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La festa in onore a San Vito

San Vito martire

All’interno le foto del Corteo dei Carri dello sbarco e della Processione. Si Ringraziano il Signor La Sala e i fratelli Parrinello per la loro disponibilità.

Il Santuario di San Vito Lo Capo

Su San Vito si hanno pochissime notizie attestate da fonti storiche. Tuttavia a partire dal VII secolo fiorisce una letteratura leggendaria sulla vita del Santo che cerca di colmarne la lacuna. Vito Carvini, colto arciprete di Erice di fine Seicento, dissertando nella sua opera del Santo e delle opinioni dei vari storici, arriva infine a sole due sicure conclusioni: Mazara è la patria di Vito e il Santuario del Capo è l’unico luogo certo della memoria del Santo.
…da ceste complicate questioni si ricava sicuramente, e come sicura conseguenza delle sue premesse che il Santo fu in Sicilia, in altri luoghi fuori di Mazara sua Patria, il che da tutti gli Scrittori senza contraddizione si confessa. Or di tali luoghi due se ne contano, e non di più, cioè il fiume della distrutta Selinunte, ed il nostro Capo Egitarso, si che in queste due parti solamente s’accerta essere stato Vito l’eroe,…, in virtù della sola abitatione, e dimora, che fece Vito nel nostro Egitarso, ben ci diè motivo di fondare a sua eterna memoria il Sacro Tempio…

Il Santo, fuggito da Mazara, giunge per mare – accompagnato dall’educatore Modesto e dalla nutrice Crescenza – nella penisola del Capo Egitarso. Qui, in queste terre inospitali all’uomo riceve il conforto della fede. Abita le caverne della zona donandosi alla preghiera ed è nutrito, come i Padri del deserto, da un corvo. Il suo soggiorno al Capo è però notato dagli abitanti della città vicina, Conturrana.
Vito cerca di annunciare la fede agli idolatri, ma il loro cuore è duro e ostinato. Allora il Signore gli comanda di ritirarsi dalla città che sarà punita perché non ha accolto la sua predicazione. Dal monte che sovrasta la città si distacca così un’enorme massa di rocce e detriti, che seppellisce la città ma si ferma ai piedi dei Santi che stanno per allontanarsi e che restano miracolosamente incolumi. l’edicola cosiddetta di Santa Crescenza tramanda tale prodigio. La città viene completamente distrutta e la sua area fino ai nostri giorni sarà chiamata “Valanga”.
l’episodio narrato ricalca le vicende di Lot e di sua moglie. Anche ai nostri santi compagni è vietato di girarsi per non assistere al castigo divino della città. Una versione 10 popolare vuole che il comando divino sia stato contraddetto da Crescenza, trasformata perciò, come la moglie di Lot, in una statua di sale. Essa non appartiene alla genuina storia di San Vito al capo Egitarso, è piuttosto modellata sul racconto bibl ico con il quale si fa confusione.
Dopo un altro periodo di preghiera, il Santo, con il precettore Modesto e la nutrice Crescenza, riprende il suo viaggio attraverso la Sicilia, sbarca alla foce del Sele e raggiunge Roma dove troverà il martirio.
Le fonti storiche della vita del Santuario ci parlano dei grandi pellegrinaggi soprattutto nel periodo della festa di Pentecoste e del Santo che cadono tra fine maggio e giugno.
Racconta il Carvini che nella Domenica di Pentecoste sono stati contati a volte anche più di duemila pellegrini, tanto che, non bastando più le camere del castello, tutto il piano attorno al Santuario si riempiva di tende.
Nel rituale del pellegrinaggio al Santuario i pellegrini che arrivavano con i carretti da paesi vicini e lontani, giunti alla cappella di Santa Crescenza, si gettavano alle spalle un sasso e si dirigevano, senza mai voltarsi, verso il santuario, per ricordare San Vito che, fedele al comando di Dio, resistette alle tentazioni di farlo. 1\ simbolo, catartico, aveva la forza di liberare dalle suggestioni del male ed esprimeva l’ingresso nel sacro e nel bene.
Messi al sicuro i cavalli nella “stalla del Santo”, i pellegrini si accampavano nella spianata del santuario sotto i carretti.
Durante il giorno si partecipava alle sacre funzioni e si facevano ‘leggere’ dal sacerdote (una orazione propiziatoria invocando la protezione del Santo), attingevano acqua ad un pozzo nel Santuario scavato dalle mani dello stesso Santo. Alla sera la piana del Santuario si accendeva di luci e si dava inizio ai canti e alle danze.
Ancor oggi i devoti del Santo, pellegrini al Santuario, compiono lo stesso arcaico rito, non scritto ma tramandato da una tradizione plurisecolare che testimonia attraverso la storia che in questo luogo San Vito ‘opera come in propria casa miracoli infiniti’.

Vita del Santo
tra storia e leggenda

Vito nacque a Mazara, antica città della Sicilia Occidentale, da Ila idolatra e di nobile stirpe e da Bianca, virtuosa Matrona cristiana, il 286 dopo Cristo.
Pochi giorni dopo la nascita di Vito moriva la madre. Iddio dispose gli eventi in modo che al tenero lattante venisse dato per nutrice una donna cristiana:
Crescenzia, donna nobile di nascita, povera di beni di fortuna, radicata nella fede cristiana e piena di virtù.
Di recente le erano morti il marito e il suo unico bambino ancora lattante. Prontamente accettò il compito di nutrice, sicura di fare la volontà di Dio, compenetrata dalla sublime missione di comunicare con il latte la fede cristiana al tenero bambino. Ancora in tenera età, Vito fu affidato a Modesto, valente maestro e di cristiani sentimenti.
Alla scuola della nutrice e del pio Modesto, Vito fece grandi progressi nella coscienza e nella pratica della vita cristiana. Venuto a conoscenza della fede di Vito, usò tutti mezzi per riportarlo all’idolatria, ma inutilmente. Reggeva, in quel tempo, le sorti dell’impero Diocleziano, il quale, con feroci editti, voleva fare annegare nel sangue il Cristianesimo.
Valeriano governava la Sicilia in qualità di preside e fu strumento degli imperiali furori.
Vito fu condotto davanti ai tribunali di Valeriano e fu accusato di essere cristiano. Il preside, prima con le buone maniere, poi con le minacce, cercava di fargli rinnegare la fede e di riportarlo al culto degli dei dell’impero. Ma, visto inutile ogni tentativo, stendendo il suo braccio destro, ordinò che venisse flagellato con le verghe. Si tramanda che, a seguito dell’ordine dato, il braccio di Valeriano sia stato fulmineamente colpito da paralisi e che abbia riacquistato movimento per l’intercessione di Vito.
Turbato da simili avvenimenti, Valeriano riconsegnò Vito al padre, desistendo così dalla persecuzione contro il Santo.
I tentativi di ricondurre il figlio alla fede pagana furono ripresi, anche se inutilmente, dal padre. La casa di Ila diventa per Vito luogo di tentazione e di pericolo per la sua fede.
Il giovane atleta di Cristo per nulla intimorito dalle subite torture, nel sonno, ispirato da un Angelo del Signore, fuggì dalla casa paterna con i suoi educatori.
Imbarcandosi di notte tempo su di una nave, ormeggiata al vicino lido, per divino favore, guidata dall’Angelo del Signore in veste di nocchiero, si rifugiò a Capo Egitarso (l’odierno Capo San Vito a San Vito Lo Capo) sperando di trovarvi la tranquillità. Dopo qualche tempo, riconosciuto, fu costretto a riprendere la peregrinazione.
Dal Capo Egitarso il Santo giovanetto, in compagnia dei suoi educatori, andò ramingo in diversi luoghi della Sicilia. A lui si attribuiscono vari miracoli. Celebre, fra tanti, quello operato nelle vicine contrade di Regalbuto ove, in nome di Gesù, risuscitò, dalla morte un fanciullo, sbranato e ucciso dai cani. Insieme con Modesto e Crescenzia, s’imbarcò e raggiunse il golfo di Salerno.
Suo unico intento era di far conoscere Gesù Cristo.
Nella Campania e nella Lucania, soprattutto presso il fiume Sele, il Santo giovanetto ammaestrava la gente idolatra alla verità della fede cristiana; molti si convertirono.
Intanto, il figlio di Diocleziano era tormentato maledettamente dal demonio che urlava: “Di qui non sgombro se Vito lucano non mi discaccia”.
Alcuni soldati, allora, per ordine dell’imperatore, andarono in cerca di Vito e, trovatolo presso il fiume Sele, lo condussero a Diocleziano.
Per intercessione di Vito, il figlio dell’imperatore fu liberato dalle vessazioni del demonio. Diocleziano, ingrato, prima con carezze e promesse, poi con minacce, pretendeva che Vito rinnegasse Gesù per adorare la falsa divinità.
Visto inutile ogni tentativo, lo fece rinchiudere in un oscura prigione; lo sottopose a varie torture. Tra i vari supplizi, cui sarebbe stato sottoposto il martire Vito insieme con Modesto e Crescenzia, vengono riferiti l’immersione in una caldaia di piombo fuso e l’esposizione davanti ad un cane idrofobo. Miracolosamente sarebbero sempre usciti illesi. Da ultimo sarebbero stati sottoposti alla terribile tortura della “catasta”. Con tale martirio Vito, Modesto e Crescenzia diedero l’estrema loro testimonianza. Era il15 Giugno del 299 (o del 304 d.C.).

Corteo e Carri
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Preparazione sbarco e Processione
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