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Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
CORALLO - Storia e arte dal XV al XIX secolo
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COMMERCIO
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Rapporti Occidente-Oriente; la via d'Alessandria e della Siria. Le fiere di Sinigaglia e di Lanciano. Denominazione delle qualità di grezzo e lavorato nelle compravendite. Il ruolo degli Ebrei. Organizzazione di vendita. Differenze di prezzo fra la piazza di Trapani e Napoli. Prevendita del pescato. Incidenza del costo della manodopera sul prezzo del corallo lavorato. Egemonia commerciale di Marsiglia e Livorno. Lavorazione in Gran Bretagna. Campionario della produzione di oggetti di corallo realizzati a Trapani agli inizi dell'BOO inoltrati sul mercato dell'isola di Malta.
I misteriosi traffici con l'Oriente
Riuscire a stabilire se furono gli orientali a contagiare il mito del corallo agli occidentali, o viceversa, è quasi impossibile; si rischierebbe di perpetuare un altro enigma storico per risolvere il quale verrebbero avanzate teorie ed ipotesi che, tuttavia, sarebbero prive di confortanti supporti scientifici.
È certo, invece, che fra i due blocchi Occidente-Oriente (nei quali per cultura e tradizione si è identificata la popolazione sulla Terra) il baratto-commercio del corallo è. stato praticato sempre intensamente.
A questa affascinante materia l'umanità ha attribuito poteri che l'hanno fatta diventare ambitissima: secondo le piti disparate credenze la sua detenzione metteva il possessore al riparo da ogni sorta di disavventure, preservandolo dagli spiriti del male come dalle avversità quotidiane.
Insomma, un feticcio reso ancora piti prezioso dalla rarità per cui entrarne in possesso era anche una questione di prestigio.
Alle porte dell'Oriente i mercanti occidentali, astuti e spesso disinvolti, si presentavano agli appuntamenti con i carovanieri orientali, messaggeri commerciali di un mondo semplicistico e superstizioso, con molte mercanzie, ma fra queste le piti ricercate erano le stoffe e i coralli (grezzi o appena lavorati).
La direttrice di traffico che ha caratterizzato il commercio del corallo è stata essenzialmente latitudinale; le popolazioni del Nord Europa si sono interessate solo marginalmente allo scambio di questa materia.
Plinio afferma che i Romani utilizzarono la via marittima che da Aden, attraverso il mare arabico, arrivava alle Indie e da qui fino al Tibet. I trafficanti alessandrini, nel'primo secolo dell'era cristiana, esportavano il corallo mediterraneo dalla costa meridionale dell'Arabia fino alle bocche dell'Indo e da qui alla costa sudovest dell'India, presso Mangalore, centro sul quale convergevano le mercanzie destinate all'interno.
Ma è verosimile, comunque, che prima della individuazione da parte dei Romani della via di Alessandria, siano state le tribti nomadi arabe ad introdurlo in Oriente attraverso la Siria e la Mesopotamia.
Nel IX secolo gli Amalfitani (a conferma che questo canale di traffico era consolidato dalle reciproche tradizioni) fra le altre merci introducevano in Siria anche il corallo.85
Più tardi, servendosi anche dei Veneziani, furono i Genovesi (che dal 1451 si erano installati a Marsa-el-Kharez) ad esportarlo verso la Siria e l'Egitto; qui, ad Alessandria, lo barattavano con pepe e altre droghe.86
Nel 1451 ad Alessandria fu spedita una partita di coralli della quale facevano parte 15 «cloquearis cum maneches de corali». 87
Ma la piazza di Alessandria era frequentata dai mercanti di corallo già sin dal XII secolo. Il 4 aprile 1190 il notaio genovese Oberto Scriba in un suo atto menziona una cassa di coralli che in Sicilia era stata affidata ad un genovese perché la portasse in Egitto.88
Questa via commerciale utilizzò anche un banchiere trapanese, Sadone Sala, il quale inviò in Siria una grossa partita di corallo servendosi di una galeazza catalana che salpò dal porto di Trapani. Sala si affidò ad un procuratore che in precedenza, sempre per sua committenza, aveva commerciato altro corallo.89
Il 17 novembre 1452 a Napoli 11 veneziano Giacomo Zane noleggiò una nave francese sulla quale fece caricare alcune casse di corallo per spedirle in Oriente.90
Ma l'Est poteva essere raggiunto anche attraverso le fiere che, in giugno e in settembre, si tenevano a Lanciano e che erano le più rinomate dell'Italia Centrale;
vi accorrevano mercanti dalla Penisola, dalla Francia, dall'Europa Centrale, ma soprattutto dalla sponda balcanica e vi si potevano commerciare pregiate seterie, telerie di lino, ceramiche, ferri battuti, oreficeria e coralli.
Fin dal XII secolo era presente a Lanciano una colonia di Ebrei che esercitava il commercio marittimo rivolto verso il Levante.
A Lanciano era diretto quell'ebreo trapanese Isacco che fece ricorso alla R. Camera della Sommaria di Napoli in quanto la locale dogana voleva fargli pagare una esosa imposta.91
Più avanti sarà la fiera di Sinigaglia a prendere il posto di quella di Lanciano.
C'erano, poi, le correnti di traffico che si svolgevano fra i luoghi di pesca e quelli di lavorazione e fra questi e i mercati di consumo.
L'ebreo trapanese Sadone de Girachio, alla fine del mese di ottobre del 1477, comprò due partite di corallo da due differenti artigiani per rivenderlo a Roma.
Uno dei corallari che gli vendettero il prodotto fu Josep Sesou il quale pretese che Sadone si obbligasse in solido con la moglie (Precia Rubria). Gliene vendette piti di 41 libbre: 4 once e mezza del tipo «iaburatu, politu et fila tu »; 24 libbre e mezza «picato, sugagno et malbitrato»; 24 libbre di «petra»; 1 oncia e mezza di «bono»;
17 libbre e mezza «picato, sugagno et malbitrato». Complessivamente per l'importo di 21 onze, 26 tad e 10 grana. Pagamento a cinque mesi o prima se prima Sadone fosse tornato dal viaggio che stava per intraprendere «in parte reaminis ve! in urbe Rome cum dictis corallis».92
Lo stesso Girachio, dieci giorni dopo, comprò 3 libbre e 9 once del tipo «laburatu, pulitu, infilatu» da Raffaele Greco, anche lui ebreo. Prezzo convenuto 1 onza e 15 tad; pagamento a quattro mesi o prima se prima tornerà dal viaggio.
Nel primo acquisto il prezzo medio è superiore a 21 tad per libbra; nel secondo è di 12 tad.93
In questa altra circostanza è un pisano a venire a Trapani per comprare corallo grezzo e lavorato. Simone de Petro, pisano, in un solo giorno ne comprò (la quantità non viene precisata; la formula usata in molti casi era «certe quantitatis») per l'ammontare di 23 onze e 18 tad. I venditori erano Manueli de Actono e Machaluf de Actono, Ebrei. Nei contratti che stipularono, il prodotto fu classificato come: «bono, utile e{mercantile>;, «vocato di malminuto», «paternostri».94
Talvolta gli artigiani tentavano anche in proprio la via del commercio, come nel caso della società che gli Ebrei Charono Cuchino, Fariono de Medico e Amuruso de Marsiglia costituirono con Israel de la Perna. I tre consegnarono a Israel una certa quantità di coralli «comunis laboris et forme pro ut currunt comuniter» per un valore di 1O onze in ragione di 28 tad a libbra (prezzo dei piu elevati fra quelli rilevati durante il XV secolo), che Israel avrebbe dovuto vendere «tam intra Trapani quam extra infra regnum Sicilie et precipue in urbe Panormi». Se Irael avesse voluto «paternostri grossi in alia forma rotundis vel aulivecti ut dicitur seu allintichi» gli sarebbero stati affidati per il prezzo al quale si solevano vendere i paternostri grossi, e comunque per una fornitura che non doveva superare le 10 onze.95
Bresc vede in questa società il tentativo degli artigiani di sottrarsi ad un monopolio che li voleva assoggettati ai mercanti. Di fatto nell'atto non c'è alcun riferimento, né esplicito né sottinteso, a questa circostanza.96
La via preferenziale nel commercio del corallo mediterraneo restava, però, quella per l'Oriente.
Anche nel tardo '500 da tutti i luoghi di pesca e di lavorazione partiva corallo verso i grandi mercati di consumo del Levante.
«Ne va gran quantità ogn'anno in Alessandria d'Egitto in Levante e in Lisbona di Portogallo in Ponente, dai quali due lochi dapoi egli è da' marcanti in India portato, dove da quelle genti orientali, cosi il ruvido et incolto, come il lavorato, a gran prezzo si compra».97
L'imbarcazione qui riprodotta è illeudo genovese «Felice Manin» che fu varato a San Michele di Pagana nel 1893.
Il leudo è stato utilizzato per circa 150 anni (dagli inizi del XIX secolo fino all'ultimo dopoguerra) e poifu progressivamente abbandonato. L'armamento caratteristico è un albero molto appruato sul qùale veniva issata una vela latina inferta su di una antenna (la cui lunghezza si aggirava sui 18 metri) formata da tre spezzoni saldamente connessi fra loro: il piano velico era completato da un fiocco murato sull'asta. o bompresso e issato sull'albero. Lo ·scafo di queste imbarcazioni, che talvolta raggiungeva i 20 metri di lunghezza, si modificava a seconda della destinazione: piu agile e filante quello delle unità destinate alla pesca (pesce e corallo) che si spingevano dalla Liguria verso la Sicilia e le coste del Nord Africa; piu tozzi e panciuti quelli che dovevano essere adibiti al trasporto di merci come granaglie, vino, formaggi, olio, (fino ad una portata di 30/40 tonnellate).
Il leuto genovese corrisponde alla bilancella impiegata a Trapani e in Sardegna anche per la pesca del corallo e al piu antico ligudello o lautello o lauto, legni particolari per traffici e per la pesca nel Canale di Sicilia.
Una parte, tuttavia, restava in Europa, ma era destinata quasi esclusivamente ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Alla fine del 600 erano i Genovesi ad inviarne grandi quantità in Spagna dove venivano destinate al consumo locale, ma forse servivano per ampliare la gamma delle merci utilizzate dai Barcellonesi nei loro traffici.
Vendita del grezzo e sue classificazioni
A Trapani del corallo grezzo si faceva una classificazione che andava dal buono al sottoprodotto, cioè dal «bono utile et mercantile» si passava al «malminuto», «terracio», «marczo» il che fa ritenere che nella prima categoria si includeva il prodotto buono-medio, cioè i rami di sezione grossa e a grana compatta.
A Napoli, invece, le qualità erano articolate in «branchium», «bonum et aptum ad recipiendum», «terracio seu residuo». Nella prima classe venivano inseriti i rami che avevano un peso superiore a mezzo rotolo (piu di 400 grammi).
Il prodotto con prerogative appena inferiori a questo era considerato di valore medio, mentre il corallo troppo frammentato o magari camolato costituiva l'ultimo stadio.
Ovviamente la corrispondenza con i prezzi era· immediata: le «branchia» si vendevano al migliore offerente in considerazione soprattutto della loro destinazione (essenzialmente venivano impiegate per fabbricare grosse collane, per l'incisione o per l'esposizione nei musei naturali e nelle gallerie dei privati) e della consistenza della domanda. Il prezzo della qualità media si attestava sui 3 tari per ogni rotolo, mentre gli scarti si pagavano ad una cifra decisamente inferiore.
A Trapani, invece, il tipo pregiato-medio si vendeva ad un prezzo oscillante da 3 tari, a 3 tari e 7 grana al rotolo, a seconda del luogo di pesca98 e quindi della qualità.
Gli scarti si commerciavano al prezzo medio di 1 tari per rotolo.
I prezzi praticati sulle due piazze erano apparentemente identici. Di fatto, invece, cosi non era, in quanto il rotolo napoletano corrispondeva a 891 grammi, mentre quello siciliano equivaleva a 793 grammi.
Ad una prima osservazione, dunque, il prodotto pescato e venduto in Sicilia aveva una quotazione piu elevata. Ma cosi potrebbe non essere se si tiene presente che i rami piu grossi a Napoli venivano considerati prodotto extra, mentre in Sicilia restavano inseriti nella partita di corallo classificato genericamente buono.
Altro elemento, che diversificherebbe i prezzi delle due piazze, potrebbe essere quello relativo al costo dell'attività di pesca.
Nel napoletano era necessario un esborso per ottenere il rilascio del «salvaconductum», cioè il permesso di pesca, mentre Trapanesi, Siracusani e Messinesi ne erano esentati. Quindi, se i prezzi di vendita potrebbero essere stati equivalenti, certamente non lo erano gli utili.
Che non ci fosse, poi, un rapporto di perfetta equivalenza è dimostrato dal fatto che talvolta i Siciliani vendettero corallo ai Napoletani che ne importavano anche dai Genovesi; ma talaltra le parti si invertivano. Le oscillazioni dei prezzi fra le tre regioni piu all'avanguardia nella pesca e nella lavorazione del corallo, comunque, non dovevano essere troppo rilevanti.
ATTENZIONE PER VOLONTA' DELL'AUTORE IL CAPITOLO E' INTERROTTO
A Trapani questo avveniva agli inizi del XIX secolo, come è rilevabile anche dal contratto stipulato fra Maestro Baldassarre Sammartano e Antonino Sammartano, rispettivamente zio e nipote.124
L'artigiano affidò al nipote una partita di «lavori di corallo ligati in oro e senza ligati, giogali ed altre galanterie... ad effetto di vendersi... nell'isola di Malta per li rispettivi prezzi valutati, e descritti nella preinserta nota cosi di patto e non altrimenti».
Il valore complessivo ammontava a 306 onze, 26 tari e lO grana. Un compenso di 4 tari sarebbe stato corrisposto ad Antonino Sammartano nel modo seguente: «tari 3 per ogni giorno al suddetto Antonino in detta isola di Malta, e tari 1 e grana 10 per ogni giorno in questa città alla moglie del nipote Antonino Sammartano e ciò in denaro contante di giusto numero e peso fuori Banco».
L'elencazione, in appendice del contratto, dei «lavori» consegnati al viaggiatare (in data 26 luglio 1812) dà un quadro abbastanza chiaro sulla produzione di oggetti in corallo che si faceva a Trapani agli inizi del XIX secolo.
Si riportano qui di seguito i pezzi che vengono ritenuti piu significativi:
Sempre ad Antonino Sammartano, un artigiano locale, Giovanni Ramella, affidò una serie di oggetti in ambra (per un valore di 20 onze e 26 tari), da vendersi anche questi nell'isola di Malta.
85 M. Vocino, Corallini e corallari, in "Prospettive Meridionali», 6 giugno 1956, pag. 19.
86 F. Podestà, La pesca del corallo in Africa nel Medio Evo e i genovesi a Marsacares, Genova 1897, pagg. 19 e segg.
87 M. Del Treppo, I mercanti catalani e l'espansione della Corona d'Aragona nel secolo XV, pag. 76.
88 H. Bresc, op. cit., (Notai liguri del secolo XII, Genova 1938, n. 133) pag. 132.
89 AST - Notaio Giacomo Miciletto, 14 novembre 1448, XII Ind., cito da C. TrasselIi, Sicilia Levante e Tunisia nei secoli XIV e XV, pag. 21.
90 G. Tescione, Italiani alla pesca..., pag. 41.
91 Con sentenza del 18 agosto 1477 la R. Camera accolse il ricorso e decretò che a carico del mercante doveva essere applicata la sola imposta fissata da Carlo di Durazzo fin dal 1383 che prevedeva il pagamento dell'l per cento sulle merci in transito dal porto di Napoli. In G. Tescione, op. cit.
92 AST - Not. Nicolò Cirami, 20 ottobre 1477, XI Ind. Testimoni: Antonio del fu Nardo de Florio, Giovanni de Alcamo e Lorenzo Lioremanu.
93 AST - Not. Nicolò Cirami, 31 ottobre 1477, XI Ind. Testimoni: Nicolò Martino e Nicola de Barbara.
94 AST - Not. Giovanni Pantana, 13 ottobre 1477, XI Ind. Testimoni rispettivamente: 1) Francesco Sibiki, Conninus de Albisano, Nicola del fu Lemni de Bandino, Francesco Corso; 2) Giovanni Urlandino, Antonio del fu Filippo Bandino, magister Sandra de ... (illegibile) et Gamerius de Romano.
95 AST - Not. Giovanni de Nuris, 20 febbraio 1427, V Ind. Testimoni: Nicola de Riccio, Giovanni Formica, Aloysio de Ganchio.
96 H. Brest, op. cit., pag. 45.
97 G.F. Pugnatore, op. cit., pag. 161
98 Piu elevata quotazione di mercato aveva quello pescato nel mare di San Vito Lo Capo.
ATTENZIONE PER VOLONTA' DELL'AUTORE IL CAPITOLO E' INTERROTTO
124 AST - Not. Mattero Mauro, 5 agosto 1812, XV Ind. Testimoni: Domenico Lombardo e Carmelo Calvino.
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DEDICATO A: Mario Tartamella
1986 © Copyright by Maroda Editrice
I Edizione Aprile 1985 Il Edizione Ottobre 1986
Per il cortese contributo di esperienze, si ringraziano le famiglie: Adragna, Alagna, Barraco, Barresi, Burgarella, Cammareri, Cardella, Cirafici, Curatolo, D'Ali, D'Angelo, Fardella, Fa da le, Giacalone-Salvo, Governale, Ingarra, La Porta, Manzo, Marini, Marotta, Matranga, Messina, Orbosué, Parigi-Fontana, Romano, Todaro, Virga; nonché le Dirigenze del Museo Regionale «Pepoli» di Trapani e del Castello di Boloeil.
Un ringraziamento particolare al dottore Aldo Sparti (Direttore dell'Archivio di Stato di Trapani) per la costante e dotta disponibilità.
Fotolito: GAMBA - Roma
L'impaginazione delle tavole a colori è stata curata dall'Editecnika srl Palermo-Trapani
Fotocomposizione e stampa: Arti Grafiche Siciliane - Palermo
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