Gino Lipari


la copertina del libro

la copertina



edito da:
Ceto degli Ortolani -
dell'Unione Maestranze

in collaborazione con:
Ignazio Grimaldi editore


Progetto grafico:
Ezio Pagano


Stampa:
Tipografia Zangara
Bagheria (PA)



Finito di stampare
nel febbraio 2008



Ringrazio
Ignazio Grimaldi
per avermi dato
la possibilità di pubblicare
questo libro



Si ringraziano:

Mario Amantia, Clemente Anastasi, Luigi Biondo, Franco Bosco, Sergio Dara, Bartolomeo Figuccio, Michele Fundarò, Mario Mistretta, Anna Palazzo ed i Consoli e collaboratori del gruppo degli Ortolani: Francesco e Salvatore Barbara, Michele Buffa, Antonella Cangemi, Enzo Coppo la, Giovanna e Giovanni Culcasi, Laura e Pietro Ditta, Sina Fodale, Giovanni Galluffo, Salvatore Giliberti, Ignazio Grimaldi, Mariella La Piea, Bice Lentini, Lidia Poma, Enzo e Salvatore Ranieri, Nicola Ricevuto, Vito Santoro, Matteo Scarlata, Giuseppe To­daro, Giuseppe Vassallo.


Un ringraziamento particolare:
Elfa Petralia Valenti, Enzo Tartamella


Referenze fotografiche:
Rosario Bonventre, (archivio Anna Palazzo), Giuseppe Boè, (Bibblioteca Fardelliana, manoscritto n° 313 - 190 I), Emanuele Baudo, Edizioni Cartoleria Mannone - Trapani, (collezione privata), Archivio famiglia Grimaldi, Ezio Pagano, Archivio famiglia Vito Santoro, Francesco Termini (detto Ciccio, archivio Fundarò), Archivio Soprintendenza Trapani, Archivio storico del gruppo Ortolani, Le rimanenti foto sono dell'autore

Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

PASSIO DREPANI CUM ARS HORTOLANORUM
di Gino Lipari

La Processione dei Misteri di Trapani


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Prefazione

Se dopo quattro secoli i Trapanesi ancora oggi continuano ad avvertire fortemente il fascino e la voglia di realizzare una eccezionale processione per celebrare la Passione di Cristo. vuol dire che questa manifestazione di fede fa parte del loro codice genetico. E' la più lunga del mondo occidentale e il primato è dovuto al numero dei partecipanti che tra organizzatori e processionanti sono poco più o poco meno di duemila; ma anche alla durata perché per ventiquattro ore -alternandosi come in una veglia funebre per non lasciare mai solo nel suo dramma il Cristo- quasi ininterrottamente i Gruppi vivono nelle strade insieme con la gente. E a farlo sono in più di centomila.
E' una eredità culturale e morale che è stata tramandata automaticamente, nel rispetto di un vincolo testamentario anomalo come un patrimonio di civiltà irrinunciabile da padre in figlio, in infinito.
I Trapanesi non l'hanno imparata dalla frequentazione delle parrocchie o dai riti religiosi officiati dalla Chiesa in genere, l'hanno conosciuta alla scuola più efficace che esista a mente umana e che è la pratica: l'educazione e l'esempio.
I ragazzi l'apprendono dai nonni e dai genitori che ogni anno, a dicembre, preparano il Natale che è la festa della Famiglia, ma già pensano al Venerdì Santo cioè al giorno in cui per le strade sfileranno i Misteri che, per questa Città, sono il Signum per eccellenza della fede nel Dio-uomo.
E' una liturgia quasi laica, cioè l'irrinunciabile premessa dell'Evento religioso successivo che è la Pasqua: la celebrazione della morte viene prima del rito della Resurrezione. La prima appartiene al popolo dei fedeli, la seconda al calendario della cristianità. Tra i due eventi, tuttavia, non c'è conflitto, si tratta di due percorsi differenti ma paralleli; la Processione è un omaggio sacro, spontaneo, che talvolta sfora nel profano ma è sentito profondamente ed è fortemente voluto dal credente; la Celebrazione liturgica della domenica è, invece, un appuntamento che i Trapanesi rispettano come praticanti della religione cattolica.
Sono notevolmente di più quelli che seguono i Misteri in processione, piuttosto che quelli che partecipano nelle chiese al rito pasquale. E' una constatazione che dovrebbe fare riflettere. Non è, tuttavia, la fede quella che manca. C'è da fare anche un altro parallelo. Nei giorni festivi il cimitero è frequentato più delle chiese, perché il culto dei Misteri dura per l'intero arco dell'anno. L'uomo è il Cristo vengono assimilati nel momento estremo e sacrale della sofferenza.
Nel giorno di Pasqua, si può dire che i Trapanesi rientrano nel loro ruolo di osservanti del dogma, ubbidendo per disciplina al potere temporale.
Ripetendo e organizzando la processione, la Città conferma le proprie origini, le proprie tradizioni, e ripropone (talvolta aggiornandoli) usi divulgati agli albori del XVII secolo quando i Gesuiti -importandola dalla Spagna- fecero entrare nel costume locale una sorta di rappresentazione animata della Passione (portata sul palcoscenico delle strade e delle chiese da uomini-attori che interpretavano ruoli sia sacri, sia profani). Alla recita teatrale, successivamente subentrò quella muta con la creazione di "scene di gruppo" fatte di statue in legno, tela e colla. L'imprimatur ufficiale e palese lo diede una "parte" della Chiesa.
Nacque tutto da lì, anche gli incappucciati che recentemente dalla stessa istituzione che li aveva creati sono stati soppressi di forza con un autoritarismo che non si addice alla professione della fede.
C'è anche qualche studioso il quale, tuttavia, sostiene una origine genovese di questa liturgia laica. In via teorica, non si può escludere perché a Trapani i Genovesi erano presenti e potenti già in epoca medievale ed erano tanto influenti da introdurre in città il culto di un loro Santo (San Lorenzo), oltre che abitudini alimentari come il pesto e una marcata tendenza al risparmio e alla tirchieria.
Qualunque ne sia l'origine, oggi quello che vale è la sopravvivenza di questa "abitudine" rituale che è un tributo dal basso verso l'alto dei fedeli senza alcuna intermediazione. A disciplinarla era il Senato della Città, così come si trova scritto negli archivi. E' questa l'unica verità storica degli uomini, che non può essere giudicata fuori dal suo tempo; sarebbe un errore grossolano.
La grande "machina" approntata ogni anno affinché per le strade ritornino i gruppi statuari (insieme con gli uomini, le donne, i bambini con il cero devozionale in mano, le musiche funerarie, l'odore acre della cera, lo sfarzo dei fiori) richiede grandi capitali e i Trapanesi ben volentieri si tassano per ripetere e perpetuare questo "spettacolo" di fede laica, ma senza oltraggio e senza ingiuria degli Evangeli.
Il giorno del Venerdì Santo a Trapani si celebra la parte umana della Passione del Cristo, che è la vicenda quotidiana di una storia che si ripete all'infinito moltiplicata per quanti sono i Trapanesi morti, viventi e futuri. Va accettata con il suo misticismo, come fede individuale e corale che viene praticata con lo stesso spirito con il quale ogni singolo uomo prega e ribadisce recitando il Padrenostro, l'Ave Maria e la Santa Maria la propria appartenenza a Dio. Facendo anche ricorso ad un linguaggio spontaneo ed emozionale.
In quel giorno ogni singolo trapanese instaura un rapporto diretto con Lui e questo è lo spirito autentico di qualsiasi Fede liberamente espressa, senza imposizioni; senza minacce.
Una particolarità che affiora dalla scelta tematica di questa pubblicazione, è che si occupa (in una parte specifica) degli Ortolani, richiamando la loro storia, il loro orgoglio, la loro capacità di sacrificio, il loro ruolo sociale ed economico, la loro partecipazione ai riti del Venerdì Santo.
Una minuta, ma preziosa storia di uomini e donne che vengono presentati e rappresentati per avere anche loro il diritto ad uno spazio e ad una memoria.
Due storie, dunque, una sacra e l'altra umana, simili e speculari con barlumi di commistione e ibridazione reciproca che confermano l'origine divina dell'uomo - ma soltanto quello più umile nella sua essenza- quello che crede nell'amore come collante tra il Cielo e la Terra, e tra individui e individui uguali nella fede.

Enzo Tartamella


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A
Pietro Culcasi
Console per 50 anni del gruppo degli Ortolani





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