Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

L'odore della cera - di Giovanni Cammareri


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LA DISCESA DALLA CROCE - Monitor n° 6 - 18 febbraio 2005


Trapani: Chiesa di S. M. di Gesù, discesa dalla croce (F. Nazzani)

A scinnuta 'croci' Santa Mara Gesu; chi non la conosceva. E chi non la considerava un tuttuno con la processione dei Misteri. Perché non po~eva mai essere tempo dell'una o dell'altra, ma solo l'unico tempo sacro del Venerdì Santo.
Fu verso il 1985 che ne volli sapere di più su questo rito antico e suggestivo. Indagavo allora sulle cerimonie per così dire minori della Settimana Santa nella nostra provincia.
Fra quelle ancora in uso, La discesa dalla croce o Deposizione, Tre ore di ,agonia o Ultime sette parole (di fatto la funzione è complessa e la deposizione vera e propria viene preceduta da una riflessione sul significato delle ultime sette frasi pronunciate da Gesù prima di morire) era quella che più rischiava di andare perduta. Anche perché, oramai, era andato smarrito il tradizionale legame che imponeva l'inizio della processione dei Misteri a Deposizione finita.
Le grandi folle preferivano i più rinomati Misteri, e poi come potevano saperlo di quel raccolto rituale mancante perfmo di un minimo di promozione. Che una volta non occorreva. Le dimensioni della città avvolgevano come un magico involucro protettivo quanto di essa faceva parte, compresi i momenti della pietà popolare.
li Venerdì Santo la chiesa di S. Maria di Gesù appariva perciò stracolma.
Mi riesce difficile dimenticare il racconto di un nostro vecchio quando parlava di quelli costretti a portarsi la sedia da casa. E non tanto perché all'epoca non esistevano i banchi.
Era che le sedie a disposizione finivano presto. E la cerimonia era lunga. Rischiare di vederla in piedi non era proprio il caso.
La introdussero i Gesuiti quella cerimonia che ancora oggi in Spagna rimane diffusissima e, in talune città come Valladolid soprattutto, ma anche a Leon, Astorga, Alcalà del Rio, rappresenta un'azione rituale fondamentale del Viernes Santo. La chiamano Desenclavo, las Siete Palabra~ Descendimiento.
Esattamente come qui. E in una miriade di centri siciliani dove viene proposta con apparati cerimoniali e scenografici più o meno complessi. Mazzarino esibisce uno dei due unici Cristi di camoscio del mondo, il massimo della snodabilità là dove, analogamente a Trapani, i simulacri presentano una parte morbida soltanto nelle spalle e nelle gambe, urUtamente a un congegno meccanico per la reclinabilità della testa. Un medesimo modello è ancora conservato giusto nella chiesa del Collegio dei Gesuiti.
Soppresso l'Ordine nel 1773, la Deposizione passa ai Padri Francescani Minori Osservanti.
La rappresentazione, religiosa e scenica insieme, parrebbe la frammentazione del dramma sacro di Filippo Orioles, Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo, edito nel 1750 e modificato da Salomone Castelli nel 1783. A Trapani venne rappresentato fin dal 1756, ma verosimilmente servì soltanto a immettere elementi teatrali alla funzione rigidamente religiosa e austera già proposta dai Gesuiti fin dai primi del '600.
Due cose vanno dette a supportare la quasi logica, naturale sequenza fra la Deposizione e i Misteri: in diversi centri, per la processione del Cristo Morto viene utilizzato il medesimo simulacro in precedenza deposto; la rappresentazione dei Misteri a Trapani nasce su iniziativa della Società del Preziosissimo Sangue, in origine fondata da sacerdoti Gesuiti (provenienti dalla Spagna).
La relativamente recente dilatazione temporale assunta dalla processione dei Misteri, unitamente alla perdita di memoria e valori tradizionali, condusse alla totale autonomia delle due cerimonie.
Nel 1991 nasce La Casa~a, associazione volta alla tutela degli aspetti tradizionali delle feste e alla divulgazione di quelle meno conosciute. Realizza così un video riguardante i riti minori della Settimana Santa proponendolo nelle scuole. Risultò sorprendente che, non solo negli istituti fuori dal centro storico, in tanti esternarono stupore davanti alla straordinaria scoperta di altre cerimonie della Settimana Santa che non fossero la processione dei Misteri. In quegli anni agli amici della Casazza spettò un indispensabile e imbarazzante compito: mettere Cristo in croce.
Con l'abbandono della chiesa da parte dei Frati Minori Osservanti, a ricordarci che al Venerdì Santo c'era anche il rito delle Tre Ore spettò alla Parrocchia di S. Pietro, coadiuvata soprattutto dall'instancabile e compianto Vito Di Capizzi, cui va il grande merito nell'avere perseverato.
Attaccamento e devozione, e poteva anche bastare. La mancanza di un minimo di collaborazione per qualcosa che sembrava interessasse solo a pochi intimi, lo spinse a chiedere un pò d'aiuto. Ma davvero poco, sia chiaro, magari a quelle due tre persone disponibili a salire sulla croce il Cristo per poi ... scenderlo. Nient'altro.
Quindi arrivava il Venerdì Santo. Era sempre difficile scegliere. Se abbandonare per appena poco più di un'ora i Misteri, o andare a S. Maria di Gesù. Ma l'amico Vito ci aveva garantito almeno la poesia. Diventa perfino suggestivo, diceva, ascoltare le note che dalla strada penetrano nel mistico raccoglimento del tempio medievale, mentre il Cristo scende lentamente dalla grossa croce sorretto da lunghi sudari che un paio di uomini, saliti sulle scale, gli avevano fatto passare da sotto le braccia.
Più giù brillavano le fiammelle delle candele prima distribuite ai fedeli. Gli spegnitoi rossi ne amplificavano la luce destinata a seguire il Dio-Uomo sorretto da un bianco lenzuolo, lungo la breve processione fra le navate della chiesa.
Adagiato infine sul cataletto, seguiva il solito gesto d'affetto dei fedeli che a turno sfioravano Gesù con un bacio o una carezza consolatrice. Poi via, quasi di corsa, a recuperare i Misteri.
Eppure, si diceva, c'erano stati giorni in cui i Sacri Gruppi ne attendevano la conclusione. Accadde fino agli anni '60, qualche volta nei primissimi anni '70. I programmi dicevano più o meno così: la processione sarà preceduta. ... E ancora, come nell'anteguerra, si allestiva al centro del presbiterio lo scenario del Golgota dove veniva spostata la croce (ai nostri giorni lasciata in fondo la navata di sinistra). Fissata nella confluenza di un assemblaggio formato da quattro spicchi triangolari di sughero (che divenivano un quadrato), dava così l'impressione di essere piantata sopra un piccolo promontorio. Ai lati della croce le statue dell'Addolorata e di san Giovanni; una simulazione di temporale, con tuoni e lampi, accompagnava il momento della morte, al conclusivo tutto è compiuto e il reclinarsi della testa del Messia.
Le sovrapposizioni teatrali inerenti al dramma sacro, continuavano perciò ad affiorare in un contesto tuttavia religioso, di sicuro toccante. Il commento ad ognuna delle Sette Parole pronunciate dal Cristo sulla croce suscitava parecchia attesa, unitamente alla curiosità attorno al predicatore prescelto di anno in anno, cui spettava l'arduo compito di commuovere. Certuni, si dice, riuscivano a strappare sentite lacrime.
Insomma, alle ventuno d'Italia come riferisce il Mondello, si faceva la deposizione. Alle ventitre uscivano i Misteri.
Ovviamente per un diverso sistema del computo delle ore vadano intese, più o meno, rispettivamente, le odierne ore quindici e le diciassette. Un carabiniere lasciava quindi S. Maria di Gesù alla volta della vicina S. Michele, dove, in modo simbolico, comunicava l'avvenuta Deposizione.
E i Misteri cominciavano a uscire.



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