Alle applicazioni tematiche del pittore trapanese Salvatore Mule abbiamo, negli ultimi due anni, tre brevi appunti critici per i lettori di “trapaninostra”. Nel primo caso prendevamo in considerazione alcune tele di soggetto fantastico o simbolico, espressioni, in ogni caso, di sue personali visioni psichiche e visuali estetiche.
Ricordiamo soprattutto una brulicante “Fantasia di stelle” (oggi al Museo diocesano di Arte contemporanea) ed uno schematico quanto intricante piccolo disegno a china, una linea retta verticale che si infigge in un’altra sottostante a corda d’arco, simbolo, a suo dire (e sotto il titolo de “L’Obelisco”) dell’unione tra uomo e donna.
Abbiamo mostrato, poi, in una seconda nota, alcune vivaci e luminose tele naturalistiche, con “Vedute e paesaggi delle coste trapanesi” (quasi toccante per la purezza degli azzurri e dei verdi nella “Case antiche a Marettimo”). E ci siamo soffermati, infine (nello scorso luglio) su alcune piccole tele ispirate soprattutto al quotidiano domestico.
Ci siamo accorti, però, sfogliando i suoi album, di avere sottovalutato e, quindi, omesso di parlare, di ameno tre tele di medie dimensioni (oggi in collezioni private) in momenti diversi dedicate da Salvatore al tema del “Lavoro umano”, incarnato da soggetti ed ambienti diversi: un “Venditore di ricci”, un “Pastore che prepara la ricotta”, alcuni “Pescatori che riammagliano le reti”, cui il pittore guarda con evidente simpatia. Da ciò nasce, può darsi per sicuro, la realistica vivezza di sintesi tra forma e contenuto che scaturisce dalle tele anche se qui ci soffermeremo soprattutto sulla prima, specialmente sotto l’aspetto cromatico.
Indubbiamente più rilevante, in tal senso, appare la netta definizione disegnativa e cromatica – nella consueta preminenza degli azzurri e dei blu – della virile figura del pescatore in piedi che offre il suo gustoso frutto con la definizione non meno netta degli altri elementi che compongono la scena: il cesto marrone con i ricci, la vasca azzurra per gli scarti, il muretto assolato, lo sfondo arancione di un tramonto trapanese.
Da composizione e colori affini a quelli del “rizzaiolo” – anche se di alquanto più debole forza rappresentativa – sono caratterizzati figura ed ambiente del “Pastore che prepara la ricotta” in un capanno semibuio ai margini del recinto del suo gregge. Il dipinto, infine, con “I pescatori che riammagliano le reti” privilegia non tanto “la figura” quanto “l’ambiente”, con le prime che appaiono quasi secondarie rispetto ai campi lunghi della distesa banchina su cui si stendono le reti rossastre ed imbrogliate; o, soprattutto, dell’antistante tratto di mare in cui si rispecchia l’azzurro del cielo e a cui danno risalto le due, peraltro leggere, masse architettoniche che appaiono sul fondo, quella della Colombaia a sinistra e le ultime case della città a destra.
Nel periodo, purtroppo ormai remoto, delle sue gradite e gradevoli applicazioni pittoriche, Salvatore ha dato anche valide prove tecniche in qualità di copista… di bellissime “Vedute del mondo”, attinte da vistose stampe turistiche. Ma è evidente che noi apprezziamo assai più il pittore-inventore che il copista. Ne riparleremo, comunque, in altra occasione, specie se faremo davvero un “Riepilogo pittorico di Salvatore Mulè” che già mentalmente coltiviamo.
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