parole che sono azioni. E voglio riconoscere nel mio dialogo con voi, concittadini, un altro ed estremo servizio civile reso da me al Paese. Ringrazio l’emerito bibliotecario Alberto Barbata per avermi prestato questo opuscolo che, naturalmente, invito a leggere. Clicca quì per legggerlo.
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