Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

CORALLO - Storia e arte dal XV al XIX secolo


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SCULTURA

Consacrazione del corallo al mondo dell'arte con la scultura. L'incidenza degli artisti trapanesi. Filippo di Santacroce incisore urbinate a Genova. Il passaggio dalla lavorazione mercantile a quella artistica: primi decenni del '500. La Montagna di corallo e la maturità artistica. Prima fase della scultura ricorrendo ad attrezzi rudimentali; seconda fase caratterizzata dall'invenzione del bulino. Gli scultori di corallo discendenti dalla lavorazione del marmo e del legno.

Il corallaro diventò scultore
Se il corallo fosse stato impiegato soltanto per il suo potere apotropaico e, in funzione di questa sua prerogativa, usato grezzo o per ornamento tribale, la moda di questo particolare e non comune bene naturale sarebbe stata destinata a tramontare nel volgere di qualche tempo, come appunto è prerogativa delle mode. Se, quindi, il corallo è rimasto al centro dell'attenzione di intere popolazioni del Mediterraneo lo deve al suo utilizzo nel campo artistico.
Per quasi tre secoli (dagli inizi del XVI e fino a tutto il XVIII) gli artigiani artisti, strabiliando il mondo con una grande varietà di capolavori, imposero il corallo nel cosmo dell'arte. L'arte è il passaporto per l'eternità, perché rende i beni (prodotti per gli estimatori) meno vulnerabili dalle mutevolezze dei gusti.
Solo l'impiego per la produzione di oggetti artistici consenti al corallo di elevarsi al rango di materia prima nobile, alla stregua dell'oro e dell'argento.

L'intuizione di usare un materiale che sta a mezzo fra il marmo (di valore nullo quando è grezzo) ed i metalli nobili (che hanno un valore considerevole anche a prescindere dalla forma che può dare la lavorazione) fu degli artigiani trapanesi i quali ebbero questa genialità che consenti loro di imporsi all'attenzione del mondo intero nei secoli XVI, XVII e XVIII, principalmente.
Facendo leva su queste credenziali, i Trapanesi (primi nel Mediterraneo fra i tanti pescatori di rami dal colore del fuoco) imposero le loro creazioni ai regnanti, papi, principi e mecenati.
Nella coeva scuola di Genova, fino a questo momento, si ha un solo riscontro. Si tratta delle opere elencate nel testamento dello scultore urbinate Filippo di Santacroce,204 del secolo XVI. Sono pezzi che per tipicità presentano molte affinità con quelli realizzati dalle fiorenti botteghe trapanesi.205
Si tratta, tuttavia, di una eccezione nel panorama della lavorazione del corallo nel dominio della potente Repubblica Marinara.
Convincimento rafforzato dal fatto che i Capitoli delle Maestranze locali non si rivolsero mai (né durante questa epoca, tanto meno nelle successive) agli artisti del corallo, attardandosi piuttosto a definire competenze e attribuzioni fra tutti gli iscritti alla corporazione, per altro ampiamente riservata ai «Mercatores».
Costoro, interessati come erano essenzialmente al commercio, predilessero e incentivarono la lavorazione delle filze destinate, per la stragrande maggioranza, all'esportazione in uno dei tanti porti d'Africa e del Medio Oriente toccati dalle fuste genovesi.
Le opere di Santacroce206 e di pochi altri suoi epigoni dovevano essere certamente cosi limitate di numero da non fare testo nel settore della lavorazione del corallo a Genova.
Non costitui, comunque, scuola primaria nel campo dell'incisione artistica, ché in caso contrario un'eco piti consistente sarebbe arrivata fino a noi.
Livorno e Pisa compaiono molto piti tardi rispetto a Trapani e Genova (e comunque le risorse umane le prelevarono con allettanti incentivi dalla Sicilia e dalla Liguria), ma anche qui, come del resto ad Amalfi, il corallo fu lavorato nelle forme più convenzionali (globetti e olivette piti o meno faccettate) per la produzione di collane e di bracciali che rispondevano meglio all'indole mercantile dei due centri le cui navi battevano tutti i porti piti trafficati del bacino del Mediterraneo.
Praticamente, Genova, Pisa, Livorno, Amalfi, Napoli, Sorrento, Barcellona, Marsiglia usarono il corallo come materia prima da sottoporre ad un processo di immediata e semplicistica lavorazione per moltiplicarne il valore. Gli interlocutori di questi importanti scali marittimi erano essenzialmente i musulmani d'Africa, del Medio ed Estremo Oriente i quali tenevano (e tengono) il corallo come materia (apotropaica) in maggiore considerazione che non gli Europei.
Diversa è, invece, la lavorazione di Torre del Greco che, si può dire, ha rivalorizzato e mantenuto in vita l'arte del corallo; ma questo avviene in epoca decisamente tarda.
Banchieri, mercanti, notai e armatori trapanesi (i committenti di sferette infilate per farne paternostri o collane, in genere, erano Ebrei207) si arricchirono cospicuamente nei secoli XV, XVI, XVII e XVIII nel commercio del corallo che fu attivissimo con gli Arabi del Nord Africa (soprattutto Tunisini ed Egiziani) e del Medio Oriente.208
Il commercio di filze, collane e paternostri fece la fortuna di intere generazioni a Trapani, come a Barcellona, Genova, Napoli, Amalfi e Pisa in un filone che sembrava inesauribile. In questo mercato che non accusava battute d'arresto si inserì l'intraprendenza dei Trapanesi con una rivoluzione rappresentata dalla scultura artistica.
I Trapanesi (marinai per nascita, corsari per sopravvivenza, mercanti per influenza ebraica e araba, inventori per esigenza) ricercarono pratiche nuove per stimolare i traffici.
In città la materia prima era disponibile; chi avesse voluto lavorarla non avrebbe dovuto inventarsi tutto ab origine. Si trattava di inserire il corallo fra i materiali con i quali venivano già creati prodotti artistici.
Del resto non c'era da fare un salto nel buio; coloro i quali tentarono di ampliare i campi di impiego del corallo non corsero un rischio totale, ma, caso mai, l'alea di imboccare una nuova strada in un settore che già conosceva la ricchezza.
Dai numerosi atti dei notai che operarono a Trapani fra il '400 e il '700 (Miciletto, Milo, de Nuris, Cirami, Summa, Pantana, Mauro, Daidone per citarne solo alcuni) emerge che coloro i quali investivano in corallo traevano utili piuttosto rilevanti.
I banchieri Andrea La Francisca, Santoro Lulinu, Sadone Sala, i nobili Enrico La Matina, Andrea e Lanzone Fardella (fra gli altri) intervengono spesso nel settore del corallo per comprare ora prodotto grezzo, ora per commissionarne la lavorazione, tal'altra per commercializzarlo traendo notevoli profitti.
Un'idea del relativamente facile arricchimento di quanti investivano capitali nel corallo si può avere citando il caso del banchiere Santoro Lulinu il quale affidò ad alcuni artigiani una partita di sei cantara e mezzo di corallo grezzo perché lo lavorassero. Lulinu, che lo aveva comprato a 4 tad il rotolo, lo mette in società con due mercanti attribuendogli un valore superiore a 151 onze (cioè 23 onze a cantaro) corrispondente a 7 tad il rotolo, con un utile iniziale di 65 onze; rivendendo il prodotto già lavorato avranno guadagnato una somma ingentissima considerato che il prezzo corrente del corallo «laburato» oscillava da 16 a 22 tad la libbra.209

L'esercizio della pesca del corallo si basava oltreché sull'intesa societaria fra il proprietario di un natante e un mercante (con le dovute eccezioni) anche sull'intervento di persone estranee all'attività, le quali acquistavano una «parte» dell'impresa con l'apporto di denaro, costituendo una sorta di società per azioni ante litteram.
Un riscontro si può avere nella deposizione rilasciata da padron Giovan Battista Castagna nel 1789 , in occasione di una controversia sorta fra corallini trapanesi e l'arrendatario delle gabelle: «tutte le barche che sono andate a pescare corallo tanto in questi mari, che in quelli alieni anche lontani sempre e dall'immemorabile si sono provveduti di denaro dei partitari in questa piazza, e senza quel soccorso non arrivano né potrebbero mai andare a fare tale pescagione ... sempre tenendo in detti respettivi viaggi denari dei rispettivi partitarii secondo lo bisognevole».210
L'innesto del nuovo filone, quello della scultura artistica, avviene sul prospero artigianato che lavora esclusivamente sfere e olivette per fabbricare paternostri e collane, salvo casi eccezionali.211
Analoga è la lavorazione che nella stessa epoca si fa a Napoli, Genova e Lanciano.
Agli inizi del XVI secolo, in mezzo a tanto fervore economico e artistico, a Trapani viene iniziata la scultura del corallo.
Dal processo esclusivamente materiale della pulitura e della produzione anonima di sferette si passa all'uso geniale del corallo.
Tuttavia, la prova documentale di tutto questo si ha soltanto nel tardo '500.
Ma dalla rilettura di alcuni testi, che piu in dettaglio di altri trattano della storia della città in quell'epoca, si può desumere che qui la lavorazione artistica del corallo iniziò, quasi certamente, nei primi decenni del XVI secolo.
Sicuramente quando nella città falcata già ferveva un artigianato maturo ed esperto nella trasformazione di informi ceppi corallini in opere d'arte, altrove si faceva molto poco in questa direzione.
Nell'inventario redatto nel 1590 presso la casa dei principi Doria a Roma vennero elencati due grossi rami di corallo ai quali il cesellatore aveva appoggiato altrettante statuette in argento di Santi (rispettivamente Andrea e Sebastiano). 212
A Messina nell'inventario fatto sulla «curiosa galleria» di Don Tomaso Marquet Duca di Belviso e senatore della città, si riferisce della presenza di due grossi rami di corallo grezzo. Siamo ben oltre la metà del XVII secolo.213
Anche all'estero le cose non vanno diversamente. Fra gli arredi della corte di Francia nel 1673, viene indicata una composizione nella quale un San Sebastiano in argento è legato ad un ramo di corallo.214
La data, storicamente accertata, fissa al 1570 la prova della lavorazione artistica del corallo a Trapani. La «Montagna di corallo» fu imbarcata in questa città diretta a Barcellona proprio in quell'anno.
Si tratta di uno dei caposaldi della scuola trapanese espressa nel periodo in cui questa aveva raggiunto una maturità artistica notevole. Per arrivare a questa fase gli orafi, gli argentieri, i corallari e gli incisori dovevano avere impiegato una esperienza accumulata nel decorso di molti decenni.


Statuetta in alabastro con corone e chiavi in argento e fiorami dorati riproducente il simulacro della Madonna di Trapani, molto venerata nel Mediterraneo, soprattutto da marinai e pescatori.

ATTENZIONE PER VOLONTA' DELL'AUTORE IL CAPITOLO E' INTERROTTO



204 Morto a Genova nel 1607, Santa croce aveva lavorato l'avorio, il legno e il corallo (ma anche ossi di susine «intagliate con teste di imperatori»). In O. Pastine, L'arte dei corallari nell'ordinamento delle corporazioni genovesi, pag. 331, nota 4.
205 F. Alizeri, Notizie dei professori di disegno in Liguria al sec. XVI, pag. 174. Riporta il testamento di Santacroce. In esso lo scultore dispone di tutte le sue opere: «tam manuali quam tornatili industria confecta fabbricata elaborata et seu scolpita, tam in ebore, corallo et ligno quam in alia quavis materia».
206 Nel testamento dell'incisore di Urbino, fra l'altro, compaiono questi pezzi in corallo: «quattro teste di cherubini», «quattro teste di morte due tornite e due asbosate», «uno Christo di longessa di mezzo palmo con il suo piede di corallo», «28 pessi di schachi», «uno manicho con due serpe intortigliate», «un putino di corallo incarnato», «un anello», «7 fiche», «una testa asbosata». O. Pastine, op. cit., pag. 332.
207 I venditori che compaiono negli atti appresso descritti erano Ebrei. AST - Not. Nicolò Cirami, 20 gennaio 1477, X Ind. Leone Levi vende corallo a Muxa e Morachai Chilfa padre e figlio. Testimoni: Italiano de Felice, Andrea Garofalo, Marco la Monaca.
Not. Giovanni de Nuris, 3 maggio 1425, III Ind. Muxa Cuxa compra corallo dal nobile Lanzone Fardella. Testimoni: Berto Puyata, Pietro Bellomo, Nicola Azaro.
Not. Giovanni Scrigno, 20 gennaio 1458, VI Ind. Nissim Romano compra corallo da Fariono Greco.
Testimoni: ManueIi Urlandino, Nicolò Castaldo. Nell'atto citato dal Ferretto nei Liber Magistri Salomonis Saeri Palatii notarii, 1222-1226, Oberto IsmaeI giudeo costituisce un procuratore dandogli in accomandita 300 bisanti (moneta d'oro bizantina) a Damasco per un commercio «in auro et in corallo». In O. Pastine, op. cit., pag. 280.
208 Il geografo arabo Ibn Gubayr nel suo libro Viaggio in [spagna, Sicilia, Siria e Palestina scrive che i traffici fra Trapani e Tunisi erano intensissimi: «Perocché tra questa città (Trapani) e Tunisi corre un giorno e una notte di navigazione, e si d'inverno che d'estate le navi vanno e vengono di continuo tra le due città; e quando il vento è favorevole questo tragitto si compie in breve tempo». Questo resoconto si riferisce alla fine del mese di dicembre 1184. Si tratta della piu antica testimonianza sui traffici marittimi fra Trapani e Tunisi che praticamente non sono stati mai interrotti.
209 C. Trasselli, Sull'arte ... pag. 44.
210 AST - Busta 69 Atti Vari 1787-1788, in F. Benigno, Il porto di Trapani nel Settecento, pag. 73.
211 AST - Not. Giacomo Miciletto, 3 aprile 1438, I Ind. Il ricco mercante catalano, Francesco Ingobau, che risiedeva a Trapani ormai da lungo tempo, fra le altre cose, fa elencare nel suo testamento « undici coclarellas de argento quarum due habent manicum de curallo» In C. Trasselli, Sull'arte in Trapani nel 400, pag. 40. Not. Castiglione, 28 novembre 1455, IV Ind. Nell'inventario delle cose possedute da Marco La Cummari c'è un anello di corallo.
212 Archivio di Casa Doria, Roma.
213 Placido Reina: Delle notizie istoriche della città di Messina.
214 A. Daneu, op. cit., pag. 46.



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DEDICATO A:
Mario Tartamella

1986 © Copyright by
Maroda Editrice

I Edizione Aprile 1985
Il Edizione Ottobre 1986

Per il cortese contributo di esperienze, si ringraziano le famiglie: Adragna, Alagna, Barraco, Barresi, Burgarella, Cammareri, Cardella, Cirafici, Curatolo, D'Ali, D'Angelo, Fardella, Fa da le, Giacalone-Salvo, Governale, Ingarra, La Porta, Manzo, Marini, Marotta, Matranga, Messina, Orbosué, Parigi-Fontana, Romano, Todaro, Virga; nonché le Dirigenze del Museo Regionale «Pepoli» di Trapani e del Castello di Boloeil.

Un ringraziamento particolare al dottore Aldo Sparti (Direttore dell'Archivio di Stato di Trapani) per la costante e dotta disponibilità.

Fotolito: GAMBA - Roma

L'impaginazione delle tavole a colori è stata curata dall'Editecnika srl Palermo-Trapani

Fotocomposizione e stampa: Arti Grafiche Siciliane - Palermo





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