Voci ed immagini lontane,
vagante eco, quasi sussurro,
catturò il fuoco del vulcano;
intingesti d’un uccel la piuma
colorando d’antico le tue mura.
Ad ammirar le rare tue bellezze
le nuvole incantate si fermarono
si sciolse acqua pura e immacolata,
ove tua rosea carne ebbe ristoro.
Su Cofano specchiasti le tue forme
lasciando da per tutto le tue orme.
Con spighe pettinavi i tuoi capelli
e per adornare il dolcissimo tuo viso
sul capo vi ponesti delle perle.
Solo vestita di candido velo,
ala ti fecero graziose dame
ed Erice divenne tuo reame,
ove su fili d’erba e fiori profumati
tessevi in lungo e largo le giornate.
Principi e Re venivan da lontano
a visitar la Dea della Vetta:
e fra quelle alture e rigide discese
era un presepe di fiaccole accese.
Ma venne un tramonto, ultima tua estate,
partisti via senza più tornare;
or ogni cosa parla di te, bella fiorita,
e sul portone del tuo bel Castello
restò immortalato quell’uccello
simbolo di ciò che fu sì bello.
Ogni pietra ed ogni anfratto parla
d’eterno amore e di lusinghe rare.
Se ognun facesse suoi i tuoi messaggi
non più la guerra farebbe la signora
ma l’amor che il male si divora
rendendoci beltà ad ogni ora.
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