Archivio culturale di Trapani e della sua provincia

RITORNO AL FEUDO

di Alberto Barbata



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Dal Feudo al latifondo

Nel napoletano, dal punto di vista giuridico, il feudo č scomparso o č stato eliminato nel 1806, a Napoli dove c'era Napoleone, mentre in Sicilia nel 1812, allorquando vengono eliminate le comarche ovvero cessa la feudalitą, quella feudalitą non erede dell'antico feudalesimo euro­peo, di marchio medievale, ma quella feudalitą di etą moderna che possiamo dire nelle Due Sicilie portava il marchio, invece, di etą spagnola, del viceregnato, dal secolo XV in poi.
Dąl punto di vista giuridico č chiaro che il feudo č diver­so dal latifondo, mentre sotto l'aspetto strutturale e anche per certi aspetti formale, spazio-tempo, il latifondo ha sostituito in pieno il feudo, sia per quanto riguarda la struttura agronomica, sia per quanto riguarda la gestione e la contrattazione agricola, con la differenza che al posto della vecchia nobiltą agraria troviamo la nuova borghesia agraria, fatta di ex gabelloti, ex massari, per dirla in chia­ve gattopardesca "i Sedąra".
Perņ per lungo tempo i contadini continuarono a parlare del latifondo come "du feu", perchč per loro era una metafora, "feu" era per loro estensione, lontananza, per­chč per arrivarci, dicevamo, ci voleva un viaggio non indifferente, si diceva "chi ti nni vai o feu!", era una fuga, una lontananza, era un ricorso a qualcosa di lontano che resisteva nel tempo.
Infatti tutto questo, in fondo, si trova nella poesia popo­lare e dialettale. Alessio Di Giovanni, per esempio, parla di questa poesia del feudo, il poeta del feudo č Alessio di Giovanni, ripreso tante volte da diversi scrittori, tra i quali il nostro Mino Blunda, autore teatrale scomparso agli inizi di quest'anno, che parla nel suo Ferry-Boat dei "sereni pomeriggi del feudo".
La poesia di Alessio di Giovanni č importante non soltan­to per la struttura metrica e il linguaggio siciliano, quanto per il fatto che Alessio era un religioso, ma non un reli­gioso chiesastico. La sua religiositą non era nemmeno quella popolare, quella, per dirla alla trapanese, dei "misteri", ma una religiositą che promanava da una sorta di francescanesimo. Secondo lui i contadini del feudo erano, in pratica, gli artefici di un nuovo francescanesimo, perchč avevano questa capacitą di lavorare in povertą.
Di Giovanni quindi era un francescano, infatti Mazzocchi definisce la sua poesia francescana. Era francescana, per­chč la poesia del Di Giovanni era una poesia naturalisti­ca, esaltava la natura come San Francesco. Per cui l'acqua, gli alberi, il sole erano tutti come consustanziati alla men­talitą e ai riti della natura. Naturalismo come naturalitą.



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Ringrazio l'amico

Vito Accardo

per avermi fatto conoscere l'Autore



Da una conversazione
con i soci de
"La Koinč della Collina"

22.07.2006 ore 21.00

Feudo Borromeo (Burrumia)

Le foto sono state gentilmente concesse dall'architetto Carlo Foderą, Presidente del Club Amici Della Terra.

Si ringrazia la Banca di Credito Cooperativo Sen. Pietro Grammatico per l'aiuto concreto dato alla pubblicazione di questo volume.




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