Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
LA MATTANZA pesca sacra di Beatrice Torrente


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Cap II - Nasce al tonnara in Sicilia


1-La pesca del tonno presso i Fenici e i Greci

Il resoconto cronologico viene interrotto da circa dieci secoli di silenzio, per poi ricomparire in epoca storica, documentato da fonti scritte ben precise.
Così da Strabone apprendiamo che i Fenici arrivarono fino alle colonne d'Ercole per intercettare i branchi di tonni e che a Cadice avevano creato un centro per la lavorazione della carne del tonno.
Questa testimonianza è molto preziosa perchè ci dice che già al tempo esistevano mezzi particolari di pesca per catturare numerosi pesci, e nello stesso tempo ci dice circa la conservazione, più o meno elaborata, del pesce sotto sale.
La notiza inoltre convalida la teoria della migrazione atlantica dei tonni.
I Fenici, inoltre, che è accettato praticassero tale pesca lungo le coste spagnole, sembra l'abbiano insegnato ai Sicani, antichi abitatori della costa occidentale della Sicilia.
A comprova dell'importanza che tale pesca ebbe, sia per i Fenici che per i Cartaginesi, compaiono, dal secolo V a.c. le loro monete con l'effigie del tonno.
Anche per i Greci, protagonisti nel Mediterraneo fin dal secolo VIII a.c., questa pesca dovette avere una particolare importanza. Infatti le coste, che loro occuparono, sono disseminate da località nel cui nome è contenuta la parola "cete" che significa appunto tonno.
In Sicilia sia i Greci che i Romani chiamarono, infatti, Cetaria quel tratto di costa che va da Segesta a Capo S. Vito.
La prima testimonianza scritta sulla capacità dei Greci per la pesca del tonno, la troviamo in una tragedia di Eschilo del V secolo a.c. "I Persiani".
Nella tragedia infatti si parla di un nunzio che portando la notizia della sconfitta navale di Salamina paragona i nemici sconfitti a pesci e tonni che caduti dentro una rete vengono bastonati per essere pescati.
La similitudine ci dice chiaramente che presso i Greci già era conosciuta e praticata la mattanza dei tonni e che esisteva già una rudimentale tonnara dato che vengono pure menzionate le reti.
Ma di quale tipo di tonnara si trattava? Con molta probabilità di "tonnare volanti", cioè di tonnare che venivano calate appena i tonni venivano avvistati dalle vedette e che gli stessi tonni, con 1'ausilio delle barche, venissero fatti convogliare in acque basse compatibili con il pescaggio delle reti.
Si presume che qui i tonni venissero poi uccisi in modo rudimentale, con bastoni e mazze.
Da altre fonti si sa anche che i Greci pescavano il tonno con ami molto grossi ai quali venivano appesi, come esca, un pezzo di panno e una piuma d'uccello(6).
Nel secolo IV a.c. compaiono intanto dei labirinti di reti che servivano per arrestare i tonni di passaggio alle bocche del Ponto ed esistevano dei "tonniscopi" per sentire i tonni in arrivo.
Piuttosto avanzata era anche presso i Greci la tecnica per la conservazione del tonno sotto sale, che veniva venduto in grossi tranci a buon mercato.
Sembra che il tonno salato fosse preferito a quello fresco.
Un cibo più raffinato e destinato a poche mense era invece il tonno marinato con olio e aromi orientali.
Sempre dai Greci viene inoltre avanzata per la prima volta la teoria della migrazione atlantica dei tonni, che sarà poi sostenuta in futuro.
Infatti nel IV secolo a.c. Aristotele nella sua "storia degli animali" oltre che presentarci una conoscenza biologica del pesce, molto accurata, ci parla anche di tale migrazione.

(6) È curioso constatare come ancora oggi, i pescatori delle Egadi, usino questo tipo di pesca rudimentale, detta in gergo marinaio "Traina" ed è ancora più curioso notare l'efficacia visto l'abbondanza dei pesci che si prendono.
2 - I Romani e la nascita della tonnara Furono i Romani, in seguito, che si fecero eredi, tramite la trasmissione orale dell' esperienza di tale pesca, anche se nulla sapevano di Aristotele e di Eschilo. E questa conoscenza determinò moltissimo la nascita della prima tonnara, che nasce appunto per opera dei Romani. Diversi studiosi in epoca romana studiarono molto la vita del tonno: ne parlò Poli bio nel II secolo a.c., Strabone nello secolo a.c., Plinio il vecchio nello secolo d.c., Galeno e Oppiano nel II secolo d.c., Eliano nel 111 secolo d.c., e tanti altri. Il mare di quel tempo era di una ricchezza particolare e Roma con l'abilità che le era propria, non ignorò l' importanza rappresentata dal tonno come fonte di sostentamento. 37 Sempre in epoca romana troviamo la denominazione di "Cetaria" data alla costa occidentale del Golfo di Castellammare ove si presume dovessero funzionare delle tonnare, anche se la legislazione di Roma vietava resistenza di costruzione o reti fisse nel mare che era considerato "res communis omnium", cioè bene di tutti. Ma a proposito della pesca del tonno, vi erano delle concessioni particolari, anche se le reti delle tonnare non erano fissate sul fondo. Un poeta naturalista, del Il secolo d. c., Oppiano di Cilicia ci descrive molto bene una tonnara romana(7). Dopo l'abbondante pesca i pesci più belli e grossi, venivano sacrificati in ringraziamento, al dio Nettuno. In epoca romana, quindi, tutti gli elementi che caratterizzano le tonnare del nostro tempo, erano presenti, compreso quello a carattere religioso. L'insieme delle reti, quello che i tonnaroti chiamano "rizza", dai romani era detta "magna retia ", una terminologia quindi che ha le radici proprio in epoca romana. Ma la caduta dell'impero romano e le invasioni barbariche misero, in seguito, a tacere anche l'umile mondo di questi pescatori. (7) "Si calano nelle acque reti, la cui disposizione assomiglia a quella di una città. Vi sono camere e porte profonde, gallerie ed atrii e cortili. I tonni arrivano veloci, serrati come falangi d'uomini che marciano schierati: ve ne sono di giovani, vecchi, adulti. E nuotano innumerevoli dentro le reti e il movimento si ferma solo quando si vuole o quando non vi è più posto per nl.1Oviarrivati; allora si tira la rete e si fa ricca preda di eccellenti tonni". 3 - Floridezza delle tonnare sotto Arabi, Normanni e Svevi Nessuna documentazione particolare ci è pervenuta che ci possa dire qualcosa delle tonnare durante l'alto Medioevo. Notizie invece si hanno per quanto riguarda 1'epoca Bizantina in cui una legge particolare vietava la pesca nelle zone vicine gli impianti della tonnara. L'attrezzatura per la pesca era fissata a due pali sulle spiagge per poi prolungarsi verso il mare. In seguito a tali leggi, le prime in ordine di tempo, se ne aggiunsero delle altre, cosa che indica l'importanza che tale pesca andava assumendo. Fu comunque sotto la dominazione Araba che le tonnare raggiunsero il loro massimo splendore e precisamente nell'VIII, IX e X secolo. Sembra che la tonnara di Favignana, sia sorta nell' 807 anche se non si hanno delle fonti particolari circa il periodo precedente. Intanto nuovi impianti sorgono in Sicilia, Africa e Spagna .. La maggior parte della terminologia che si usa e i canti della mattanza provengono dagli Arabi, anche se questi non hanno apportato novità particolari nella struttura della tonnara. I Normanni, all'inizio dell'XI secolo, diedero un altro decisivo incremento a questo tipo di pesca. Sotto Ruggero Il le tonnare dipendevano direttamente 39 dalla corona e venivano concesse ai privati in appalto. Vennero poi istituite le decime per il vescovado di Mazara sulle tonnare della diocesi. Guglielmo il Buono nel 1176 fece dono delle tonnare di Isola delle Femmine ai Benedettini di Monreale. Il geografo arabo Edrisi parlando delle tonnare siciliane cita anche Trabia, Caronia, Olivieri, Milazzo, Trapani e Castellammare. I Normanni inoltre favorirono molto lo sviluppo delle saline il cui sale era molto utile per la conservazione del tonno. 4 - Importanza delle tonnare siciliane e immunità giudiziaria Sotto la dominazione angioina, nel 1266 le tonnare del trapanese erano: S. Teodoro di Marsala, Monte Cofano, Bonagia, Favignana, Scopello e Castellammare del Golfo. In questo periodo l'abbondanza del pescato consentiva anche l'esportazione del tonno sotto sale, la "tonnina", fino a Napoli. Ma purtroppo la minaccia delle navi corsari, che usavano le coste delle Egadi come nascondiglio, fece mettere fuori servizio, per un certo periodo, la tonnara di Favignana. Ma nonostante ciò è questo il periodo in cui le tonnare siciliane conoscono il loro massimo sviluppo e rappresentano, nello stesso tempo, la massima industria locale. A comprova dell' importanza che le tonnare ebbero in questo periodo vi era una legge particolare secondo la quale chiunque lavorasse nella tonnara, dal garzone al 40 titolare, godeva, nella stagione della pesca di una immunità totale da ogni procedimento giudiziario, sia esso penale che civile. Si lavorava secondo un contratto stagionale e si aveva anche diritto a tenere una parte del pescato ed in più i pesci minori che venivano presi nella tonnara, come palamiti ed altri. All'ammiraglio del regno e ai viceammiragli di Messina e Trapani spettava il compito di vigilare sulle tonnare e a loro spettava un tonno da ogni tonnara. Il pesce veniva sempre conservato sotto sale e sempre in questo periodo le saline di Trapani forni vano le tonnare di Castellammare, Monte Cofano, Bonagia, S. Cusumano, S. Giuliano, Scopello, Favignana, S. Teodoro, Magazinazi, Siccara, Carini, Capo Boeo, Mazara e S. Vito. Intanto nel 1445, compare per la prima volta la tonnara di Formica e precisamente in un documento che attesta la riscossione delle decime da parte del vescovado di Mazara del Vallo. Nei secoli XV e XVI tale pesca conosce ancora, una nuova fioritura in modo particolare nel Trapanese, a cui si affianca anche la lavorazione del corallo. Si può affermare che, nonostante la minaccia dell' incursione dei pirati, a Trapani si afferma più che mai quella che può essere chiamata "la civiltà del mare". 5 - Le tonnare sotto la dominazione Spagnola Nel 1600, periodo della dominazione spagnola è particolarmente fiorente la tonnara di Favignana, tanto da essere definita dal Polizzi, bibliotecario della Fardelliana, 41 .. t a Trapani, "regina delle tonnare siciliane e una delle più ricche del Mediterraneo". Tutta l'attrezzatura di questa tonnara è di appartenenza della corona spagnola che la concedeva in appalto. Ma le guerre delle Fiandre, che la Spagna combattè nel secolo XV, dissestarono le finanze della corona che fu costretta ad accettare prestiti. Un prestito particolare le venne fatto dal genovese Camillo Pallavicino che volle in garanzia le isole Egadi con relative tonnare e mare circostante. Tale atto venne poi convertito in vendita definitiva il 16 Dicembre del 1637. Intanto i tonnaroti di Trapani, considerati i più qualificati di tutto il Mediterraneo, erano molto ricercati all'estero ove diedero vita alla maggior parte delle odierne tonnare. E di tale persone si hanno notizie ben sicure: Antonio Lo Liscio che lavorò in Spagna, Lorenzo Costa in Francia e altri che costruirono tonnare nell'Isola di Gerbo e sulla costa di Barberia. Anche in Sardegna esistevano tonnare molto importanti anche se di minore entità. Frattanto nel 1600 presero anche forza gli studi su questo pesce fonte di ricchezza e di attività. Ippolito Salviani e Ulisse Aldrovanti furono i primi, seguendo le tracce di Plinio e di Aristotele, per poi arrivare nel 1700 a Francesco Cetti che porta argomentazioni ben precise sulla teoria migratoria del pesce. 6 - I Florio e le nuove tecniche della tonnara I successori dei Pallavicini, nell' ottocento, s' imparentarono con i Rusconi di Bologna, che divennero, insieme ai primi, proprietari delle Egadi. Ma, nello stesso tempo, sorgeva a Palermo la potenza finanziaria di Vincenzo Florio, impegnato in molte attività industriali e commerciali. Non poteva quindi sfuggirgli che il benessere di molti siciliani e della nobiltà spagnola dipendeva dalle tonnare, ma nello stesso tempo capi va che l'attrezzatura delle tonnare' era gestita male e che occorrevano delle innovazioni per farIa fruttare ancora di più. Nel 1829 Vincenzo Florio si getta nella nuova impresa e acquista la tonnara di Arenello, vicino Palermo e prende in appalto quelle di Vergine Maria, S. Nicolò e Solonto sempre nel palermitano a cui si aggiungeranno quelle di Favignana, Formica, Scopello e S. Giuliano nel Trapanese. ' Il trentenne imprenditore Vincenzo Florio si diede subito allo studio delle tecniche della tonnara, si mise alla scuola di esperti rais e in poco tempo divenne un esperto nel campo. Dopo la fase dello studio entrò in azione con una tecnica innovativa che rivoluzionava, dopo secoli e secoli l'uso e la vita delle tonnare stesse. Non si può nascondere che doveva essere dotato di un carisma particolare per convincere le ciurme dei 43 tonnaroti a modificare il loro ritmo secolare, cosa che nessuno prima di lui era riuscito a fare. Le innovazioni più importanti furono la fissazione del-o la rete sul fondo e la "mantoleva " che permetteva la cattura singola dei tonni. A queste novità se ne aggiunsero altre sulle barche e nelle manovre, finchè si arrivò ad un record assoluto di pesca e cioè 3000 tonni catturati in un giorno. Ma la particolare novità apportata da Vincenzo PIorio fu nella lavorazione, ove riuscì ad utilizzare tutte le parti del pesce, anche, quelle che venivano scartate, spremendole per ricavarne farina ed olio. Oltre a questo fu anche il primo a sperimentare la conservazione del tonno sott' olio, iniziativa destinata poi ad invadere il mercato di tutto il mondo. Nel 1859 i Pallavicini diedero in appalto al genovese Giulio Drago le tonnare di Favignana e Formica. Quando morì l'ultimo dei Pallavicini il genero Durazzo insieme ai Rusconi decisero di vendere le Egadi. Ignazio Florio, figlio di Vincenzo, non si lasciò sfuggire l'occasione e corso a Genova riuscì a comprare, battendo ogni concorrente. Così, nel 1874 le Egadi, con annesse le tonnare e il mare circostante, divennero proprietà dei Florio per una somma di f 2.700.000. Quando ad Ignazio si associò il figlio Vincenzo, l'atto venne confermato con un decreto emesso dalla prefettura di Trapani. Ignazio Florio si dimostrò degno successore del padre e sotto di lui la tonnara di Favignana ebbe uno sviluppo e una fioritura senza pari. 44 Una lapide muraria ricorda, come nel 1874 furono pescati 10.159 tonni con l'a1lora rais Casubolo. Ma, alla morte del padre, Vincenzo Florio, non seppe reggere le redini dell'immenso impero economico ereditato. Una vita fatta di agi e di lusso, associata al dramma inspiegabile della morte dei suoi bambini, avviarono l'uomo e il suo impero verso il declino. Ben presto casa Florio fallì. 7 - I Parodi ultimi proprietari Nel 1937 il destino delle tonnare passò nelle mani dei Parodi di Genova. Sorse allora una Società anonima che portò il nome prestigioso dei "Fiorio" . In seguito la società si trasformò in S.P.A. di cui Luigi Parodi è l'attuale amministratore delegato e azionista. Oggi tutte le tonnare siciliane, che tanto splendore conobbero, sono inattive. Uniche superstiti rimangono quella di Favignana e una sulla Costa trapanese. I motivi della decadenza sono da imputare alle così dette "tonnare volanti" dei giapponesi e degli italiani di Salerno, di Vibovalenza, di Palermo ed, in parte anche, all'inquinamento acustico dei vari tipi di imbarcazioni che so1cano quel tratto di mare.



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I quadernetti
Collana "CLIO"
BIBLIOTECA D'ARTE
E CULTURA
diretta da
Marco Lucio Papaleo

ASSOCIAZIONE
CULTURALE
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"THALIA"


Ringrazio l'amico
Nino Barone,
poichè parlando
di mattanza
mi ha proposto
questo libro.


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