“Vitu,
tu si un pueta veru e si chiù duci da lumìa.
Io sugnu un picciriddu granni ca testa ca mi
furrìa comu nna rota ‘i mulinu!
Ti scrivu cu sonnu ca mi stizzìa di l’occhi.
Dimmi: picchì nun pubblichi? Quant’anni hai?
Si hai figghi e chi misteri fai.
T’abbrazzu, tuo ’Gnaziu”
“Vitu carissimu,
Puisìa nn’hai quantu ’u mari di Trapani!
Io a tia dumannu versi!
T’abbrazzu, Buttitta.”
Autore di queste eloquenti righe “manoscritte” - nel lontano 1982 - era l’ultimo grande “vate” siciliano Ignazio
Buttitta, all’indirizzo del nostro Vito Lumia, un poeta che ha avuto i natali sul Màzaro, ma presto ha messo
radici a Villarosina (Trapani).
Della sua poesia sono orgoglioso e fortemente motivato di trattare, dopo alcune “sedute” a cuore aperto
(opportunamente registrate, ai fini di una sorta di reportage il più fedele possibile) dopo anni di conoscenza
diretta che hanno cementato una profonda reciproca stima.
Le parole di Buttitta sanno tanto di “investitura” poetica, per Lumia “incoronato” poeta di “spessore” già 26
anni fa e da uno che - consentitemi, connotati filo comunisti a parte - poteva soltanto intendersene.
Mi sembra opportuno ricordare che Buttitta era un grandissimo “poeta in piazza” (scomparso a 97 anni nella
sua casa di Bagheria, che si “culla” sul litorale di Aspra) giunto vicinissimo anche al premio Nobel; tradotto in
francese, inglese, rumeno, russo, greco; edito eccezionalmente e più volte dalla Casa Editrice Feltrinelli.
Celebratissimo dunque in Italia ma anche all’estero, mentre diverse sue poesie sono state anche musicate (in
perfetto connubio parole-musica) grazie ad una attentissima collaborazione di Buttitta stesso con cantanti folk come
l’incommensurabile Rosa Balistreri, il gruppo Folk Taberna Mylaensis e lo stesso Otello Profazio. Di cotanto orgoglio tutto siciliano, ho sempre
intravisto in Lumia - almeno per l’intensità dei suoi scritti, le tematiche e soprattutto per l’esplosiva carica
recitativa - uno da “prima pagina” e tra i suoi più degni successori. Oserei dire che Lumia ha il non trascurabile
vantaggio - oggi - di sapere scrivere una perfetta “lingua siciliana” che potrà fare scuola, mentre le liriche di
Buttitta - che scriveva come parlava - abbisognerebbero di un autentico “restyling” per acquisire forma corretta e
pulita ed una decente espressione linguistica scritta.
“Solo l’amore ed il rispetto per la poesia mi accomunano - ribadisce eppure umilmente Lumia - a Buttitta ed ai
veri poeti. Io e Buttitta siamo completamente diversi. Lui amante di folle e platee, poeta di piazza.
I miei versi sono stati per 40 lunghissimi anni nei cassetti ed ancor oggi non mi dichiaro poeta, anche se mi fa
piacere e sono felice se in tutta sincerità mi dicono che davvero lo sono. Ho sempre amato Buttitta fin da
quando lessi “Lu pani si chiama pani”. Non l’ho preso mai a modello, però. Lui poeta del popolo1 che scriveva con
le espressioni del popolo. Anch’io vengo dal popolo, è vero. Magari, leggendo le mie prime composizioni, si
nota il mio stampo marinaresco: ma non ho mai avuto le basi del poeta popolare come Buttitta, anche se ci sono
pur stati i miei cimenti, quando venni a contatto con il fior fiore dei nostri poeti popolari non solo trapanesi.
Ma debbo ammettere invece, che Buttitta mi ha trasmesso l’amore per la poesia (che mi accomuna a lui, pur
non facendomi scuola) attraverso i suoi scritti. Ho esultato nel leggere quei suoi particolarissimi versi in cui
dice “se togliete la lingua ad un popolo, gli avete tolto la libertà e la dignità”.2
Non sono degno di essergli paragonato. Mi sembra corretto però sottolineare che lui - grandissimo personaggio
- ha avuto amici influenti che ne hanno favorito l’ascesa. Mentre del sottoscritto nessuno si è mai interessato e
le mie pubblicazioni sono state tutte a mio totale tale carico. Nessuno finora ha mai pensato di pubblicare
qualcosa della mia ingente produzione.
1 Non tragga in inganno l’appellativo di “poeta del popolo e poeta popolare” al suo indirizzo. Lo stesso Leonardo
Sciascia infatti scriveva del “grande vecchio” Buttitta: “Le sue radici popolari e contadine, non fanno
di lui un poeta popolare, se non nel senso di poeta che sta dalla parte del popolo… E la scrittura per Buttitta
era quasi una costrizione, perché a suo la poesia va detta e non costretta su una pagina; va comunicata da uomo
a uomo, con la voce, il gesto, lo sguardo, le pause, le sospensioni, il respiro, il registro, il timbro”.
Da ciò il disprezzo di Buttitta per le regole, le codificazioni, le convenzioni grammaticali e ortografiche.
La sua invenzione del “dialetto siciliano”, secondo la voce e senza tenere conto della maggiore o minore leggibilità
che la sua trascrizione offre: per Buttitta la poesia è parola-voce, il poetare che coincide con l’esistere,
estemporaneamente e quasi fisiologicamente.
(contributo informativo da www.cssstrinakria.org/buttitta).
2 Considero un bene dell’anima ed un omaggio alla sicilianità, la rilettura stralciata di:
Ignazio Buttitta e Vito Lumia: passaggio di "testimone"?
|