Archivio culturale di Trapani e della sua provincia
Trecento anni di storia civile ed ecclesiastica del Comune di Vita
scritto dall'Arciprete Don Antonino Gioia


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Libro primo
STORIA CIVILE

Capitolo IV

UNA LEGGENDA

Espletate tutte le pratiche legali, il neo Barone si mise all'opera per attuare il disegno di colonizzazione del feudo e di fondazione del nuovo paese. In primo luogo, saviamente frazionò e concesse ad enfiteusi quasi i quatto quinti delle terre che costituivano l'intera baronia, eccettuate la montagna della Nivera, le cosiddette chiuse di Zito e la Giudea, mediante il pagamento di un canone annuo. Evidentemente tale frazionamento colle relative concessioni dovette essere una grande attrattiva per popolare il feudo. Imperocchè mentre prima i contadini a somiglianza dei servi della gleba o di schiavi venivano impiegati a dissodare, arare, fecondare la terra colla qualità di mal retribuiti braccianti o di angariati mezzadri, a tutto vantaggio dell'Ecc.mo Signor Conte di Modica Barone di Calatafimi o dei suoi aguzzini, ora colla generosa concessione del Barone Sicomo divenivano piccoli possidentì liberi e indipendenti nella gestione delle loro modeste aziende: in una parola da servi si elevavano al grado e alla dignità di possidenti.
Chi furono i primi abitanti di Vita? Le concessioni delle terre a chi vennero fatte?(1)
Una tradizione, leggendaria certamente, arrivata sino a noi, dice che il neo Barone per popolare la nuova terra abbia imitato l'espediente adoperato da Romolo per popolare Roma di recente fondata. La nota leggenda dice che Romolo per attirare nuovi abitatori nella sua città, abbia dato asilo a tutti i delinquenti delle regioni vicine e che per l'incremento della popolazione abbia fatto rapire dai giovani romani alcune donne sabine andate a Roma per assistere ad una festa.
Eccetto il ratto delle sabine, lo stesso avvenne, secondo la leggenda, a Vita.
Per popolare questo nuovo paese si dice che il Barone abbia dato asilo ai banditi, ai perseguitati dalla giustizia, ai delinquenti di ogni risma e di ogni specie, assicurando loro l'impunità per ogni sorta di reato commesso prendendoli sotto la sua protezione, purchè si mettessero sulla buona via e gli prestassero il debito ossequio di vassallaggio. Si dice ancora che oltre l'asilo abbia loro concesso le terre del suo feudo a condizione che si stabilissero nel nuovo paese insieme alle loro donne e pagassero un tenue censo annuo. Se anche ciò corrisponde a verità non faccia meraviglia perchè le città e i paesi che sorsero in quel periodo di tempo, che va dal 600 al 700, ebbero tutti o quasi tutti la stessa origine. La medesima storiella riguarda per es. il Comune della non lontana Paceco, sorta un secolo circa prima di Vita. (2)
Del resto se il Sicomo fondò Vita accogliendo malfattori, delinquenti, esiliati, banditi da altre Terre fu sempre un benemerito cui deve attribuirsi ogni elogio, se non altro per il fatto che con tal mezzo, rese feconda quella terra prima abbandonata, languente di sterilità, destinata agli armenti, e per avere ridotto colla disciplina e col lavoro, nell'orbita della legge tanti predoni, assassini che scorazzavano per le campagne e che vivevano di rapina in barba alle grida dei Signori, ed alle minacce di severissimi castighi, compresa la pena di morte.
Tutto questo io dico a giustificazione del Fondatore e sempre che la leggenda corrisponda a verità ma la leggenda è la leggenda, e non la storia, ed io ho delle buone ragioni per negarla.
Date le circostanze di luogo e di tempo, non escludo che essa possa avere qualche fondo di verità per qualche caso sporadico e raro; non escludo cioè che qua1che bandito possa essere stato accolto nella incipiente Comunità; fatto questo che forse diede origine alla leggenda, ma che Vita tragga i suoi natali da una accozzaglia di ladri, di omicida, di banditi è da escludersi completamente. Siffatta fandonia urta con il buon senso, colla dignità, colla prudenza, colla sapienza del Fondatore, e viene smentita dall'attento esame dei documenti ineccepibili che si posseggono. Il buon senso infatti giudica impossibile una Comunità di tal fatta, ed inutile, anzi dannosa, al pubblico bene perchè sarebbe stata contraria allo scopo per cui fu fondata, senza dire che, fra l'altro, avrebbe compromessa la serietà e la dignità del Fondatore. Il Sicomo pervenuto già all'apice della carriera e della celebrità, non era l'uomo da squalificarsi presentandosi nel Parlamento, nel foro, nei Tribunali, nel Consiglio della Corona c dell'Inquisizione fregiato del titolo di Barone di Vita, se questa fosse stata un covo di delinquenti.
La verità è che Vita sorse mediante l'afflusso di numerose e laboriose famiglie di agricoltori dei paesi vicini attratte dalle condizioni di favore offerte dal Sicomo per la rapida colonizzazione del suo feudo. Dai libri parrocchiali risulta che dal 16 Dicembre 1612 al 24 Novembre 1613, cioè nel primo anno di esistenza della Parrocchia che è coeva della nuova Terra, in Vita si ebbero ben 20 nascite. Ora 20 novelle culle non sono soltanto l'indice di altrettante famiglie, ma ci fanno rettamente pensare ad un numero non indifferente di abitanti della nuova Terra, In base ad una più rigida statistica, anche tenuto conto della rettitudine e della aurea semplicità degli sposi che certo non conoscevano la diabolica malizia dei nostri tempi, senza tema di peccare di esagerazione, possiamo calcolare che essi, cioè i primi abitanti di Vita, non dovettero essere meno di 400 o di 300. In tal caso è logico pensare ad una quasi contemporanea immigrazione di famiglie intere, più che accreditare la ignominiosa storiella dei banditi. Inoltre sebbene non si conosca, con certezza storica basata su documenti donde siano venuti questi primi abitatori, dai registri parrocchiali sappiamo donde vennero gli abitanti presenti nel primo tentativo di esistenza di Vita. E risulta che la massima parte di essi erano oriundi dalla città di Salemi e dalla Terra di Calatafimi. Ne1 1640 infatti sono notati 38 atti di battesimo. Di questi 38 neonati, 13 vennero alla luce da genitori oriundi da Salemi; 7 da Calatafimi; 3 da Sambuca; 2 da Gibellina; 2 da Partanna; 1 da Mazara; 1 da Marsala; 9 da Vita.

E furono padrini di battesimo:
N. 20 oriundi da Calatafimi; 17 da Salemi; 3 da Trapani; 2 da Palenno; 2 da Sambuca; 1 da Mazara; 1 da Alcamo.

Tali indicazioni mentre avvalorano l'affermazione di sopra espressa, cioè che i primi abitanti di Vita furono degli immigrati, nella massima parte, da Calatafimi e da Salemi, smentiscono la leggenda dei famosi banditi raccolti dal Sicomo, perchè è inverosimile che quei due paesi avessero tanta feccia di uomini da farne così larga esportazione.

APPENDICE


Elenco di alcune famiglie venute a Vita nell'anno 1312, cioè nel primo anno di fondazione. (3)
Coniugi Francesco e Petra La Sala Filippo e Antonia Giarratana, Vincenzo e Alberta Robino, Vito ed Elisabetta Liuzza, Antonio e Antonella Di Genua; Michele e Caterina Birtonino, Vito e Caterina Di Simoni, Pietro ed Elisabetta Pipitone, Filippo e Francesca di Missina, Matteo e Ursula di Gregorio, Filippo e Antonia Vanella, Gioacchino ­ Pietro e Caterina D'Amico, Lisi e Antonina Aguanno Marco e Angela Basili, Marco e Vita Grillo, Felici e Vita Tai, Giuseppe e Francesca Marascia, Roccu e Antonina Amico, Francesco e Lorenzo Bruno, Jacobo e Leonarda Saladino.

Elenco dei nati nell'anno 1613 (4)

Vito La Sala di Francesco, Antonina Giarratana di Filippo, Vita Robino di Vincenzo, Vito Di Genua Di Antonino, Geronino Liuzza di Vito, Anna Birtonino di Michele, Angela Di Simone di Vito, Michelangelo Pipitone di Pietro, Antonella di Missina di Filippo, Bartolomea Di Gregorio di Matteo, Annibale Vanella di Filippo, Vito D'Amico di Gioacchino - Pietro Antonino Aguanno di Lisi, Giuseppe - Carlo Basili di Marco, Giuseppe - Geronima Grillo di Marco, Caterina Tai di Felici, Angela Tai di Felici, Leonarda Marascia di Giuseppe, Vito Amico di Roccu, Vincenzo Bruno di Francesco.

Elenco di alcuni abitanti di Vita nel 1613 (5)

Maschi: Cola Castronovo, Giuseppe Calì, Natale Sparacino, Michele Bertolino, Pietro di Chiazza, Francesco di Trapani, Vito di Costa di Nicolò, Giuseppe li Basci, Matteo Pendino, M.o Geronimo Pisciotta, Antonino Camarata, Nardo di Lumbardo, Geronamo Bruno, Giuseppe Bianco.
Femmine: Giovanna La Giorgi, Giuseppa li Bassi, Francesca di Missina, Geronima Pindino, Angela di Meri, Sicilia la Costa, Antonetta di Genua, Antonina Bianco, Caterina di Simoni, Brizzida Cammarata, Caterina di Simoni, Antonina Basili, Caterina Cammarata, Vita D'Amico, Angela Lo Castro, Antonella Pipituni, Elisabetta La Tibauda.

(1) Vedi Appendice al capitolo.
(2) Vedi Giuseppe Morroy: storia di un borgo feudale del 600 pag. 160.
(3) Sono notate soltanto le famiglie che ebbero prole nel1'anno 1613. Di molte altre non si hanno notizie. V. Arch. parr., I libro dei battezzati.
(4) Vedi Arch. Parrocchiale: Primo l1bro dei battezzati.
(5) Questi nomi figurano come padrini nei battesimi amministrati nel 1613 - Libro dei battesimi anno 1613.




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