Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

RITORNO AL FEUDO

di Alberto Barbata



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La Società Agricola Cooperativa di Paceco

Passeranno ancora alcuni anni e l'esperienza vivificatrice dei Fasci Siciliani costituirà per Paceco una prima base di lancio per arrivare alla cooperazione che culminerà con la costituzione nel 1901 della Società Agricola Cooperativa, i cui animatori saranno Giacomo Spadola e successivamente Pietro Grammatico, giovane dirigente contadino che riesce con il suo entusiasmo, con la sua carica appassionata e la sua oratoria, a galvanizzare i contadini dell'epoca.
I socialisti di Paceco avevano gettato negli anni 1893 e 1894 un germe nuovo con l'organizzazione del Fascio; la reazione Crispina travolse, però, questa grande inizia­tiva in embrione. Giacomo Spadola non dimenticò questa esperienza e fu uno dei primi, insieme a Bernardino Verro a Corleone, a non abbandonare il terreno di lotta, attraverso la organizzazione cooperativistica.
Nella provincia di Trapani, infatti, questa continuità ci fu, cioè i socialisti non abbandonarono il campo.
Giacomo Montalto rimase nel campo socialista e Giacomo Spadola ritentò, stavolta con la via dell'organizzazione, e forte dell'esperienza dei Fasci, costituì, insieme a Vincenzo Pipitone, che rappresentava evidentemente l'uomo di prestigio politico, la prima cooperativa agricola, nel 1901. Una cooperativa che occorrerebbe studiare in maniera approfondita, proprio per mettere in evidenza le componenti che l'avevano fondata e formata.
Tra la vocazione socialista di Spadola e dei suoi compa­gni e una certa remora radicaleggiante portatavi da Vincenzo Pipitone che ne fu il Presidente onorario, in questa cooperativa si arrivò in maniera più concreta a quella fusione, a quella saldatura tra ceti sociali diversi che in fondo era il sogno dello stesso Giacomo Spadola. Il suo sogno era quello di unire insieme braccianti poveri e piccoli proprietari, trascinarli su di un terreno di responsabilità e di autonomia economica.
Moltissimi furono allora i problemi che dovette affronta­re la cooperazione siciliana e quella trapanese in modo particolare.
La cooperazione non era e non è un fatto rivoluzionario. La cooperazione deve muoversi perché ha bisogno di crediti, si muove in un contesto borghese, ha bisogno di utilizzare le strutture, le risorse e le possibilità di movi­mento di una società che obiettivamente è fondata sul profitto e la cooperazione non può essere evidentemente una cellula rivoluzionaria, cioè dalla cooperazione non si può passare al socialismo.
A Paceco la Cooperativa riuscì ad essere organizzata con grande successo. La storia di questa Cooperativa è entra­ta ormai nei manuali scolastici della Storia d'Italia come un esempio di partecipazione, di formazione di una coscienza contadina nuova. E' un episodio significativo nella storia di un Mezzogiorno che purtroppo era relegato ai margini della lotta politica moderna.
La Cooperativa che era collocata in un grande caseggia­to di via Regina Margherita, l'odierna sede delle Suore dell'Incoronata e dell'ex Mulino Pollina ("'a casa di cesarò mezza lesta e mezza no") raggiunse, prima dell'avvento del fascismo che poi sciolse tutte le cooperati­ve non solo di Paceco ma tutto il movimento della cooperazione italiana, un livello altissimo tanto da indurre nel 1922 il giornale "La Cooperazione Italiana", organo della Lega nazionale delle cooperative, ad inviare un suo giornalista, Olindo Gorni, a Paceco per un ritratto da vici­no di quanto avevano realizzato i contadini di questo paese solare appena alle porte della città di Trapani. La Cooperativa aveva 1334 soci, con un capitale azionario di L. 73225 ed aveva in affitto la Parecchiata Pergola, il latifondo Misiliscemi, Runza, Gencheria, Formosa, Xiggiare ed il feudo dei Conigli. [La Cooperativa, scriveva Olindo Gorni, è in Sicilia, e dovunque c'è latifondo, quello che è la Lega di resistenza nell'Emilia. Compie principalmente una funzione di resistenza: la funzione di produzione viene in un secondo tempo, col perfezionarsi della coscienza cooperativa].
Un'epopea è stata la storia di questa Cooperativa che ha dato tanto onore a Paceco e che ha segnato il momento migliore della sua storia. Dall'immenso lavoro di questi poveri contadini è nata una coscienza nuova della solidarietà che ha dato origine a tante altre realizzazioni, la prima delle quali fu la "Cassa Rurale ed Artigiana", da cui l'odierna Banca di Credito Cooperativo "Sen. Pietro Grammatico".
Gorni concludeva il suo ritratto affermando [tale è la entità e l'ordinamento della Cooperativa di Paceco. Entità notevole; ordinamento che sarebbe suscettibile di modificazioni].
"I sistemi di conduzione e di coltivazione in uso in quei paesi sono talmente radicati nelle condizioni dell'ambiente e nelle abitudini della massa da rendere assai difficile l'introduzione di miglioramenti anche di minima entità. I lavoratori siciliani compiono già uno sforzo note­vole e lodevole quando si associano in Cooperative e mantengono vive - com'è possibile - le loro associazioni"
All'interno dell'articolo una fotografia grande della facciata della cooperativa con i carretti pronti alla partenza, unica immagine rimasta a testimonianza dell'immane lavoro e delle lacrime di tante donne e uomini del bel paese che amavano fortemente e che desideravano migliorare e far crescere come realmente avvenne.



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Ringrazio l'amico

Vito Accardo

per avermi fatto conoscere l'Autore



Da una conversazione
con i soci de
"La Koinè della Collina"

22.07.2006 ore 21.00

Feudo Borromeo (Burrumia)

Le foto sono state gentilmente concesse dall'architetto Carlo Foderà, Presidente del Club Amici Della Terra.

Si ringrazia la Banca di Credito Cooperativo Sen. Pietro Grammatico per l'aiuto concreto dato alla pubblicazione di questo volume.




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