Cap III - La mattanza "atto sacrificale"

2 - Il rais "sacerdote" della mattanza

Quando giunge il periodo in cui i tonni si dirigono verso determinate zone con lo scopo di deporre le uova, spinti dall'esigenza di procreare, fremono i preparativi per la mattanza.
La rete con le varie camere, che saranno fatali ai tonni, è già piazzata nelle zone strategiche.
C'è un uomo appostato sopra una barca che avverte, tramite i fremiti di una lenza, quanti tonni sono entrati.
La notizia viene data al rais che ordina la mattanza per il giorno seguente all'alba, premesso che il mare sia calmo e in questo caso si fiutano il vento e le correnti.
Ed è ora che inizia il compito della figura ieratica del rais per dirigere e ordinare l'andazzo della mattanza, così come lo era per lo sciamano che entro la grotta del genovese guidava e ordinava i riti iniziatici, come ci testimoniano le arcaiche figure raffigurate sulle pareti della grotta (che ci tramandano con un linguaggio figurato, una testimonianza da decodificare e capire).
All'alba, l'equipaggio è già pronto e le nere barche si legano l'una all'altra per essere rimorchiate da un solo barcone.
Appena giunti al palo di S. Pietro, la sciambica⁽⁸⁾ del rais si ferma e automaticamente tutta la processione di barche si arresta.
Ora il capo si toglie con solennità il berretto e lo stesso fanno tutti i tonnaroti e nel silenzio si ode soltanto la voce del rais che intona queste preghiere:

"Un Credu o Signuri...
una Salve Regina a Maronna ri Trapani..."

Gli uomini rispondono:

"Una reca materna all'armiceddi Santi priatori nostri morti".
"Chi Diu lu facissi!"

rispondono, ancora, i tonnaroti.

"Bongiorno a tutti"

conclude il rais e si rimette il berretto.

Le preghiere hanno dato alla scena una strana solennità, gli animi sono pronti e quieti, ognuno si fa erede di un archetipo che affonda le sue origini nella notte dei tempi e ogni gesto assume la solennità di un rito liturgico.

⁽⁸⁾ La barca