Gino Lipari
la copertina
edito da: Ceto degli Ortolani - dell'Unione Maestranze
in collaborazione con: Ignazio Grimaldi editore
Progetto grafico: Ezio Pagano
Stampa: Tipografia Zangara Bagheria (PA)
Finito di stampare nel febbraio 2008
Ringrazio Ignazio Grimaldi per avermi dato la possibilità di pubblicare questo libro
Si ringraziano:
Mario Amantia, Clemente Anastasi, Luigi Biondo, Franco Bosco, Sergio Dara, Bartolomeo Figuccio, Michele Fundarò, Mario Mistretta, Anna Palazzo ed i Consoli e collaboratori del gruppo degli Ortolani: Francesco e Salvatore Barbara, Michele Buffa, Antonella Cangemi, Enzo Coppo la, Giovanna e Giovanni Culcasi, Laura e Pietro Ditta, Sina Fodale, Giovanni Galluffo, Salvatore Giliberti, Ignazio Grimaldi, Mariella La Piea, Bice Lentini, Lidia Poma, Enzo e Salvatore Ranieri, Nicola Ricevuto, Vito Santoro, Matteo Scarlata, Giuseppe Todaro, Giuseppe Vassallo.
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Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
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PASSIO DREPANI CUM ARS HORTOLANORUM di Gino Lipari La Processione dei Misteri di Trapani
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L'ASSETTO STORICO E PROFESSIONALE - Le senie e i siniara
Il reverendo padre Benigno di Santa Caterina, in un suo manoscritto del 1812 distingueva l'attività agricola della città di Trapani in due bracci: quella dei Borgesi e quella degli Ortolani.
Al ceto dei Borgesi il religioso riconosceva il merito della promozione dell'attività agricola e, fra l'altro, elogiava l'opera del barone Benedetto Poma che aveva inventato una macchina "a foggia di carro, per tritar le biade nell'aia"(40).
Degli ortolani, l'agostiniano scalzo, scriveva che "questi coltivavano i loro orti dette Senie, che sono sino al numero trentatre"(41).
Gli Ortolani "con la loro fatica e grasso che somministrano alla terra la rendono nitrosa e a causa della terra arenosa e dell'acqua tendente al salmastro la verdura di Trapani è più dolce e saporita di quella degli altri paesi della Sicilia"(42).
Doveva saperlo molto bene anche il generale Napoleone Buonaparte che fermandosi, con la sua flotta diretta in Egitto, transitando nelle acque di Favignana, chiese agli isolani di poter rifornirsi di verdura(43).
Gli orti a Trapani furono dette "senie" dal nome della macchina che sollevava l'acqua dai pozzi(44).
Per estensione "siniuaru" assunse il significato di persona addetta al pozzo, ma anche quello di ortolano. La senia o noria era la macchina che consentiva al siniaro di estrarre l'acqua dal pozzo per l'irrigazione dei campi(45).
Il congegno era a trazione animale(46) e a movimento circolare continuo(47) mentre gli ingranaggi erano in legno. Il sistema era costituito da un nastro teso tra due tamburi ruotanti munito di numerose "quartari" (brocche) che arrivate in fondo al pozzo si riempivano e risalendo la travasavano in una grande vasca detta "gebbia" dall'arabo gorgo (48). L'ingegnoso sistema consentiva al siniaru di disporre di una sufficiente quantità di acqua a basso consumo di tempo e di energia. Dai primi orti impiantati nei monasteri(49) e nei giardini dei proprietari terrieri in età carolingia, con il "Capitolare de villis vel curtis imperii"(50), iniziava una sorta di rivoluzione orticola. Il trattato comprendeva ben 89 specie botaniche da coltivare.
Grazie poi ai rapporti intessuti con l'Islam si acquisirono conoscenze botaniche di nuove specie vegetali da coltivare importate soprattutto dalla penisola Iberica e dal Medio Oriente. Veniva così a configurarsi, con la coltura estensiva "extra moenia" e su vaste superfici, la vera e propria senia così come ormai la intendiamo ai giorni nostri.
Gli ortolani o siniara trapanesi non si dedicarono solo alla coltivazione delle verdure. Nelle loro senie coltivavano anche il cotone, il lino e l'erba saponaria. Secondo padre Benigno, di questo tipo di erba, alla fine del XVIII secolo, annualmente "se ne produceva venticinque mila quintali" tutta destinata all'esportazione fuori Regno ed in particolare per Londra, Marsiglia, Livorno e Genova. Trapani, rispetto ad altre città siciliane, per la posizione geografica fu esposta agli attacchi barbareschi che ritardarono l'impianto di nuove senie fuori le mura. Le prime senie "extra moenia" sorsero timidamente nelle "paricchiate"(51) tra la prima metà del XVI secolo e la fine del XVII secolo.
Archivio di Stato Trapani, Particolare del territorio di Trapani, anno 1855
Le senie furono impiantate nei terreni a valle del monte Erice ed in prossimità della città murata al fine di sfruttare le falde acquifere esistenti nel territorio.
Sul litorale Nord della città e "lungo la strada rotabile da Trapani al tempio della Vergine di Trapani e sue terre adiacenti" ed in particolare a ridosso degli archi dell'acquedotto (via Archi) esistevano le senie "del Cavaliere Platamone" e la "senia denominata Bella nuova propria del D. Lombardo" ed ancora la "senia denominata Cappuccinelli propria del Signor Pietro Abita".
Senie sorsero anche attorno al "lago Cipeo proprio dei Padri Carmelitani e del Comune di Trapani". In questo lago confluivano le acque pluviali che defluivano dalla montagna di Erice.
Altre senie sorsero più a Nord nella contrada dei Santi Cosma e Damiano, soprattutto nella parte Sud - Est della città e nella zona di Fontanelle ai confini con gli impianti di salina. Il ricordo dell'esistenza in città delle senie viene anche riportato nella toponomastica cittadina (con la denominazione di Via Senia Favara e via Orti)(52).
Archivio di Stato Trapani, Fondo cartografico: Acquedotto e Senie, anno 1855
L'espansione urbanistica poi ha divorato, a partire dal 1950, numerose aree coltivate a senie dove sorsero i rioni di San Giuliano, Fontanelle, Fontanelle Sud, "Sancusumano" e Rione Palma (oggi quartiere Sant' Alberto).
Gli ultimi ortolani trapanesi ricordano che intorno agli Anni Trenta del Novecento nell'hinterland trapanese di senie se ne contavano una cinquantina distribuite nelle seguenti aree:
Archivio di Stato Trapani, Senia SS. Cosma e Damiano del monastero di santa Elisabetta, 1864
Via Salemi, Fontanelle, Borgo Annunziata, Villa Rosina, Villa Mokarta, Via Convento San Francesco di Paola, Raganzili, Via Cesarò e Trentapiedi, ma anche nelle aree dove ora sorgono: la Caserma Giannettino, il Campo Aula, Via Archi, Sancusumano e Pizzolungo. Le senie erano quelle: di Cristoforo e Pietro Pecorella; di Giovanni De Caro; di Pietro Culcasi detto "Pilucca"; dei Fratelli Minando; di Giovanbattista Orlando detto "Titta"; di Ciccio Pizzo e Grammatico; di Pio Alagna; di Raffaele Virgilio; di Giovanni Virgilio detto "Vanni"; di Salvatore Minaudo; di Vincenzo Culcasi; di Michele Barbara; di Salvatore Schifano; dei Fratelli Virgilio il maggiore dei quali Giovanbattista era detto "TUta Cardillo"; di Totò Incandela; di Nino Lombardo detto "ù Curtu"; di Antonino Schifano e Francesco Barbera (famiglia Aula)53; di Vito e Giacomo Santoro (Paolo Maurigi); di Raffaele Fontebrera; di Sebastiano Adamo; di Rocco, Carmelo e Pietro Fodale (Fratelli La Porta); di Carmine e Paolo Incandela (fratelli Tedesco); di Isidoro De Caro; di Leonardo e Carlo Fortuna (Rosario Schifano detto "Saroro Borro"); di Ignazio Grimaldi (Goffredo Adragna); di Giovanni Grimaldi (Conte Enrico Fardella); di Nunzio, Vito e Marco Via (Famiglia D'Alì); di Paolo Schifano detto "Nacchio" (Famiglia Burgarella); di Matteo Grimaldi; di Marco Schifano; di Nino e Leonardo Abita; di Vito Peralta con i figli Antonio e Giovanni; di Matteo Grimaldi; di Cristoforo ed Emanuele Pecorella (famiglia Sugameli); di Alberto e Rocco La Russa; di Rosario Manzo; di Giovan Battista e Paolo Virgilio (Famiglia Aula); di Giuseppe e Isidoro Caruso; di Michele Barbara; di Isidoro De Caro; di Paolo Protasi, inteso "Manuncola" (famiglia Conticello); di Baldassare Navetta; di Giuseppe Alagna (Duca Curatolo) senia ancora in attività.
Da sinistra: Pietro Culcasi, Titta Orlando e Carmelo Fodale
(40) Biblioteca Fardellina Trapani. manoscritto n.200. Benigno di Santa C'alerina. "Trapani nello stato presente sacra e profana", Trapani 1812
(41) Ibidem
(42) Ibidem
(43) Bibl. Fardellina Trapani, manoscritto n.268, Niccolò Maria Bugio e Clavica. Diario della Invittissima e fedelissima città di Trapani. che comincia dall'anno 1779 Trapani 1832.
(44) Secondo alcuni il lemma "orto" dovrebbe indicare quella zona dove le piante venivano coltivate a scopo utilitaristico (alimentare, medicinale ecc.). Orto, dal latino horus, ha comune origine con le voci "corte" e "giardino", in una radice ghar- o har e con significato di recingere, onde il termine vale a significare chiuso, recinto, quindi pezzo di terra chiuso, recintato, nel quale si coltivano erbe mangerecce (ortaggi) e piante da frutto, anche se con un significato più restrittivo si tende a distinguere l'orto propriamente detto dal frutteto.
(45) Il nome è spagnolo, a sua volta derivato dall'arabo Na-ara (lanciare, far zampillare).
(46) In genere veniva utilizzato un somaro bendato che veniva fatto girare per azionare la noria da qui il detto trapanese: "sceccu siniaru per indicare una persona sgobbona".
(47) Centro di studi filologici e linguistici siciliani opera del vocabolario siciliano. Vocabolario Siciliano, Palermo-Catania. 1997, Vol. IV pag.812
(48) Il nome è derivato dall'arabo gebbe Na-Ara. lanciare, far zampillare. Antonio Traina, Vocabolario Siciliano-Italiano, Nando Russo Editore. Palermo, III Edizione. Palermo 1988
(49) La Regola di San Benedetto prescrive che all'interno del monastero si trovino sempre riserve d'acqua e un hortus.
(50) Benigno di Santa Caterina, op. cit.
(51) Una vasta estensione di terreno agricolo
(52) Via Senia Favara è conpresa tra la via Conte Agostino Pepoli con "incrocio della via Giovanni Adragna, mentre la via Orti è tra la Piazza Martiri d'Ungheria (ex Piazza Stovigliai) e Piazza Cimitero.
(53) Tra parentesi viene riportato il proprietario della senia.
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A Pietro Culcasi
Console per 50 anni del gruppo degli Ortolani
Un ringraziamento particolare:
Elfa Petralia Valenti, Enzo Tartamella
Referenze fotografiche:
Rosario Bonventre, (archivio Anna Palazzo),
Giuseppe Boè, (Bibblioteca Fardelliana, manoscritto n° 313 - 190 I), Emanuele Baudo,
Edizioni Cartoleria Mannone - Trapani, (collezione privata), Archivio famiglia Grimaldi, Ezio Pagano,
Archivio famiglia Vito Santoro,
Francesco Termini (detto Ciccio, archivio Fundarò), Archivio Soprintendenza Trapani, Archivio storico del gruppo Ortolani,
Le rimanenti foto sono dell'autore
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