Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

RITORNO AL FEUDO

di Alberto Barbata



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Feudo e Cooperazione

La storia della cooperazione in Sicilia passa necessariamente attraverso le vicende amare e crudeli che investono il latifondo.
Scriveva, nel 1907, il barone Antonio Méndola, illustre studioso di agronomia, nato a Favara, nel suo saggio [Il Latifondo]: "Esso è barbarico, perché rappresenta il deserto, la solitudine, la desolazione, e si regge fuori le regole della buona e razionale agricoltura".
"E' improduttivo al confronto della proprietà frazionata ed è perciò nocivo agli interessi economici del proprietario e della collettività sociale, ossia dello Stato". "Psicologicamente e moralmente parlando, degrada colo­ro che sono costretti a starvi, nell'ozio, nella sterilità, nella solitudine".
Scrive lo studioso Mendola che il latifondo per la grande estensione deserta, essendo fomite ed asilo di delinquenza, per necessità si converte in nido, scuola, centro perpetuo e sicuro di malandrinaggio, di camorrismo, di mafia e di tutte le varie forme di associazioni a delin­quere, che contaminano e disturbano la pace e l'interes­se pubblico; quindi il latifondo, conclude, rimane tra i grandi fattori della pubblica insicurezza.
Occorre non dimenticare che il latifondo, in Sicilia chiamato il feudo o meglio "u feu", essendo quasi sempre una vastissima estensione incolta, "ridotto a pascoli meschini", crea al suo interno "ristagno d'acque e mala­ria ed avvelena e deprime la salute della numerosa clas­se dei coltivatori dello stesso latifondo e dei prossimi campi e quella degli abitanti dei paesi vicini".
Mendola proponeva ed auspicava la sua immediata abolizione, al fine di un arricchimento migliore dello Stato e soprattutto del proletariato. Si restaurerà, sosteneva, la salute e la sicurezza pubblica, sarebbe sparita "una mac­chia di barbarie e di desolazione dentro l'ambito della civiltà attuale" e sarebbero apparse al suo posto "molte oasi composte di campi ubertosi e potenti elementi di solidarietà economica, sociale".
Siamo nel periodo aureo della propaganda socialista, si auspicava la nascita di cattedre ambulanti e di scuole pra­tiche di agricoltura sul piano pratico-economico, mentre il momento politico ed ideologico avanzava con la forza prepotente del riscatto delle masse dalla schiavitù dei padroni, dei nuovi padroni, i gabelloti alla Sedàra che avevano sostituito, soprattutto dopo la Unità d'Italia, la vecchia classe nobiliare in declino totale dopo la fine del­l'ancìen regime che in Sicilia porta la data del 1812, fine della feudalità e nascita del nuovo ordinamento ammini­strativo e politico del regno delle Due Sicilie.



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Ringrazio l'amico

Vito Accardo

per avermi fatto conoscere l'Autore



Da una conversazione
con i soci de
"La Koinè della Collina"

22.07.2006 ore 21.00

Feudo Borromeo (Burrumia)

Le foto sono state gentilmente concesse dall'architetto Carlo Foderà, Presidente del Club Amici Della Terra.

Si ringrazia la Banca di Credito Cooperativo Sen. Pietro Grammatico per l'aiuto concreto dato alla pubblicazione di questo volume.




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