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 BUSSOLA: Trapani Nostra - Libri - Salvatore Mugno

Tito Marrone - TEATRO - a cura di Salvatore Mugno





Tito Marrone

TEATRO

a cura di Salvatore MUGNO



Le vedove

Atto Unico

Personaggi


MELEAGRA

IL PRINCIPE

UNA SIGNORA

LA CAMERIERA


Un salottino molto elegante in casa di Meleagra. Fiori, ritratti e ninnoli sparsi qua e là sui mobilini di lusso. Pelli e tappeti orientali.Arazzi alle pareti. La luce penetra attraverso una grande invetriata, di là della quale s'intravedono rosai intrecciati. Meleagra è stesa su un canapè e fuma una sigaretta. Ai suoi piedi, sopra un cuscino di seta, il principe Dèbora.

IL PRINCIPE - È proprio così. Tu ti guasti. Perdi lo stile. Che cosa vuol dire tutta quest'allegria disordinata, alla quale ti abbandoni da un mese in qua?
MELEAGRA - Dèbora, tu mi secchi.
IL PRINCIPE - Questa è pazzia furiosa. (pausa) Ricapitoliamo la giornata di ieri. Canottaggio sotto il temporale. Tè da Mirka con galoppo in costume. Corsa notturna a Monte Mario con razzi. Cenone e cori da Linotte. Passeggiata romantica all'alba in frac e abiti scollati. Ho preso una bronchite, sai.
MELEAGRA - Ti concedo quindici giorni di tempo, per curarti.
IL PRINCIPE - Grazie, carina. Ho tollerato il bell'avvocatino perché era divertente. Ma il tuo cantante russo, no, sai: è indigeribile. E dopo i quindici giorni troverei senza dubbio qualche altro fiore cosmopolita.
MELEAGRA - Non ti nascondo che Riky mi fa la corte.
IL PRINCIPE - Bada, che è una spia internazionale.
MELEAGRA - (ridendo) Ma siccome tu non hai segreti, io non posso rovinarti. Ci avrei tanto gusto.
IL PRINCIPE - Ah! sì, eh?
MELEAGRA - (mettendogli un braccio intorno al collo) Tanto, amor mio! La vita è così monotona. Tutti, voialtri siete così sciocchi! Vi guardavo ieri da Mirka: non sapete nemmeno ballare. Ma che non ci abbia da essere una iniezioncina di qualche cosa…per farvi fare il ballo di San Vito. E poi giù, tutti morti! Ci sarebbe almeno da ridere. Dammi quel flacone.
IL PRINCIPE - Mel, non facciamo scherzi!
MELEAGRA - Hai paura? È acqua di Colonia, scemo! Non dubitare che quando vorrò avvelenarmi, te lo avvertirò prima.
IL PRINCIPE - (dandole la boccetta) Ecco.
MELEAGRA - (versandogli il contenuto tra i capelli e arruffandoglieli tutti) Rinfrescati!
IL PRINCIPE - (alzandosi, indispettito) Ma Mel… sei insoffribile!
MELEAGRA - È acqua di Colonia, ti dico: senti! (gli mette le mani sotto il naso)
IL PRINCIPE - Perché m'hai scapigliato, così?
MELEAGRA - Ma per farti arrabbiare, caro! Ecco la sola differenza che c'è tra te e Riky. Lui perde cento lire al giuoco, e strilla; ma se una donnina gli arruffa i capelli è felice. Tu, invece, perdi diecimila franchi, ridendo; ma guai a toccarti la bella scriminatura! Mi fate compassione tutt'e due! Va' va' allo specchio e riaccomodati la divisa: n'hai per poco sai!
IL PRINCIPE - (riaccomodandosi i capelli) Perché?
MELEAGRA - Li perdi, li perdi tutti. Consegnali a me; te li metterò da parte, e a suo tempo ti regalerò un bel parrucchino.
IL PRINCIPE - (con tristezza) Io dovrei fare un'altra vita.
MELEAGRA - Bravo, un'altra vita! Perché vieni qui? Perché vai da Mirka? Perché vai da Linotte? Perché bevi lo sciampagna? Perché passeggi all'alba col frac? Perché mangi gamberi?
IL PRINCIPE - Ma che potrei fare?
MELEAGRA - È vero: che altro potresti fare?
IL PRINCIPE - Ti capisco sai: vuoi dire che potrei uccidermi.
MELEAGRA - Ma nemmeno per sogno. Ucciderti! E allora la gente dovrebbe domandarsi: - Ma costui… giacché s'è ucciso… era vivo! - No, no… Farebbe troppa impressione.
IL PRINCIPE - Mel, io valgo quanto gli altri, sta' certa.
MELEAGRA - D'accordo. Quanto De Linis, quanto Sigismondo, quanto Riky. Appunto per questo, siccome tra te e Riky non c'è nessuna differenza, non ti deve importare d'incontrarlo qui.
IL PRINCIPE - Ah, deve venire!
MELEAGRA - (ridendo) Ma viene, mio caro, viene da due mesi. Soltanto, in ore diverse dalle tue. Ah, se avessi una kodak!
IL PRINCIPE - Che hai?
MELEAGRA - Che bella faccia hai fatto! Che bella faccia! Ah! Un'istantanea impagabile. Da mandarla a una Rivista, con questo titolo: -Il principe Dèbora sotto l'influenza del Riky.- La crederebbero una malattia nuova. Allora sì, saresti davvero interessante.
IL PRINCIPE - (seccato) Mel…
MELEAGRA - Meleagra, ti prego. In questo momento sono più Meleagra che mai.
IL PRINCIPE - Mel, se credi di volgere la cosa in gioco, t'inganni. Quel Riky non deve mettere più i piedi qua dentro.
MELEAGRA - (con ingenuità) Volentieri, volentieri. Se ti fa piacere… Ma allora… chi potrebbe sostituirlo? Sapresti suggerirmi…
IL PRINCIPE - (la fissa un momento, poi volgendole le spalle, per uscire) Addio.
MELEAGRA - (con voce stanca) Aspetta! Te ne vai anche tu? Ma allora devo sostituirne due! È così difficile in questi tempi… Abbi compassione dei miei nervi, Dèbora.
IL PRINCIPE - (tornando indietro, pronto a ridere) Che t'ha regalato, Riky?
MELEAGRA - Poca roba. La collana di perle che avevo iersera da Linotte e questo portasigarette d'oro bianco. (lo prende dal seno e glielo dà) Tieni: te lo regalo.
IL PRINCIPE - (prendendolo) Dammi anche la collana, che la porto a quella povera Mirka. Iersera, col collo nudo, pareva che morisse di freddo.
MELEAGRA - L'ha in custodia la mia cameriera. Appena torna, te la manderò.
IL PRINCIPE - Benissimo. Domani, il mio gioielliere ti porterà quel paio di orecchini di brillanti che hai ammirato nella vetrina. Vedi che mi ricordo.
MELEAGRA - Non tutto. Ho ammirato anche l'anello.
IL PRINCIPE - È inteso: anche l'anello. (pausa)
MELEAGRA - Com'è noioso discorrere d'affari!
IL PRINCIPE - Parliamo d'amore.
MELEAGRA - Vuoi un bacio?
IL PRINCIPE - Dammi un bacio. (si baciano su la punta delle labbra. Si staccano. Pausa)
MELEAGRA - Vedi che non ci riesce?
IL PRINCIPE - Che cosa?
MELEAGRA - L'amore. La colpa è tua: hai voluto sopprimere Riky! Adesso porti il lutto per la sua morte. Riky era necessario, amico mio. Ti teneva su.
IL PRINCIPE - No, no, Meleagra. Vedrai che anche senza di lui… (prendendole una mano e sforzandosi di eccitarsi) Quando penso che dura già da un anno… da un anno il nostro amore… Meleagra, te lo ricordi sempre quel veglione al Costanzi? Il tuo vestito tutto scintillante di minuscole lampadine elettriche variopinte… Di tanto in tanto, t'illuminavi tutta come… non so… come una dea della luce! Allora, io corsi… comprai tante rose… tutte le rose che c'erano lì, e te le gettai addosso… a ricoprirti… a soffocarti… (cambiando tono) Meleagra, non mi dài retta?
MELEAGRA - (che era assorta a guardare verso l'invetriata) Ti pare amico mio? Sentivo… sentivo… Le rose… le rose… Riflettevo anzi che quelle povere rose là, su la loggia, si sono ammalate… e che tu dovresti mandarmi il tuo giardiniere… Il mio è troppo scienziato… dice che si tratta di una malattia incurabile… ha pronunziato un nome buffo… àfidi, mi pare… Bisognerebbe concimare più spesso… poi ci vorrebbe il fumo di zolfo, o meglio il fumo di tabacco, o meglio ancora il succo di nicotina… Tu quale preferiresti?
IL PRINCIPE - Meleagra… io ti parlavo d'amore; tu parli di nicotina.
MELEAGRA - Davvero! È curiosa, amico mio. Eppure stavo attenta. Ricomincia ti prego.
IL PRINCIPE - Ma che Riky, che Riky! Sciocco io a esserne geloso! Uno solo ha fatto batter quel tuo cuore di pietra. Uno solo. L'avvocatino!
MELEAGRA - (violenta) Stupido! Che hai visto?
IL PRINCIPE - Lo ricevevi e non t'ha mai dato uno spillo!
MELEAGRA - Ricevo anche te, e che mi hai dato?
IL PRINCIPE - Io… io…
MELEAGRA - Avresti il cattivo gusto di presentarmi il conto? Sì, sì… m'hai dato qualche ninnolo… Ma credi forse che io sia la tua amante per questo?
IL PRINCIPE - Mi lusingo di no.
MELEAGRA - Lusingati, caro mio, lusingati. E poi, eccoli là i tuoi gioielli: in quello scrignetto. Se li vuoi, te li puoi riprendere. Ma bada che sono passati di moda.
IL PRINCIPE - Andiamo, Mel: non t'arrabbiare! Ti concedo che l'avvocatino tu non l'amassi! Ma allora… perché lo ricevevi? Non era bello… Non era ricco…
MELEAGRA - E poi ora è morto, non è vero? Dunque non se ne parla più, non se ne parla più, non se ne parla più. (pausa)
IL PRINCIPE - (mezzo scherzoso) Quando sarò morto io, ti dimenticherai anche di me. Non vorrai più sentirne parlare.
MELEAGRA - Ti sei scoperto qualche malattia?
IL PRINCIPE - No, no. Sono di ferro.
MELEAGRA - Non può essere: qualche malattia ce la devi avere. Nascosta per ora, ma cammina con te. Nasciamo tutti con la nostra malattia, e moriamo con essa.
IL PRINCIPE - Sei lugubre, Mel.
MELEAGRA - Ecco perché voglio divertirmi.
IL PRINCIPE - Sai che abbiamo pensato con Fioretta? Una partita di caccia a Tor di Luna, in costumi medioevali. E ci saranno anche i giullari e una mandolinata coi fiocchi. Canterà De Lisa, che ha una bella voce di tenore.
MELEAGRA - Poverino! Che se ne farà tra cinquant'anni della sua bella voce?
IL PRINCIPE - Ma tra cinquant'anni sarà morto.
MELEAGRA - Poverino… poverino…
IL PRINCIPE - E lo piangi fino da ora?
MELEAGRA - Eh! Visto che ha da morire…
IL PRINCIPE - Tu ti prendi gioco di me!
MELEAGRA - Affatto. È vero, sì o no, che se domani De Lisa morisse, io lo compiangerei? È vero, sì o no, che tra cinquant'anni, sessanta al più, sarà morto? E siccome allora io certo non ci sarò più, per piangerlo… lo piango adesso.
IL PRINCIPE - Davvero… mi metti i brividi.
MELEAGRA - Ma andiamo, via! Sei tu che cominci a tirar fuori i morti, e i morti si vendicano! Benissimo, dunque! Serenata medioevale, caccia medioevale, costumi medioevali, e noia contemporanea. Ah!
IL PRINCIPE - Hai ragione, sai. Non è questo che ci vuole per noi due. Preparati. Domani, si parte.
MELEAGRA - Si parte?
IL PRINCIPE - Si parte. Domani, in treno, e via. Noi due, soli. Luna di miele.
MELEAGRA - E dove si va?
IL PRINCIPE - Non lo so; vedremo poi. L'importante è la solitudine: noi due soli… Ci pensi, Meleagra?
MELEAGRA - Ci penso.
IL PRINCIPE - E che ne dici?
MELEAGRA - Me ne preoccupo.
IL PRINCIPE - Perché?
MELEAGRA - Ma sì, caro mio. Deve esser lungo questo viaggio?
IL PRINCIPE - Lungo… breve… non so. Finché avremo tanto da dirci!
MELEAGRA - Non ci moviamo dalla stazione, Dèbora.
IL PRINCIPE - Ecco… vedi… Il tuo scetticismo!
MELEAGRA - Ma no, pensa… Finché stiamo qui, bene o male, qualche cosa si dice. Le rose con la nicotina… La collana di Mirka… La tua gotta…
IL PRINCIPE - Io non ho la gotta.
MELEAGRA - Bene, quell'altra malattia di cui parlavi poco fa… Ma se ci mettiamo in treno! L'aria soffocante… le mosche che ci assediano… tu che sbadigli da una parte… io dall'altra che ho tutto il comodo di guardarti e di persuadermi sempre più che davvero non sei bello… Ecco la tua luna di miele…
IL PRINCIPE - Restiamo, restiamo, Mel…
MELEAGRA - Sì, è meglio. (pausa) Vai al circolo, stasera?
IL PRINCIPE - (fissandola) Ma… non so…
MELEAGRA - Vieni qui.
IL PRINCIPE - (baciandole la mano) Verrò.
MELEAGRA - Allora, ora…
IL PRINCIPE - Ora…
MELEAGRA - Potresti andartene… Sì, al circolo, per esempio. Così, avresti una scusa, dopo, per venire da me. Mentre, se resti qui…
IL PRINCIPE - Avrei una scusa per andare al circolo…
MELEAGRA - Hai capito perfettamente.
IL PRINCIPE - Ti so a memoria.
MELEAGRA - (con un riso secco) E allora perché non mi getti via? (si picchia discretamente all'uscio) Avanti! (Entra la cameriera e porge a Meleagra un biglietto da visita sopra un vassoio. Meleagra leggendo) Come? Qui!
IL PRINCIPE - Una visita? Io resto.
MELEAGRA - Resta. È una donna. (alla cameriera, che aspetta) Avanti. (la cameriera esce)
IL PRINCIPE - Una donna, davvero?
(appare, nel vano della porta, una signora pallida e sottile, tutta velata di nero)
MELEAGRA - (alla signora) S'accomodi. (la signora entra)
IL PRINCIPE - (a Meleagra) Allora… dopo il circolo… lo stesso?
MELEAGRA - Lo stesso.
(Il principe le bacia con galanteria la mano, s'inchina alla signora ed esce. Meleagra, appena il principe è andato via, accenna alla signora una poltrona)
LA SIGNORA - (restando in piedi) Non importa. Suppongo che voi mi conosciate. Io sono la vedova…
MELEAGRA - (con un filo di voce) Lo so.
LA SIGNORA - La vedova dell'avvocato Roberto Lenzi.
MELEAGRA - Lo so: sua moglie.
LA SIGNORA - (con forza, fissandola) Sua moglie!
MELEAGRA - (inchinandosi leggermente) Parli, signora.
LA SIGNORA - Dio Dio! Ho salito queste scale… sono in quella camera… parlo con voi… (si copre il viso con le mani. Meleagra tace, a capo chino. La signora, rialzando con energia il viso, che le lacrime hanno devastato) Trionfate, è vero, trionfate di vedermi qui?
MELEAGRA - Signora… io comprendo il suo dolore… ma la prego…
LA SIGNORA - (chiudendosi subito in se stessa) Il mio dolore non vi riguarda. Non sono venuta per questo. Io l'ho, una casa!
MELEAGRA - Lo so, lo so quello che vuol dirmi.
LA SIGNORA - Non lo sapete. Credete che io voglia parlarvi del passato, gettarvi in faccia gli insulti più sanguinanti… E avete già i vostri servi, a portata di voce, per farmi mettere alla porta.
MELEAGRA - Qualunque cosa lei voglia dire, signora, io non reagirò. Aspetto.
LA SIGNORA - Che cosa cela questo vostro atteggiamento? Sperate che io m'avvilisca davanti a me stessa, scendendo nel fango con voi?
MELEAGRA - Se lei potesse leggere dentro di me… vedrebbe solo la mia immensa tristezza.
LA SIGNORA - Sì, sì… la mia venuta può scotervi i nervi momentaneamente.Ma passa presto. Tra un'ora, quando sarò andata via, tornerete a ridere.È la vostra vita.Ma... abbreviamo, abbreviamo.Il terreno qui mi scotta sotto i piedi. Mio marito, l'avvocato RobertoLenzi... l'avvocatino, come lo chiamavano per ischerno i vostri amici... era il vostro amante. No, no... non rovisto il passato... non vi chiedo conto... non temete. Sarebbe inutile, è vero, e stupido, soprattutto, stupido, trattandosi di un morto!
MELEAGRA - (smaniando). Signora, signora... se potesse dir presto... Io soffro, comprende? Soffro.
LA SIGNORA - (con un sorriso amaro). Soffrite? (accostandosi a lei, sollevando la veletta e avvicinandole il suo viso rovinato dal pianto). Ma vedete come sono ridotta, io? Questo è soffrire! E per voi, per voi! Gli occhi incavati, le guance flosce e le rughe... le rughe a trent'anni! E quest'orrendo pallore di cadavere. (con subito orgoglio) Ma io ero bella... bella come voi! (prendendole improvvisamente il capo tra le mani, e fissandola con avidità) Lasciate che io vi guardi. Sì, così... Questi sono gli occhi che ha amato, questi i capelli che ha tenuto tra le sue mani, questa la bocca che ha baciato... Ah, ah! E io... io... (allontanandosi, e riprendendo la sua maschera di freddezza) Curatevi, signora, curatevi... con la cipria, il belletto, le creme... Avete una bella carnagione, che Dio ve la guardi! (pausa)
MELEAGRA - (con un sorriso amaro). Sì, signora, io mi curo... con la cipria, le creme, il belletto. Tutto, tutto! Perché non si accorgano, perché non si accorga nessuno dell'altro viso che c'è sotto!
LA SIGNORA - Presto, dunque.Signora... voi avete avuto mio marito... non lo avete amato... non importa... egli vi ha amato come un pazzo... sì, posso dirvelo io, sua moglie.Ma è morto. Ora, basta.
MELEAGRA - Io non la capisco...
LA SIGNORA - (risolutamente) Ora, basta, vi dico. (abbassando la voce, che divien sorda) Ho turbato mai la vostra felicità? No. Quando eravate nelle braccia l'una dell'altro, avete mai visto la mia faccia, avete sentito mai la mia voce? Io urlavo come una belva ferita, nella mia camera, ma le porte e le finestre erano ben chiuse. C'è voluta la morte, perché io varcassi quella soglia. Comprendete bene tutta la serietà del mio atto.Io sono venuta qui perché esigo da voi, esigo, badate! tutto quello che v'è rimasto di lui: ritratti, lettere, oggetti: tutto, tutto, anche i gioielli che possa avervi regalato.Pagherò, se occorre. Ma che non manchi nulla, badate: nulla!
MELEAGRA - (calma) Gioielli, non ne ho voluti da lui.
LA SIGNORA - Voi mentite!
MELEAGRA - Mi guardi in faccia. (pausa) Altri ricordi... Il suo ritratto... le sue lettere... qualche rosa... un fazzoletto... una ciocca di capelli... Là su quella mensola... lassù.
LA SIGNORA - (accostandosi rapidamente e guardando) Qui, non c'è che un portacenere... e poca cenere.
MELEAGRA - Cenere... come quella delle sigarette... Li ho bruciati, i suoi ricordi! Eccoli: sono quella cenere lì.
LA SIGNORA - Bruciati! Perché, perché li avete bruciati?
MELEAGRA - (con dolore) Perché non potevo tenerli con me, in questa casa! Tutto quello che si trova qui appartiene al mio corpo, niente alla mia anima!Eallora... in cenere, la cenere... Una sigaretta... una ciocca di capelli... diventano la stessa cosa... Per gli altri, è una sigaretta... per me... (reprime un singhiozzo)
LA SIGNORA - Che cosa credete? Ogni vostra parola è un'offesa per me; mi brucia il cuore.
MELEAGRA - (umile)Perdono, perdono...
LA SIGNORA - Non è questo.Il passato, io ve l'ho perdonato. Perché infatti non sono venuta a riprendermelo, quand'egli era qui, tra le vostre braccia? Era vostro allora, lo so: inutile lottare.Dovevo tacere... tacere... fingere d'ignorare... per non perderlo di più... Ma ora è morto, e me lo riprendo.
MELEAGRA - (risolutamente)Non potete.
LA SIGNORA - Non posso?
MELEAGRA - Non potete; perché non è in voi; perché sentite il bisogno di venire qui, a riprendere i suoi ricordi.
LA SIGNORA - Sono venuta perché niente di quello che può rammentarlo sia profanato; perché niente rimanga qui, di quello che hanno toccato le sue mani; qui, dove convengono i vostri amanti.
MELEAGRA - E avete ragione. Vedete: ho distrutto. Non c'è che un po' di cenere.Posso darvela anche.E poi, basta. Dentro il mio petto, voi non ci potete entrare.
LA SIGNORA - Ma non capite, dunque, che ormai è finita per voi? Tramontato il regno delle vostre labbra, dei vostri occhi, dei vostri capelli! Sta giù, giù, in una fossa oscura, dentro una cassa inchiodata e non vi vede più. Io glieli ho chiusi gli occhi; io, per l'ultima volta.Me, ha veduta per l'ultima! E mi vedrà sempre, sempre, per l'eternità.Questa povera donna avrà sempre davanti, che ha aspettato, che fosse morto, per riprenderselo, il suo amore!
MELEAGRA - (afferrandole il braccio)Ascoltatemi... Forse voi mi potete capire. Vi ho sentita parlare. Ascoltatemi. Nemmeno lui, capite, nemmeno lui ha compreso tutto l'amore che c'era qui. (si batte il petto) Avete detto che avete sofferto voi sola nella vostra camera, mentre lui era qui con me. I nostri abbracci! Povera cosa, povera cosa... E se voi avete soffocato la vostra gelosia per non disgustarlo... per non perderlo... io… io... ho taciuto il mio amore! Sì, egli non ha mai veduto l'anima mia! Aveva bisogno della mia bocca che lo suggeva, delle mie braccia che lo avviluppavano... e non vedeva altro, povero, povero cieco! E questo grido, questo grido terribile dell'anima mia, io ho dovuto soffocarlo, per non perderlo anch'io!L'amore... l'amore di Meleagra! Ma Meleagra è il piacere, e il suo amore disgusta... Lo so, signora, lo so. Ecco i belletti, le ciprie, le creme che dicevate.
LA SIGNORA - Basta, basta! Voi non immaginate quello che c'è di terribile nelle vostre parole! E di che cosa dunque mi domandavate perdono, poco fa? Ora, ora, dovreste percotervi, lacerarvi, coprirvi di fango, per il male che mi fate soffrire. Ah, maledetta! Voi l'avete amato come me?
MELEAGRA - Di più, assai di più. Voi vi contentate che nÈ suoi occhi, al momento di gelarsi, sia rimasta la vostra immagine... È vero, è vero: voi ha vista per ultima; voi ha pensato per ultima... Vi avrà stretto la mano... e in quella stretta c'era la condanna di Meleagra! Che importa? Di Meleagra! Quella che aveva conosciuto lui, che aveva stretta nelle notti di voluttà, non quell'altra che ero io, io che lo tenevo dentro di me allora... come ora... come sempre... finchè non mi daranno un colpo di mazza e sarà finita... io, Giovanna Forcella!
LA SIGNORA - È un'abominazione! Voi... voi amarlo più di me! Dio, Dio!
MELEAGRA - (che ha ripreso la sua triste calma) Non vi disperate, signora. E non mi invidiate.Voi avete avuto altro.I primi incontri, i primi baci, l'amore giovine e pieno scambiato tra le vostre due anime... Non m'invidiate il mio cupo amore solitario. E c'è di più. Voi potete piangere, io no; voi potete vestirvi a lutto per lui, io... Il mio lutto è questo: l'abito scollato, il palco a teatro, le cene al Regina... Così solo, non l'offendo.
LA SIGNORA - (singhiozzando)Oh, Roberto... Roberto... che hai fatto di me!
MELEAGRA - (con dolcezza) Vi amava, signora, vi amava molto.Posso dirvelo io, che lo so... io che sono avvezza a leggere la verità, sotto le parole bugiarde degli uomini. Non vi ha mai nominata; non ha fatto mai la più piccola allusione alla vostra vita comune... e questo è amore, lo so. Sentivo, sentivo che c'era un cantuccio dell'anima sua dove non voleva ch'entrassi: c'eravate voi sola. Ah, avrei voluto essere io quel cantuccio, e abbandonarvi tutto il resto! Eccola qui la povera donna, ch'egli non ha mai amato e che voi dovrete davvero, profondamente, amaramente compiangere! (pausa)
LA SIGNORA - Addio, signora. Non mi vedrete più. Porto il mio dolore lontano, dove nessuno mi conosca.
MELEAGRA - Addio. Non mi odiate. Pensate che a voi sola ho detto come l'ho amato, e che a lui... a lui l'ho taciuto.Pensate a questo.
LA SIGNORA - (cupa)Penso ch'egli è in pace ormai, e che io m'ucciderò.
MELEAGRA - Io non lo posso fare, signora. Chi ucciderei?Meleagra!
(Si picchia all'uscio.Pausa.Entra la cameriera)
LA CAMERIERA - Il principe Dèbora.
MELEAGRA - Aspettate (s'inchina alla signora, che, dopo averle risposto con un triste cenno del capo, se ne va lentamente. Pausa)
LA CAMERIERA - E ora, può entrare?
MELEAGRA - (con una voce che non è più sua) Ora... sì.

pagina a cura di    Gigante Lorenzo Maurizio    per Salvatore Mugno

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