Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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L'ALBERO DELLA VITA - Monitor n° 42 - 22 diccmbre 2006


Albero di Natale

Le origini dell'albero di Natale sono legate a storie lontane. Eppure non bastano a mitigare le convinzioni delle odierne generazioni. Ritengono infatti l'albero di Natale elemento tanto familiare che mai e poi mai indurrebbe a far pensare a qualcosa di eccessivamente distante da quì.
Ma l'antropologia è scienza certa. L'universalità delle forme e delle espressioni culturali dell'uomo trovano sempre riscontro risultando affatto dissimili, se non identiche, anche fra genti che vivono agli antipodi del mondo.
Giuseppe Pitrè, intanto, nel 1887 pubblicava una monografia sul Natale siciliano scrivendo di presepi e di spiriti maligni che svolazzano nell'aria dei giorni precedenti il 25. Ancora oggi giustificherebbero i petardi fatti esplodere per strada dai bambini, proprio al nobile scopo di allontanare le entità malvagie. Anche se i bambini non lo sanno. Lo stesso Pitrè, quando passa all'aspetto per così dire botanico della festività, elenca la sparaghella, il rusco, la mortella e la menta puleggio avente quest'ultima la caratteristica di rifiorire alla mezzanotte senza tuttavia rinverdire. Nient'altro. Di alberi di Natale neanche l'ombra.
Una prima notizia su di essi pare invece risalga al 1737.
Ogni anno una massaia collocava a tavola tanti alberelli quanti i commensali ai quali peraltro veniva fatto un dono. La notizia viene riferita da un certo Goffredo Kissling.
Goethe lo conosciamo meglio. Personalmente ricordo che all'università tale Leoluca Orlando mi ripetè non so quante volte quel nome raccomandandomi di imprimere, nel pronunziarlo, una fonetica gutturale. Insomma, il poeta viaggiatore innamorato della Sicilia dichiara di aver visto per la prima volta l'albero di Natale a Lipsia nel 1765.
Più o meno nella forma a noi conosciuta, pare sia nato in Alsazia. Nel 1780 giunge a Berlino, sei anni dopo ad Amburgo e all'inizio del secolo seguente a Dresda.
Arturo Lancellotti in Feste Tradizionali fornisce quindi una serie di date a scadenza biennale che lascerebbero supporre una rapida diffusione dell'usanza. I tempi diventano sempre più fitti, e in un'epoca senza televisione sono finanche di ragguardevole velocità: 1815, 1817, 1819; rispettivamente segnalato a Danzica, Vienna, Budapest.
Il dado è tratto. L'area mitteleuropea acquisisce e recepisce l'albero, destinato a rimanere ancora per oltre un secolo distante dal Sud, dalle popolazioni per così dire, d'amore, come le definisce De Crescenzo. Ma nel Nord Europa è comunque albero cosmico, altro che elemento ornamentale.
Ma andiamo più indietro. Pare che un patrizio bolognese, nel corso di un viaggio di piacere in India, abbia notato e perciò riferito di qualcosa paragonabile agli alberi di Natale.
Siamo fra il 1504 e il 1507. Com'è possibile? Certo che è possibile, abbiamo forse scordato l'uniformità e l'universalità della cultura? San Vilifredo, vissuto intorno all'anno 1000 ravvide nell'albero significati religiosi, in particolare chiamò l'abete, albero della vita. Concezioni cristiane costruiscono perciò la seguente equazione: Cristo-albero-vita. E frattanto nell'Antico Testamento l'albero è piantato al centro dell'Eden.
In seguito qualcuno ha addirittura ravvisato nelle luci, caratteristica abbastanza peculiare dell'albero, la Luce del mondo nel significato più cristianamente autentico. E nei doni un segno d'amore per chi li offre. Nulla di particolarmente originale, se vogliamo; ma perché proprio l'abete?
Per la sua forma ascetica, rispondiamo. Per la sua proiezione delle fronde destinate ad assottigliarsi verso l'alto, per quella sua forma slanciata e quell'apice intento a toccare il cielo. Analogamente alle piramidi. Degli Egiziani e degli Aztechi. Senza essersi mai visti gli uni e gli altri. Senza un contatto qualsiasi. Sconoscendo, ciascuno, la reciproca esistenza. Eppure, entrambi, avvertirono la necessità di avvicinarsi a Dio erigendo costruzioni che dovevano assottigliarsi nel corso delle loro ascesi.
Infatti. Come se non bastasse, il moderno albero di Natale, nel dopoguerra attecchito anche da noi, impone un familiare appendice: il puntale, un bel puntale lucente, ultimo tocco all'impianto sacro.



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