MARIANO LAMARTINA:
Nasce a Mazara del Vallo il 29 Settembre 1918
Muore a Palermo il 9 Gennaio 2002
Il ricordo di: Toniella Lamartina e Carmelo Arena tratto dal sito www.valguarnera.com
Nato nel 1918 a Mazara del Vallo, dove il padre, Alfonso, prestava temporaneamente servizio in qualità di Maresciallo di Pubblica Sicurezza, trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Palermo dove si forma culturalmente al Liceo Classico "Garibaldi" sotto la vigile tutela di Padre Berritella, insegnante-sacerdote valguarnerese. In quell'epoca trascorre tutte le estati a Valguarnera, dove trovava le sue radici e gli affetti della famiglia d'origine. Con i cugini Lamartina, Vitale, Camerini, Scarlata e Perticone trascorre i momenti più poetici e sentimentalmente intensi della sua gioventù, consolida in particolare un forte sodalizio intellettuale con i cugini Michelino e Gino, Mariannina e Rachele.
Alla Montagna, dove villeggia con la famiglia, trascorre una vita semplice ma affettivamente intensa, gli echi delle armonie dei canti e dei cori lo accompagneranno per sempre.
Ultimati gli studi liceali, si iscrive alla facoltà di Lettere dell'Università di Palermo, partecipa come ufficiale alla seconda guerra mondiale, militando in Campania, a Salerno, dove, fra un bombardamento e l'altro, trova il tempo di ultimare la tesi di laurea.
Finita la guerra, appena laureato, si stabilisce a Marsala, dove il padre aveva fissato dimora, e a Trapani inizia la sua attività di docente con le prime supplenze.
Marsala, dopo Valguarnera, diventa la sua seconda patria e lì egli contribuisce alla ricostruzione materiale e morale dalle macerie del dopoguerra; con l'entusiasmo e il vigore di un venticinquenne è attratto dalla politica attiva nella quale profonde per qualche anno le sue energie, nel fresco clima sociale e politico del Paese.
Nel 1954, già sposato e con prole, vinto il concorso a cattedra per l'insegnamento nei licei, si trasferisce con la sua famiglia a Palermo dove insegna ininterrottamente al Liceo Scientifico "Stanislao Cannizzaro" fino al 1983.
A Palermo, la sua umanità si esprime soprattutto in una cultura sempre più vasta e approfondita, nell'uomo di Scuola, nel pater familias e nel cittadino.
Come uomo di Scuola, al "Cannizzaro", vive con gioia e passione, per trent'anni, l'essere docente e vi assume un ruolo da protagonista in qualità di vicepreside, soprattutto durante la "contestazione" del '68. In tale occasione, infatti, con grande equilibrio e autorevolezza si confronta a viso aperto con gli studenti, riuscendo a stabilire e a mantenere con loro un rapporto dialettico efficace e significativo, rivelando inoltre apprezzate capacità di mediazione tra le componenti del conflitto generazionale.
Diventa grande amico dei ragazzi e il rapporto affettivo con molti di loro dura, ininterrottamente, per la vita.
In una sua espressione poetica, scrive che la scuola è una fioriera in cui il docente deve, con cura e amore, far crescere ogni fiore nella sua diversità e il docente stesso non può e non deve essere una foglia secca, ma sempre verde e viva.
Come "pater familias" è un punto di riferimento forte non solo per i figli, ma anche per tutti i giovani e i meno giovani capaci di interagire con la sua stessa sensibilità e con il suo stesso amore per la vita. Egli diventa di fatto il patriarca di una folta schiera di parenti ed amici.
A Palermo maturano le sue vocazioni creative e critiche. Produce numerose poesie in dialetto siciliano e in lingua italiana, diventa critico letterario e, su suggerimento iniziale del suo preside e amico Giuseppe Cottone, dedica gran parte della sua produzione a Francesco Lanza.
Nel 1970 con il saggio critico "Realtà e mito nell'opera di Francesco Lanza" vince il Primo Premio letterario istituito dal Comune di Valguarnera per commemorare il suo Figlio letterato più illustre; da allora, la produzione di scritti su Lanza di Mariano Lamartina si moltiplica e lo stesso ne divulga la conoscenza partecipando a convegni, seminari, presentazioni a Palermo, a Valguarnera e nella provincia di Trapani. Tale attività gli offre l'occasione di rinvigorire il rapporto con Valguarnera, e dal '70 sono sempre più frequenti i suoi ritorni in paese in viaggi nella memoria che intraprende sempre con gioia.
Poeta sensibile e delicato, raccontò la sua terra, gli uomini, la vita e i valori che professò, insegnò e cantò sino alla fine. Ci mancheranno la sua poeticità, la sua straordinaria lucidità intellettuale, il suo magistero.
Proponiamo un suo speciale testamento spirituale, con una poesia scritta nel 1987, " la minzogna", che risulta di estrema attualità.
LA MINZOGNA
Lassatimillu diri senza scantu
Ca la minzogna è sali di la vita;
quanta spiranza, quantu suli e incantu
ti offri 'na minzogna sapurita!
Quantu n'haiu 'ntisu e quantu n'haiu cuntatu
Pri fari cchiù giuiusu lu campari:
la verità ti duna un sulu latu,
ti leva l'ali e nun ti fa vulari.
Cuntatimi ca 'nfini li frunteri
Nun servunu pri spàrtiri li terri,
cuntatimi ca 'nfini li banneri
nun fannu ancora santi tanti guerri!
Cuntatimi ca niuri cu bianchi
Cu li gialli su' la stissa peddi,
tutti òmini sazi e tutti stanchi
d'arragiunari a corpa di cuteddi!
E' tempu di Natali, e criu a tuttu;
fici già lu prissepiu e nna la grutta
lu Bammineddu dormi nna l'asciuttu
sutta la stidda ch'ogni mali ammutta.
E li pastura? Nun su' chiddi antichi,
ma fimmini cu masculi moderni,
vecchi varvuti e omminicchi nichi,
chiddi chi fannu e sfanno li cuverni.
Tutti dicinu basta a lu piccatu,
tutti portanu paci e cunfissioni:
torna a la casa ogni sequestratu,
latri e latruna addiventanu boni.
La pùrviri chi ammazza li drogati
È tutta un gran falò 'mmenzu a lu scuru;
lu riccu un voli cchiù disoccupati
e lu politicanti è quasi nuru.
Mi fermu: è na minzogna puru chista,
ma bedda, allegra-cori senza mali,
anchi si si prisentanu a la vista
friddu cu fami, dopu 'stu Natali.
Ma crìdiri iu vogghiu ca tra pocu,
tutti felici e uguali nna 'sta terra,
nni quariammu attornu a un sulu focu,
nni saziamu senza fari guerra.
Lassatimìlla sana 'sta minzogna
Pri medicina a la malinconia;
ma poi, pinsati, è forsi 'na vriogna
marciari stritti pri la stessa via?
Dal NOVECENTO LETTERARIO di Salvatore MUGNO:
Ha vissuto a Palermo, salvo che per la parentesi della guerra e per un decennio di permanenza a Marsala (dal 1944 al 1954), dove iniziò l'insegnamento di Lettere italizane e latine nei Licei.
La sua produzione poetica in vernacolo siciliano è in gran parte inedita. Più corposa e nota è la sua attività di critico letterario. Autore ritroso e appartato, ha coniugato la passione letteraria con l'impegno civile.
Notevoli sono i suoi saggi su Francesco Lanza: Valguarnera nelle opere di F. Lanza (Valguarnera, Centro studi F. Lanza, 1970): La vocazione scenica dei Mimi di F. Lanza («Quaderni dell'Ottagono Letterario», Palermo).
Negli stessi Quaderni ha pubblicato un saggio su G. A. Borghese (Rubè, ovvero l'eroe del nulla). Altri suoi lavori appaioino nella rivista di cultura «Labor» (Palermo): Un veltro per Dante e per noi, Saggi e ricerche sulla Commedia, L'uomo e l'Umanesimo, Perenne attualità di Don Abbondio, Chi salverà i poeti?, Ironia e poesia tra i merletti di Gesualdo Bufalino.
Ha anche collaborato al «Giornale di poesia siciliana» (Palermo) ai periodici «Comunità in cammino» (Palermo) e «Trapani Sera»e ad altre testate, occupandosi di problemi relativi all'evasione scolastica e alla devianza giovanile. .
Conserva alcuni studi inediti: Garibaldi in Sicilia, tra plebe e galantuomini e Carlo Dossi e la Scapigliatura.
OPERE POETICHE
- Tra Menfi e Muntivagu, Palermo, Vittorietti 1971.
OPERE SAGGISTICHE
- Realtà e mito nell'opera di Francesco Lanza, premessa di Giuseppe Cottone, Palermo, Vittorietti, 1971;
- I tempi e le parole, Palermo, Sigma, 1992.
OPERE NARRATIVE
- Quel dopoguerra a Marsala, Palermo, 1991.
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