Quindici anni fa moriva Mons. Domenico Amoroso – Figura di pastore povero e umile TP 14/08/2012
Il 18 agosto di quindici anni fa moriva Mons. Domenico Amoroso, dodicesimo vescovo della Chiesa diocesana di Trapani, immolatosi per la Comunità che lo Spirito, per il tramite di Giovanni Paolo II, gli aveva affidato. Stremato da un male che lo aveva attaccato al sistema osseo, morì all’età di sessantanove anni.
Sull’esempio del buon pastore (quest’icona lo accompagnò fino alla fine), andò alla ricerca della pecorella smarrita (chiunque era nel bisogno, a qualunque livello appartenesse e condizione sociale, fu per lui padre amorevole e provvido) e, come un buon samaritano, si prese cura di essa, se la mise sulle spalle per condurla in una locanda e affidarla al gestore.
Era nato a Messina nel 1927, ove compì gli studi fino a quelli di teologia e di storia ecclesiastica in particolare e, poi, in sacramentaria e liturgia. Entrato nel 1944 tra i Salesiani, figli di San Giovanni Bosco, fu ordinato sacerdote nel 1954 e vescovo di Utìna nel 1981, prestando il suo ministero a Messina come presbitero, docente e, in seguito, come vescovo ausiliare di Mons. Ignazio Cannavò, prima di essere trasferito nella sede vescovile di Trapani l’8 settembre 1988.
Si prese cura, da subito, della diocesi, offrendo una chiara eredità d’insegnamenti culturali, spirituali e pastorali (le molteplici lettere pastorali sono un patrimonio di questa chiesa locale alla portata di tutti). L’anima della sua azione episcopale fu la carità che doveva animare tutti gli strati della vita cristiana, al fine da divenire, ogni credente, sacerdote, re e profeta, sollecitando a scoprire ognuno la sua vera identità cristiana.
Memore dell’insegnamento di Cristo “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”, si premurò, come Gesù, di accogliere chi era “piccolo” nell’anima e nel corpo, di salvare ciò che era perduto, ascoltando e dialogando con tutti, soprattutto con gli “ultimi” (carcerati, immigrati, ammalati mentali, bambini in difficoltà… senza averne nulla in ricambio), anche con chi per la sua avversione era distante da Dio e dalla chiesa. E ne fu ripagato dai fedeli e dai “lontani” da essere ricordato, anche nel tempo, per le sue opere e per la sua figura di pastore povero e umile.
La Chiesa di Trapani è e sarà a lui riconoscente, nonostante i tentativi per denigrarlo e dimenticarlo, annoverandolo tra i presuli più illuminati avuti in centosessanta anni di storia diocesana.
SALVATORE AGUECI
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