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Novembre 1989
PACECO















 

PREFAZIONE

 

In un'epoca in cui l'urbanistica come scienza del terri­torio e sede della programmazione locale, nonostante certi errori di parzialità, è finalmente entrata nella cultura media dell'amministratore locale, il riaccendersi della guerra di confini fra i Comuni dell'area del trapanese ci è francamen­te apparsa quanto meno singolare ed indicativa di per sé di una concezione pericolosa della stessa politica, che nella accezione originaria vuole svolgere una funzione di sintesi della polivalenza delle istanze orizzontali e verticali (il ter­ritorio, le classi sociali ecc).

Se alla esigenza di cooperazione fra più municipalità contigue si sostituisce la rivendicazione di diversi confini, il quadro assume connotazioni medievali e il livello del con­fronto scade rischiando di divenire cannibalismo.

Ciò accade in un momento di grave crisi e incertezza della finanza locale, segnato dalla precarietà del quadro le­gislativo e dalla esigenza di contenere i costi dei servizi pub­blici, che postula intese consortili e una rigorosa moraliz­zazione della spesa pubblica degli enti locali.

Per queste ragioni l'iniziativa dell'assessore regionale on. Canino è parsa ai più come una manovra annessio­nistica rispetto a problemi complessi di un territorio inter­comunale in generale carente di servizi e di una classe di­rigente incapace di mediazioni e soluzioni sovra-comunali; il che accentua le individualità delle municipalità candidate al ridimensionamento, alimentando autodifese ed esasperando le recriminazioni, in un territorio che tutto sommato ha forti connotazioni unitarie in cui è forte l'integrazione cul­turale e socio-economica nella sua popolazione, rispetto a cui Erice e Paceco mantengono una cultura neo-rurale che rappresenta un valore da difendere dal rischio dell'appiatti­mento e dell'anonimato all'interno del disegno del grande capoluogo di 100 mila abitanti, tanto accarezzato dalla vec­chia classe politica della città falcata.

Mentre andiamo in stampa con gli atti del nostro con­vegno del 7 gennaio scorso, l'assessore Canino prende atto che la mossa della nomina di un Commissario ad acta si è dissolta di fronte alla sequela dei rilievi e delle opposizioni di associazioni, uomini politici, rappresentanze elettive e sindaci della zona.

Nuove rivendicazioni emergono quali l'autonomia della contrada Regalbesi, del Comitato dell' autonomia di Erice Vetta, segno di una nuova domanda di autodeterminazione popolare, che è anche segno di sfiducia verso le vecchie classi dirigenti locali: una partita complessa che è tutta aperta, foriera di un confronto necessariamente lungo, che consiglia di abbandonare scorciatoie e forzature.

 

 

 

 


INTRODUZIONE

DEL PRESIDENTE SALVATORE INGRASSIA

 

 

Signore e signori,

abbiamo voluto oggi scegliere l'argomento del giorno, la que­stione della rettifica dei confini, tema estremamente attuale, che tanto sta facendo discutere politici e cittadini della strada.

Avremmo potuto scegliere altri argomenti, piuttosto ameni di altro tipo, con ben altri sbocchi operativi, ma un circolo come il nostro che porta il nome di un partigiano deve essere coerente col nome che porta. Questa sera ci tro­viamo ad affrontare un tema altrettanto importante, forse il più importante, che è quello della pianificazione del no­stro territorio, un tema complesso sia tecnicamente che so­cialmente e politicamente. Per esemplificare si può comin­ciare col dire che ci sono due movimento in atto: uno dal basso che tende alla costituzione di un nuovo Comune, quello di Regalbesi, togliendo Dattilo a Paceco, l'altro mo­vimento dall'alto che prevede l'annessione di Nubia a Tra­pani.

Lascio immaginare e parlo con gli abitanti del Comune di Paceco, le conseguenze per il nostro Comune se tali pro­getti venissero insieme a realizzarsi. lo parlo di una sola conseguenza, perché poi i problemi più generali e più com­plessi verranno affrontati dal relatore Ingardia e dalle con­clusioni dell'architetto Restivo. Se il Comune di Paceco vie­ne a perdere le due frazioni scende al di sotto dei 10 mila abitanti, non credo sia il diluvio universale, ma è un pro­blema che io sottopongo all'attenzione: certo se noi siamo d'accordo che tale cosa avvenga ebbene che avvenga, ma io sono convinto che questo non significa pianificare. Noi non intendiamo proporre delle linee assolute, delle scelte apriori­stiche, ma siamo qui per iniziare una discussione che porti a soluzioni eque e democratiche nell'interesse di tutto il ter­ritorio. Ora passo la parola a Pino Ingardia che è il relatore ufficiale della serata.

 

 

 


RELAZIONE DI GIUSEPPE INGARDIA

 

 

Con la stagione assessoriale dell'onorevole Canino agli Enti Locali, l'uomo politico di Salinagrande, che controlla il gruppo consiliare DC al Comune di Trapani è stata innescata la miccia della polveriera dei confini inter-comunali, questio­ne non recente, che si trascina da molti anni, e sulla quale pure interventi sono stati adottati all'incirca dieci anni fa.

La riapertura del contenzioso, aperta da Canino quale uomo forte della DC del capoluogo che vanta al momento un ruolo governativo del tutto strategico per questo tipo di argomento, ha avuto come fatto scatenante in primo luo­go la programmazione dell'uso del territorio, in connessione al Piano Regolatore Generale del capoluogo, in secondo luo­go la realizzazione del sistema internodale di collegamento Europa-Africa, da realizzare sull'area prospiciente l'attuale porto di Trapani. L'uno e l'altro argomento, che oltre a costituire strumenti importanti per una politica di svilup­po per i prossimi quindici anni, costituiscono una formida­bile occasione di controllo di ingenti risorse finanziarie sottoforma di spesa pubblica per gli appalti, le espropriazioni i programmi costruttivi pubblici e privati, proprio al fine di consentire il diretto controllo degli investimenti pubbli­ci sulle infrastrutture ed escludere altre entità comunali, impone oggi la ridefinizione dei confini.

Il disegno politico deve giocare sull'effetto sorpresa, sull'uso del ruolo assessoriale del personaggio, sulla sollecitazione della diversità di alcune minoranze, ovvero di quanti, trascurati, chiedono autonomia locale, come Erice Vetta, o le frazioni del così detto gruppo Regalbesi, magari per indebolire l'unità interna delle autonomie comunali da intaccare, e cioè, i Comuni di Erice e di Paceco.

L'armamentario ideologico di Canino è piuttosto rozzo e semplice. In una intervista al giornale Regalbesi, il politi­co di Salinagrande spiega che «il Comune di Paceco deli­mita a sud l'espansione della città di Trapani che è di fatto priva di ogni possibilità di espansione».

Quasi una pietra fastidiosa da rimuovere, perché costi­tuisce un grave intralcio all'avanzata di un soggetto in mo­vimento. Nubia dunque va data a Trapani, innanzi tutto per­ché la creazione di un'area intermodale deve comportare a parere dell'uomo di Salinagrande il controllo amministra­tivo del territorio sotto il Comune di Trapani per la piog­gia prossima di investimenti infrastrutturali, e in secondo luogo per consentire la continuità territoriale al gruppo delle frazioni a sud (Salinagrande, Palma, Fontanasalsa, Guarrato, Rilievo, Locogrande, Marausa), per il quale l'ing. Mastrorilli, incaricato al PRG, sta progettando un'area ar­tigianale.

Il Commissario ad acta nominato dall'Assessore agli Enti Locali, rag. Lombardo, ha tenuto martedì 20 dicembre una riunione con i tre gruppi di progettazione, esordendo con una dichiarazione tendente a delineare una funzione propriamente « notarile» del mandato conferitogli.

Per quanto riguarda l'ing. Mastrorilli, questi ha espres­so una proposta concordata con la Giunta Comunale di Tra­pani.

Per quanto riguarda l'arch. Messina, progettista inca­ricato del Comune di Erice, è stata formulata una linea di massima disponibilità, espressa dietro mandato della Giunta della Vetta; nonché la espressa richiesta di investire l'As­sessorato Regionale al Territorio di una più appropriata funzione di coordinamento che unitamente ai tre comuni concorra a delineare una proposta unitaria e organica per il territorio interessato.

 

L'ing. Rallo e l'arch. Infranca, che la sera precedente avevano tenuto una riunione informale di carattere consul­tivo al Comune di Paceco hanno dichiarato che la propria proposta non risultava avallata dall'organo politico co­munale.

La riunione si concludeva con la presa d'atto del rag. Lombardo, delle tre posizioni diversificate espresse nella riunione e questi chiudeva i lavori acquisendo agli atti le formulazioni e gli elaborati consegnati dai tecnici presenti.

 

SINTESI DELLE PROPOSTE SULLA REVISIONE DEI CONFINI

NEL CORSO DELLA RIUNIONE DEL 20 DICEMBRE 1988

SOTTO I COORDINAMENTO DEL COMMISSARIO AD ACTA

DELL'ASSESSORATO AGLI ENTI LOCALI

 

MASTRORILLI (incaricato P R G di Trapani)

-                Accorpamento di Casa Santa fino a Milo al territorio di TRAPANI

-                Confini Trapani-Paceco: apertura di un corridoio che as­sicuri la continuità di Trapani con le frazioni a Sud (Marausa, Rilievo e restante territorio) mediante l'an­nessione di NUBIA

-                MESSINA (incaricato PRG di Erice)

-                Disponibilità di massima del Comune di Erice alle retti­fiche

-                Richiesta di un coordinamento sotto il patrocinio dell'As­sessorato al Territorio tendente a coinvolgere i tre Co­muni per un unico progetto di riassetto territoriale

-                Non disponibilità alla logica delle annessioni: si alla ces­sione del territorio di S. Giuliano; si alla autonomia per REGALBESI

 

INFRANCA E RALLO (incaricati del PRG di Paceco)

-                Disponibilità a piccole rettifiche in prossimità del torrente Lenzi e zona Cimitero di Paceco; disponibilità a cedere Dattilo all'interno della confluenza di tutto il ter­ritorio di Erice e Trapani ad eccezione della vetta, che dovrebbe essere autonoma.

 

Sul versante del Comune di Erice, Canino teorizza l'an­nessione di Casa Santa, Trentapiedi, San Giuliano e Pizzolungo, sollecitando con netto intento di carattere tattico l'autonomia delle frazioni est (Napola, Dattilo, Fulgatore, Ummari, Ballata), per poi ritornare a chiarire l'effettivo intendimento di annettere il più possibile, quindi anche Na­pola, salvando di Erice la sola autonomia della Vetta.

Una attenzione merita la procedura, singolare quanto fantasiosa, volta a costruire la base consensuale della deci­sione regionale. Canino la annuncia con pignoleria sul gior­nale Regalbesi, nonché sul Giornale di Sicilia, quasi a vole­re scongiurare il pericolo di apparire interessato al merito della decisione, onde ergersi a uomo di governo «sovra-co­munale».

Egli parla di una riunione dei tre Comuni presso l'as­sessorato, da cui sarebbe emersa la decisione di affrontare il problema dei confini con i progettisti dei Piani Regolatori dei tre Comuni, affidando loro, sotto il coordinamento di un Commissario Regionale ad hoc preposto, !'incarico di ela­borare una ipotesi di rettifica dei confini da fare pervenire entro tre mesi, oltre il quale termine, in assenza di proposta, Canino farà una propria proposta ...

Del resto le infiltrazioni caniniane nella Giunta di Pa­ceco non si sono fatte attendere: l'assessore all'urbanistica Di Vita ad insaputa di Sindaco e Giunta con lettera prot. 18147 del 9 novembre ai tre progettisti del PRG chiede di procedere entro 30 giorni alla redazione di una ipotesi di proposta di nuova delimitazione territoriale, da sottoporre all'esame degli organi regionali competenti. Canino con forte senso dell'opportunità, ammorbidisce qualche proget­tista più riottoso affidandogli presso il Comune di Trapani qualche incarico urbanistico, e il gioco di allineare i diversi punti di vista dei tecnici sotto il disegno dell'uomo di Sali­nagrande diventa più facile.

Non sappiamo al momento cosa esattamente abbia formalmente partorito il direttorio che fa capo al nostro per­sonaggio, certo è che i Tre Comuni, travagliati dalle ricorren­ti e persistenti crisi interne, non hanno finora battuto ciglio, non hanno nemmeno ritenuto di convocare i rispettivi con­sigli comunali sull'argomento, vivendo una condizione di isolamento e di assenteismo molto preoccupante, un clima questo ideale per rendere possibile la allucinante procedura con cui Canino sta di fatto esautorando i tre Comuni dalle proprie prerogative esclusive.

Segno ancora più marcato della paralisi amministrativa è l'approvazione a cura di commissari ad acta, delle diretti­ve ispiratrici del PRG di Paceco, della mancata soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti solidi, del con­tenzioso tutto aperto sul problema dell'acqua potabile, que­stioni che se da un lato rendono continuamente travagliato il rapporto fra amministratori e popolazioni, non devono nemmeno cercare idonee soluzioni intercomunali per af­frontarli insieme.

Piuttosto prevale il localismo, se non l'antagonismo, e in questo quadro l'acuirsi dei problemi della collettività apre varchi alle spinte separatistiche, al malcontento. E il malcontento talora si fa allettare dalle lusinghe degli altri, che hanno interessi puramente egemonici.

In linea di principio la rivendicazione da parte dell'area Regalbesi ci trova d'accordo: essa nasce da una autentica vocazione e spinta all'autogoverno, così come la confluenza di Casa Santa discende da un «continuum» urbana e di servizi non più ignorabile. Ma per le stesse ragioni per cui Trapani avanza l'esigenza della confluenza di Casa Santa dovrebbe per pura logica di continuità territoriale ed economica-culturale prospettare ben altre soluzioni per le fra­zioni sud, ove si pone l'esigenza di un rapporto organico con la Comunità di Paceco, con la quale sussiste un rappor­to intenso e di permanente interscambio sotto il profilo del­la struttura agricolo-artigianale, della formazione delle cop­pie, in cui il rapporto fra città e campagna vede in Paceco  un riferimento naturale, e che valorizzerebbe notevolmente il peso specifico di questa area delle frazioni trapanesi ri­spetto all'attuale marginalità in cui vengono tenute dalla lontana Trapani.

Ma in realtà dietro il disegno della perdita delle frazioni di Dattilo, e soprattutto di Nubia c'è l'ipotesi di una annes­sione a medio termine di Paceco.

Nel PRG di Trapani l'ing. Mastrorilli prevede la allo­cazione del mercato ortofrutticolo del capoluogo niente meno che a Porticalazzo, chiudendo a ferro di tenaglia, quasi non esistesse, il centro urbano di Paceco; a nord il Centro Ortofrutticolo a gestione comunale trapanese, a sud la gran­de zona artigianale, sulla piana di Paceco  la grande bretella autostradale sopraelevata finalizzata al sistema intermodale delle saline di Nubia. Un uso del territorio realizzato da una municipalità urbana, quella di Trapani, fatta come se Paceco non esistesse né come entità amministrativa né come agglomerato fisico urbano; il modello è quello dell'hin­terland di Palermo coacervo di speculazione edilizia, di for­ze dell'imprenditoria legate agli appalti di infrastrutture fa­raoniche sovradimensionate intese sola come pretesto di spesa pubblica.

Ritorna in fondo l'antica tentazione annessionistica del­la città capoluogo, che can il Real Decreto 11/8/38 annetteva Paceco riducendola a frazione marginale, che la tenace volontà di socialisti, cattolici e comunisti riusciva a emargi­nare can il Decreta Legislativa Luogotenenziale del dicem­bre 1945, grazie al sostegno del Prefetto D'Antoni, dell'ini­ziativa di Pietro Grammatico e del guardasigilli on. Palmiro Togliatti, per il ripristino dell'autonomia calpestata e vi­lipesa.

Esiste aggi, è inutile negarla, una questione seria che travagli a i Comuni, e riguarda la loro capacità di assicurare l'efficienza di alcuni servizi, dallo smaltimento dei rifiuti, alla erogazione dell'acqua potabile, ai trasporti pubblici, ai ser­vizi scolastici, a quelli cimiteriali.

La maggiore capacità, in termini di strutture, del capo­luogo, con l'impianto di riciclaggio dei rifiuti solidi, l'azien­da comunale di trasporti, crea indubbiamente una situazio­ne di sofferente conflitto dei piccoli comuni limitrofi che manifestano diffidenza e sospetto ad instaurare un legame a carattere intercomunale coi servizi del capoluogo. In ve­rità Trapani prospetta la linea della «convenzione», scartando l'ipotesi di una gestione consortile: parla dell'impian­to di riciclaggio e dei servizi della SAU, quest'ultima in stata di permanente deficit, ma si guarda bene dall'aprire un discorso ampio sul tema dell'acqua potabile, per il quale non pochi sono stati fino a poco tempo fa i terreni di contrasto.

Occorre superare le miopi logiche antagonistiche, pro­babilmente legate alle logiche di breve termine che animano le precarie compagini amministrative, e rovesciare in ter­mini di programmazione sovra-comunale la discussione in atto. E' probabile che la dimensione sovra-comunale che do­vrà porsi il problema di assicurare i servizi indicati, non possa più affidarsi alla spontanea capacità di autogoverno dei partners locali, e che la Regione dovrà, in luogo della stru­mentale e viziata discussione sulla rettifica dei confini, ac­costare accanto alle rettifiche essenziali, la determinazione di una struttura consortile direttamente promossa dal legi­slatore siciliano per porre mano alle questioni più urgenti in materia di realizzazione di infrastrutture e relativa ge­stione. In questo ambito non può non brillare per assenza la nuova Provincia Regionale di Trapani, la cui condotta ancora ricalca una vecchia visione che ignora i nuovi compi­ti di coordinamento sovra-comune, di supplenza e di inte­grazione, ruolo che ancora nonostante 41 anni di vita dello Statuto Speciale, viene ad essere malamente assolta dalla vecchia Prefettura, per questioni di carattere sociale di ri­levanza pubblica, che invece dovrebbero attenere non solo per espressa competenza ma per ragioni di effettiva e so­stanziale rappresentanza, alla Provincia, quale diretta espres­sione dell'autogoverno popolare.

L'idea del coordinamento dei progettisti dei tre piani regolatori generali di Trapani, Paceco ed Erice, nata come fatto machiavellico per dare una copertura tecnica ad un disegno di divisione unilaterale del territorio, paradossal­mente è giusta per ragioni del tutto opposte, e cioè per an­dare al coordinamento dei tre strumenti urbanistici in chia­ve di complementarietà delle destinazioni d'uso e della localizzazione delle infrastrutture, onde evitare accavallamenti, doppioni unilateralità di mero gusto espansionistico, secon­do un'idea unitaria di città-territorio in cui i confini comu­nali non possono affatto interpretarsi come « ostacolo» all’espansione del maggiore centro capoluogo, come insiste a dire Canino a proposito di Nubia.

Grave è sotto questo profilo il supino assecondare la istanza assessoriale da parte di valenti urbanistici, che in questo contesto dovrebbero fare prevalere il carattere di risorsa unitaria del nostro territorio e valorizzare di conse­guenza una capacità di programmazione territoriale, al di là di tentazioni di parte volte al controllo politico, elettora­le e della spesa pubblica mediante la macchina delle annes­sioni e dei colpi di mano.

In questa vicenda deve ribellarsi, ovunque è presente, la cultura, il buon senso, al di sopra delle matrici ideologi­che e politiche; per elevare la qualità dell'azione politica, interpretando le istanze disattese e trascurate delle popola­zioni, per dare ad esse 'Soluzioni efficaci e serie, al di là del municipalismo e del localismo, che è sempre più divenuta una dimensione incongrua e asfittica, cui deve fare posto una progettualità nuova, una dimensione nuova del fare politica.

Temi come la creazione del sistema intermodale, di un moderno mercato ortofrutticolo, della creazione dell'area per gli insediamenti produttivi, di nuovi istituti scolastici della scuola secondaria superiore, come la gestione dei rifiuti so­lidi urbani, dei rifiuti liquidi, devono comportare una capa­cità nuova di soluzioni che vanno ad investire i partiti co­me centri non solo di raccolta di voti ma di elaborazione politica;' come mastice connettivo di dimensione superiore che deve dare un senso al riferimento politico partitico dei locali gruppi consiliari ne singoli Comuni.  

Questo unicum di Trapani e del circostante hinterland, per troppo tempo teatro di eterno conflitto fra città e cam­pagna per la struttura fondiaria che è stata causa e fine delle lotte agrarie a partire dall'epoca dei fasci alla occupazione delle terre del dopoguerra, è oggi, per le mutate condizioni del sistema economico e della stratificazione sociale, non solo una risorsa urbana, ma ancora oggi una risorsa econo­mica, terziaria e agricola, di eccezionale modernità, piena di potenzialità strategiche, non riducibile alla filosofia della espansione del sistema edilizio e delle infrastrutture pretestuose; è una risorsa complessa che sarebbe da suicidi as­soggettare alle semplificazioni e alle manovre dell'affarismo politico.

Quello dell'hinterland del capoluogo trapanese che può definirsi un sistema agro-urbano integrato e che coinvolge almeno tre Comuni (Trapani, Erice, Paceco), è un territorio che anche a metà degli anni settanta, quando i problemi oggi esplosivi della convivenza e dei servizi non erano tanto evi­denti e urgenti, investì le locali classi dirigenti attorno all'ambizioso progetto del Piano Urbanistico Comprensoriale.

Ma il confronto, che presto divenne scontro, si conclu­se con gli insulti e le diffamazioni, e il dibattito finì nelle aule di Tribunale. La fine ingloriosa di quel piano, che non fu invero una storia solitaria nel panorama siciliano, dove­va indurre il legislatore regionale a definire gli strumenti urbanistici regolatori in ambito comunale mediante l'istitu­zione dei PRG. E' questo che la memoria oggi riesuma, da­vanti alle manovre e alle scorciatoie che si tentano per la cosiddetta questione della rettifica dei confini.

Il contesto politico-istituzionale è invero largamente mu­tato: i poteri dei Comuni sono enormemente cresciuti, in materia di gestione degli appalti, di espansione del control­lo della spesa pubblica, di acquisizione di nuove competen­ze, di dotazione ordinaria di risorse finanziarie. Una nuova Provincia Regionale dotata di funzioni di programmazione sovra-comunale, costituisce una sostanziale e sostanziosa nuo­va carta di credito all'autogoverno locale, che rompe con le vecchie linee centralistiche dell'Istituto Regionale, uscite battute dopo un lunghissimo dibattito sul decentramento avviato sin dalla seconda metà degli anni settanta.

Ma se questo è oggi lo scenario nuovo, il cui paesaggio appare pregno di nuovi strumenti e di nuove potenzialità, si tratta di capire se il territorio e con esso la sua vivibilità, la sua qualità civile, urbanistica, infrastrutturale hanno su­bìto evoluzioni e migliorie.

Si può con estrema sintesi affermare che il passaggio dall'economia rurale alla odierna stagione del terziario e del consumismo è stato guidato dalle spinte di un'espansio­ne edilizia indistinta, foraggiata e incoraggiata dalle forze della rendita fondiaria e dai manovrieri della spesa pubbli­ca, che come ben delinea Giuseppe Giarrizzo, hanno teoriz­zato il sacco edilizio come l'unica impresa industriale auto­noma possibile; ciò fino ad interrare il sistema ambientale delle saline, il lago Cepeo, abbandonando al degrado il Cen­tro Storico: un territorio come bene di consumo a perdere.

In altri termini la città parassitaria, priva di un ceto produttivo, incasermata nei pubblici uffici, dominata da po­chi personaggi, che punta a fagocitare la campagna e le sue comunità rurali, scaricando su di esse i problemi irrisolti, la gestione dei rifiuti, le conseguenze di un abbandono del tema traffico, ipotizzando in sede progettuale la creazione di infrastrutture viarie e produttive addosso ad esse.

E allora, ci si chiede, perché mai il tema dei confini? In particolare Paceco, sin dal suo nascere, all'interno del fenomeno delle città nuove dei Seicento, fu ostacolata dal patriziato trapanese per i nuovi equilibri di controllo eco­nomico e sociale sul territorio circostante, e tale conflittua­lità si è nel tempo riproposta, dall'epoca dei Fasci, al '19, al '48, come espressione fisica di interessi di classe fra città e campagna, fra contadini e feudatari.

Oggi i processi espansivi in atto reclamano il controllo politico e amministrativo del territorio nelle mani di pochi, il soffocamento delle diversificazioni politico-culturali all'in­terno delle medesime espressioni di partito, lo svuotamento delle diverse entità amministrative del territorio, una ope­razione neofeudale.

Un disegno che è l'opposto dello sforzo atto a definire il Piano Urbanistico Comprensoriale, o comunque a cercare linee di coordinamento fra i tre redigendi PRG di Trapani, Erice e Paceco.

L'Università di Palermo e il Politecnico di Milano per conto della CEE e col coordinamento dei Ministero dei Tra­sporti devono progettare un'opera faraonica d'interesse co­munitario, il sistema portuale intermodale, Italia-Africa.

L'area verso cui guardano gli ambienti politici dominan­ti è fra il porto di Trapani e le saline di Nubia.

Altri lavorano per una bretella fantasmagorica autostra­dale in realtà raccordata col citato progetto intermodale, che seppellirebbe il paesaggio urbano collinare di Paceco. Nessuno obietta, una specie di congiura del silenzio. Il con­trollo politico-amministrativo di Nubia diventa essenziale per controllare il grande affare: c'è da pensare allo scempio della piana di Gioia Tauro, per un megaporto rimasto come cattedrale del deserto. Un sistema intermodale che si spinge acché sia il più ampio possibile, e non ci si preoccupa se il cosiddetto flusso di merci lungo la penisola potrà mai arri­vare a Trapani, dato il silenzio sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.

La Provincia Regionale, i suoi uomini, guardano sornio­ni senza esprimersi, perché? Un anno fa lanciavano un ma­nifesto dal titolo altisonante «Una valle in progetto» a pro­posito del Belice, perché non lanciare un nuovo manifesto dal titolo «Un capoluogo in progetto?» e non realizzare l'uno e l'altro?

Cosa stanno, di grazia, elaborando fra le righe delle nuove competenze urbanistiche e territoriali della legge 9?

Cosa si muove nel frattempo presso il gabinetto del Comprovinciale assessore agli Enti Locali on. Canino?

 

 

 


ING. NATALE POMA

PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE REGALBESI

 

 

Non voglio esporre quali sono le iniziative di Regalbesi tendenti alla crescita di questo territorio. Lo abbiamo fatto in tante manifestazioni, lo facciamo quotidianamente con il nostro giornale. Si diceva poc'anzi che il Comune di Paceco, nel momento in cui si va a rettificare il confine scenderebbe sotto i 10 mila abitanti. Penso che sarebbe riduttivo andare a rivedere il riassetto del territorio in funzione del numero di abitanti che andrà a far parte di quel Comune. Questa è stata la politica portata avanti per decenni da forze politiche e dalle amministrazioni. Il fatto che oggi in presenza di una esigenza così rilevante sono assenti le tre amministrazioni e anche l'amministrazione provinciale, è un segno. Questo denota qual è la volontà di crescita e di sviluppo del terri­torio. A tutto si pensa fuorché a quelle che sono le esigenze reali del territorio.

Noi due anni fa costituimmo l'Associazione Culturale Regalbesi, ma non abbiamo avanzato nessuna richiesta di autonomia del territorio, perché abbiamo ritenuto di avan­zare la proposta di sviluppo e di crescita di Regalbesi. Non solo c'è l'omogeneità economica e sociale, ma non solo in funzione di questa omogeneità abbiamo avanzato e propo­sto il « Progetto Regalbesi », progetto di sviluppo. Ritenia­mo che solo con una politica finalizzata si possono creare i presupposti di un reale sviluppo. Amputare Dattilo da Paceco: ma di fatto Dattilo non appartiene a Paceco.

Non posso fare a meno di citare la strada Sapone che collegava Paceco a Dattilo che è stata chiusa da un'ordinan­za che prevedeva pericoli di sommersione della strada, an­che se tuttoggi a distanza di tre anni non esistono pericoli  di questo tipo. Chiudendo questa strada si sono causati di­sagi agli abitanti di Dattilo ed inoltre è stata aperta un'al­tra strada che è tuttora in condizioni precarie. Il Comune di Paceco non ha osato intervenire, o meglio l'ha fatto in maniera molto blanda. Quindi non si tratterebbe di ampu­tazione bensì di una volontà da parte dei cittadini di volersi e sapersi autogestire per costruire lo sviluppo.

 


CAP. ANTONINO PLAJA

CONSIGLIERE COMUNALE PRI

 

 

 

Alcuni dicono che il Comune di Paceco non è interes­sato a questa rettifica. Paceco nel 1979 ha fatto la rettifica dei confini con Trapani ed ha dovuto perdere circa 1500 abitanti, la zona Cappuccinelli, che era parte integrante di Paceco. Come rettifica a noi non interessa, ma se ci sono altri Comuni che desiderano fare altre proposte che le fac­ciano. Ritengo che per quanto riguarda il tema dei servizi penso che i tre Comuni con l'aiuto e il coordinamento della Provincia potrebbero esaminare la possibilità di gestire in una certa maniera determinati servizi di cui oggi siamo carenti.

 

 

 

 


DOTT. PIO NOVARA

SINDACO DI PACECO

 

 

Si dice che l'Amministrazione riguardo a questa que­stione è rimasta assente; apparentemente il silenzio dell'am­ministrazione potrebbe avere questo significato. Ma al si­lenzio si deve dare il valore del non interesse a rettificare questi confini. E' un'operazione amministrativa che noi abbiamo fatto nel 1979; tutto !'impegno che possiamo profon­dere in questa questione non può assumere certe tonalità nella misura in cui ho detto poc'anzi noi non 'Siamo inte­ressati. Impropriamente viene detto in un decreto assesso­riale che viene preso atto della positiva manifestazione di volontà dei tre sindaci. Si parla di una riunione tenuta a Palermo a novembre, ma a quella riunione non ha parteci­pato nessun amministratore di Paceco, ed è errato dire che a livello regionale è stato sentito il parere del Comune di Paceco.

Io ho detto che in Consiglio approfondiremo la proble­matica che riguarda la rettifica dei confini. Contestiamo in maniera decisa l'azione di annettere parte del territorio di Paceco a Trapani; non voglio indagare circa le motivazioni e gli interessi che sicuramente affioreranno, ma alcuni oggi non sono chiari.

Io dico che va difeso il territorio a cui abbiamo dato determinati confini nel 1979, rettifica che è stata voluta for­temente dal Comune di Paceco che ha aggiustato alcune si­tuazioni. Oasi di territorio inserite nel contesto del territo­rio di Trapani, come San Giuliano, noi abbiamo ceduto per favorire quelle popolazioni che facevano parte del Comune di Paceco.

Mi auguro che abbiamo trovato una situazione diversa e migliore e che abbiamo instaurato un buon rapporto con l'amministrazione trapanese.

Dicevo prima e lo dico a livello personale interpretan­do la volontà dell'amministrazione, che c'è una tendenza da parte di alcuni parti ti a modificare i confini territoriali con il Comune di Paceco, cosa a cui non siamo interessati. Quell'autonomia che ci siamo conquistata nel 1945 va difesa al­lorché tutte le forze politiche presero atto aie era stato fat­to un sopruso nei confronti di questa popolazione. Quindi va difesa la linea degli interessi culturali della nostra popo­lazione ed in questo io credo che ci troveremo uniti contro la rettifica dei confini.

 

 


AVV. ANTONINO MARINO

SEGRETARIO PROVINCIALE PCI

 

 

La mia identità di cittadino che vuole esercitare le sue funzioni e i suoi diritti su un territorio, qualche problema lo pone. Il fatto per esempio di attraversare il territorio di un altro Comune per andare a Rilievo frazione di Trapani e quindi un non carico per i cittadini di questo Comune. Questo per dire che se noi rimaniamo fermi e non impostia­mo le questioni tra i tre comuni il problema sarà risolto lo stesso, lo sarà fatto nella divisione, e senza !'interesse com­plessivo che riguarda questo territorio. lo prescinderei dalla considerazione della differenza di ordine quantitativo di una razionalizzazione. Trapani non diventerà importante se avrà 100 mila abitanti, così come Paceco ed Erice non divente­ranno meno importanti se avranno qualche migliaio di abi­tanti in meno. Il punto è che c'è una situazione insostenibi­le, che fu risolta solo nel 1979, situazione grottesca, l'enclave di Cappuccinelli all'interno di Trapani, che creava pro­blemi a Trapani e ai pacecoti.

Oggi c'è una situazione insostenibile che riguarda l'inte­ro territorio; riguarda i tecnici, nella ricerca delle possibili vie di soluzione del problema sotto il profilo di un metodo di democrazia, cioè un metodo che rispetti le esigenze del territorio, dando la parola ai cittadini.

Quindi la democrazia come ricerca di un consenso ef­fettivo delle popolazioni rispetto ai loro problemi. Non si tratta possibilmente di fare un referendum su un si o un no ma cerchiamo di fissare con nettezza quali sono le questioni da risolvere e quale è quella considerazione democratica dell'insieme di questo territorio che può costituire lo stru­mento per raggiungere l'unità fra, le questioni fondamentali.

Chi ha deciso che i cittadini di Trapani andassero ad abitare sulle pendici di Erice e che Erice fosse abitata dai Trapanesi? Non lo hanno deciso i cittadini di Erice. Chi ha deciso che l'abitato a valle fosse invaso dalle acque? La democrazia non ha funzionato perché tutto ciò non è stato deciso dai cittadini, ecco perché sulla questione si agitano movimenti che si richiamano al funzionamento della demo­crazia.

L'ultima questione è invece questa dei consorzi che sem­bra una via di fuga per saltare sulla testa del problema. I consorzi non sono stati previsti dalla legge per la irrazio­nalità del territorio trapanese, i consorzi sono strumenti di secondo grado attraverso i quali passano i contributi, ma dei comuni che rispondono a quella funzione di coniugazio­ne ed identità fra territorio e comunità. Quindi i consorzi non sono la soluzione del nostro problema. I consorzi do­vranno necessariamente esserci a partire dalla compiuta, razionale, esatta sistemazione dei tre comuni.

 

 


ON.LE FRANCESCO LA PORTA

DEPUTATO REGIONALE PCI

 

 

Io sono fra quelli che ritengono che rispetto a questa questione del territorio mi ponga in un'ottica senza pregiu­dizi. Rispetto al dibattito che si sta sviluppando da qualche anno a questa parte la stessa DC del Comune capoluogo tenne delle riunioni per affrontare la questione dei confini, come questione che è stata agitata solo da alcuni mesi. lo dica che ci vuole gradualità nell'affrontare questa questio­ne. Non sana convinta che la questione fra Paceco e Trapani sia della stessa intensità, che abbia le stesse caratteristiche della questione Erice-Trapani. Perché è stata ricordata an­che qui che Paceco  si è posto il problema di San Giuliano, che per tutti è un esempio illuminante.

E allora questa è una questione che è stata risolta. La stessa casa non si può dire per Trapani ed Erice. Non possono esserci giustificazioni o motivazioni per cui si dice che questo deve stare così, perché sennò prevarranno interessi e logiche diverse rispetto a quelle della popolazione.

Perché oggi è sbagliato sostenere che Trapani ed Erice stanno bene così come sono; bisogna modificarli tenendo conto di quale è la volontà, gli interessi che gli abitanti del territorio hanno. Ma tutto il discorso che riguarda l'assetto Trapani-Erice-Paceco deve crescere meglio, deve essere visto in un'ottica di crescita democratica e civile. Altrimenti siste­mare i confini sarà soltanto un aspetto parziale del nostro ragionamento.

Allora si tratta di chiedere ai Comuni di proporre qua­le sviluppo deve avere questa parte del territorio. Rispetto a questo disegno complessivo si deve arrivare anche a una sistemazione del territorio e anche a una modifica degli attuali confini. Questo deve essere il ragionamento che dobbiamo fare.

Io non so cosa vuole che si faccia da parte del commissario che è stato nominato dall'assessore agli enti locali, ma io credo che i tecnici abbiano il diritto di avere delle proposte da fare, anche se debbono rispondere all'in­carico ricevuto; ma io sono convinto che chi fa il tecnico anche se ha già qualcosa da fare tuttavia qualcosa di suo nei limiti del possibile ce lo deve mettere. Penso che assieme a questi tecnici potremmo trovare, se così si potrebbe de­finire, la formula per risolvere il problema.

 


DOTT. ENZO RUGGIRELLO

CONSIGLIERE COMUNALE DC – PACECO

 

 

Io credo che si stia parlando troppo di sistemazione: il problema della sistemazione dei confini da parte di quelli che sono problemi che casualmente o incidentalmente si in­seriscono in problemi più grandi per i quali esistono istituti giuridici, mai finora invocati, per vedere in prospettiva quali sono gli elementi e i mezzi necessari per potere agire come municipalità che cercano di darsi una mano.

E mi pare che in questa trovo delle tracce sensibili nella relazione del consigliere Ingardia. E allora i problemi elenchiamoli.

Il problema Regalbesi, i confini fra Trapani ed Erice, rettifica dei confini fra Trapani e Paceco. Non nego che il primo problema riguarda Casa Santa, una rettifica che deve avvenire perché la collettività sopporta dei problemi, dei disagi, anagraficamente, per quanto riguarda le sepolture, per quanto riguarda lo sviluppo edilizio. Non dimentichia­mo che gli strumenti urbanistici prevedano la possibilità della sviluppo edilizio proiettato negli anni con la capacità di vigenza degli strumenti urbanistici in rapporto alla po­polazione esistente e al dato demografico, come elementi da prendere a base per N calcolo delle superfici da destinare al nuovo sviluppo edilizio. Chiaramente una municipalità come Erice che limita l'espansione di Trapani da quel lato e che ha un dato anagrafico e una popolazione residente che si avvale della popolazione trapanese, negando a Tra­pani di darsi strumenti urbanistici espansivi contigui alla città capoluogo.

Ora vediamo questo dato rapportato alla condizione per la quale Trapani vuole estendersi sul territorio di Paceco. Nubia ha un dato edilizio del tutto diverso da quello di Erice, vuoi per il fatto che il comune di Paceco ha di recente approvato dei piani di recupero che prevedono un alto in­dice di sviluppo di cubatura edilizia per quanto riguarda Nubia e delle superfici destinate allo sviluppo edilizio che sono per diversi ettari. Tant'è che si diceva con i progettisti che Nubia potrà avere fra alcuni anni una popolazione di circa 10 mila abitanti. Un dato certo è che comunque una rettifica dei confini che parte da necessità di evitare la con­fusione territoriale, va ricondotta alla realtà delle cose.

Nel caso di Nubia io non vedo come un disastro l'attra­versare il Comune di Paceco per andare a Salinagrande. lo per andare a Roma ne attraverserò centinaia di comuni.

Per quanto riguarda la municipalità di Regalbesi, che ben venga io dico come fatto di principio; qua non si vuole essere né colonizzatori né si vuole pensare che ci sia ancora gente che combatte per l'indipendenza. Credo comunque che si possa incominciare a parlare di una soluzione al proble­ma solo quando si avrà chiaro il quadro di tutte quelle che sono le istanze e quali sono gli strumenti giuridici, e quali sono le direzioni verso cui muoversi.

 

 

 


DOTT. INES CAMUSSO

GIA' CONSIGLIERE COMUNALE PCI - PACECO

 

 

Io ho sentito molti discorsi di tipo geografico, topono­mastico, ma di identità pochi, tranne qualcuno sentito alla fine. Secondo me la prima domanda che gli amministratori di Paceco dovrebbero farsi è «Perché è sorto questo movimento Regalbesi? Cosa ha fatto il Comune di Paceco per Dattilo? Anzi cosa non ha fatto? Cosa ha fatto Paceco per Nubia?». Allora lì possiamo parlare di identità fra Paceco e frazioni, perché ho l'impressione che quando gli ammini­stratori di Paceco dicono «Paceco non ha interesse», in­tendono Paceco senza Nubia e Dattilo, perché Paceco è il centro che tutto sommato non ha interesse. Quali interessi ha Dattilo ad essere attaccato ancora a Paceco? Esiste que­sta strada per cui era stato fatto un progetto di una nuova strada collegante Paceco a Dattilo che non è stato più fatto.

Io non amo i modi di dire «lontan dagli occhi lontan dal cuore», ma a raggiungere Dattilo non è facile ma è una impresa pericolosa. Dopo che Paceco ha chiuso la vecchia strada che portava a Dattilo e qualcuno l'ha riaperta, han­no cominciato a passarci tutti, compreso lo Scuolabus, i vigili, il sindaco di Paceco che anzi fece sistemare questa strada. C'è questa diga che è stata causa della sottrazione di una parte del territorio a Paceco e a Dattilo; non voglio fare discorsi da feudalesimo dicendo che voglio questo terri­torio, o Nubia, dove i cittadini di Paceco vanno al mare. Perché non si è mai fatto nulla per valorizzare il mare di Nubia: ci dovrebbero dare Marausa perché ci andiamo noi. lo invito gli amministratori a porsi certi perché anche se solo i bambini oggigiorno chiedono perché.

 


ARCH. CLAUDIO MESSINA

PROGETTISTA PRG DI ERICE

 

 

Signore e signori, esprimerò in questo incontro conside­razioni strettamente personali, essendo oltre che tecnico an­che un libero cittadino che vuole dire la sua. Innanzitutto un chiarimento sul « giallo» del Commissario ad acta voluto dall'Assessore Canino.

Questo Commissario ad acta non è un commissario, nel senso che il giorno 31 dicembre nel municipio di Erice sta­vamo predisponendo col sindaco una lettera. Sugli elaborati di proposta di rettifica, così come ci era stato chiesto dall'As­sessorato agli enti locali. Abbiamo preso la copia del decre­to di incarico per vedere la titolarità di questo commissaria­mento, a cosa afferiva, e abbiamo scoperto che questo ra­gioniere Salvatore Lombardo non è che un funzionario dell'assessorato agli enti locali ottavo settore, che era stato incaricato di. venire presso la segreteria del Comune di Tra­pani, per comodità, dopo averci convocati anche noi lì; e ci ha chiesto semplicemente cosa avevamo fatto e cosa no, perché doveva semplicemente trasferire informazioni, anche avrebbe poi dovuto acquisire attraverso il Comune di Tra­pani, proprio come un semplice fattorino.

Io condivido la sostanza della relazione di Ingardia e la tempestività di questo vostro Convegno, che calza a pen­nello rispetto alla discussione e ai tempi piuttosto bruschi imposti dalla iniziativa dell’assessore Canino.

Non posso accettare il metodo arbitrario e tendenzioso con cui è stata orchestrata una manovra, che giustamente il comune di Erice ha definito «annessionistica».

Il territorio urbano di Casa Santa è un unicum urbano con precipue peculiarità, non una appendice territoriale del capoluogo, come vorrebbero sostenere l'ing. Mastrorilli e gli . amministratori di Trapani.

Lunga è la storia di proposte risolutive fatte dagli am­ministratori ericini che ha trovato la sordità dei sindaci di Trapani. Anche sulla annosa questione del cimitero, per il quale Erice ha offerto da anni una propria superficie che consentisse l'allargamento di questo servizio.

Non si tratta di negare in assoluto l'esigenza di trovare soluzioni di rettifica essenziali, ma una cosa sono queste esi­genze, una cosa i disegni annessionistici miranti a sopprimere un Comune. Condivido e guardo con simpatia a Regalbesi: questo territorio e la sua popolazione hanno una specifica ragion d'essere che nessuno può ignorare, nemmeno il Con­siglio comunale di Erice. Trovo inoltre estremamente inte­ressante l'analisi fatta sulla identità e sulla storia di Paceco, ex feudo dei Fardella che nei secoli con le 'Sue lotte conta­dine, è sempre stato un caposaldo democratico contro la protervia degli agrari trapanesi; e forse per questo i rapporti con la città capoluogo sono stati sempre tesi e difficili.

 

 


NINO BASIRICO

CONSIGLIERE COMUNALE DC – PACECO

 

 

Io non immaginavo di ritornare a parlare della rettifica dei confini in quanto questo problema è stato affrontato e risolto nel 1979 per iniziativa presa, a suo tempo, dal Co­mune di Paceco. Sono stati i consiglieri comunali di Paceco a prendere atto di alcune situazioni irrazionali dei confini.

Ricordo che una volta, prima della rettifica del 1979, un turista cercava nel centro storico di Paceco l'albergo «Il cavallino bianco» perché in una guida aveva letto che trovavasi nel Comune di Paceco, cosa vera, ma non sospet­tava il malcapitato che la spiaggia di S. Giuliano, dove sor­ge quell'albergo, era nientemeno che a Trapani!

Assurdità di questo tipo ed altre situazioni anomale so­no state affrontate dal Consiglio comunale di Paceco che ha avuto la capacità di risolverle in tempi relativamente brevi. Diciamolo dunque chiaramente: la rettifica dei confi­ni del 1979 fu fatta per iniziativa di Paceco. Successivamente Trapani ha solo approvato la nostra proposta.

Quindi, caro avvocato Marino, Paceco non ha più situa­zioni insostenibili. Altri ce l'hanno e stanno tirando per i capelli chi non ne ha. E non sappiamo neanche perché.

Diceva l'assessore all'urbanistica del Comune di Tra­pani, al convegno di Napola sulla «questione Regalbesi» del 12 novembre 1988, che Trapani non rettifica i suoi con­fini (col Comune di Erice evidentemente) da circa 130 anni. Che cosa è successo a causa di questa inerzia? E' successo che la città di Trapani ha visto crescere le sue nuove co­struzioni sulle falde di Erice. Ora poniamoci una domanda: perché Trapani si estende e si inerpica sopra una monta­gna? Sarebbe più razionale farlo verso le zone pianeggianti ad est ed a sud della città. La verità è che l'espansione omo­genea dell'abitato di Trapani è stata frenata soprattutto dal­la linea !ferrata e poi dalle saline che l'hanno chiusa da due lati. Perché gli amministratori trapanesi non si danno da fare per spostare la stazione ferroviaria alla periferia della città?

Certi inconvenienti esistono ormai da tempo e si sa­rebbero potuti risolvere prima e magari oggi i trapanesi non starebbero qui a parlare di rettifica di confini. Invece Trapani ha assistito passivamente al crescere disarticolato delle proprie costruzioni. Almeno fino al me/se di settembre scorso quando tutto d'un colpo qualcuno se n'è accorto.

 

Così ad un certo momento il progetti sta del piano re­golatore di Trapani decide di progettare una strada che at­traversi anche il territorio comunale di Paceco e precisa­mente la frazione di Nubia. E poiché « Nubia è un ostacolo all'espansione di Trapani» pone la questione della rettifica dei confini anche con Paceco. Ecco perché riesce difficile, da parte di chi vede questo problema dall'esterno, capire come mai il Comune di Paceco, con un documento sottoscrit­to dai rappresentanti di tutti i partiti, dichiara di non essere interessato alla questione. Chiaramente sembra una posi­zione dura e intransigente, un rifiuto al colloquio. La verità è che invece noi i confini con Trapani li abbiamo razionaliz­zati fin dal 1979. Tuttavia, dove eventuali situazioni assurde dovessero ancor venir fuori, noi siamo disponibilissimi a discutere, però attenzione, tutti gli attentati alla identità territoriale, vanno considerati solamente come tali. Ma gra­ve non è solo che la rettifica a tutti costi può essere consi­derata come il mezzo per attentare all'integrità territoriale di una comunità, più grave ancora è progettare tutto ciò senza consultare la popolazione residente. Così mentre il Sindaco. di Paceco dichiara addirittura di non aver parte­cipato ad alcuna riunione preliminare sul problema confini, di non aver quindi concordato un bel nulla, lo leggo in un decreto dell'Assessore comunale agli Enti Locali «…visto l'incontro avuto con l'Amministrazione comunale di Pace­co ...visto... nomino un commissario ad acta per la retti­fica dei confini Trapani-Paceco-Erice». A questo punto ap­pare chiaro che si vogliono seguire scorciatoie non perfet­tamente democratiche.

Per quanto riguarda il progetto «Regalbesi», quasi tut­ti l'abbiamo visto con simpatia, anche perché nasce da una iniziativa che parte dal basso.

Sono alcune frazioni appartenenti a Comuni diversi che richiedono una loro autonomia amministrativa e perciò non mi pare che possa esserci da parte dei pacecoti un rifiuto netto a simile idea. Ben altra cosa è la mutilazione di un territorio comunale effettuata con un provvedimento dall'al­to, è un atto autoritario che noi rifiutiamo di accettare. E poi perché una simile forzatura? Qualcuno dice che Trapani ha l'obiettivo dei 100 mila abitanti. Tutto ciò è un fatto di semplice megalomania oppure ci sono altri incoffessati in­teressi? E' risaputo che Trapani nei confronti di Paceco ha sempre sofferto un complesso di superiorità che l'ha por­tato a considerare con una certa sufficienza ogni tentativo di collaborazione fatto dal vicino piccolo Comune.

Prendiamo ad esempio la questione dei consorzi: gli amministratori di Trapani si sono sempre rifiutati di gesti­re in modo consortile i servizi sovra-comunali interessanti i Comuni vicini. Emblematico è il caso del depuratore delle acque reflue che il Comune di Trapani, dopo aver rifiutato la proposta di costituire un consorzio, sta realizzando auto­nomamente.

Poi magari, dopo averlo costruito, inviterà Paceco a sca­ricare, previa regolare convenzione. Ma intanto, hanno pen­sato gli amministratori di Trapani, lo costruiamo noi. Così è stato per lo smaltitore dei rifiuti urbani e così si tenta di fare per tante altre strutture realizzabili in modo consortile. E' chiaro quindi che non. c'è interesse per i consorzi ma per le semplici convenzioni, le quali vengono dopo il progetto, dopo il finanziamento e dopo la realizzazione, cioè dopo che alcuni interessi sono stati tutelati.

 

 


SALVATORE BONGIORNO

SEGRETARIO PROVINCIALE PSI

 

 

Sono giunto a questo convegno dopo la relazione, che non ho potuto ascoltare. Si parla dei confini fra questi tre comuni. Ma io vorrei essere molto cauto in questa circostanza. Voglio rifuggire da situazioni campanilistiche, che se accettate possono portare a situazioni diverse e comunque impositive.

Male ha fatto questa amministrazione di Paceco che si è mossa finora con metodi oligarchici, escludendo il consi­glio comunale. Ma il problema non va visto solo sotto que­sto profilo. lo per esempio nella veste di capogruppo del PSI mi sono rifiutato di partecipare alla riunione per valu­tare le proposte avanzate dal tecnico del comune di Paceco; ma perché caro architetto Messina, in quelle proposte non c'erano le proposte che riguardavano Paceco, ma c'era un pesante tentativo di manomettere i problemi di confine fra Erice e Trapani, e questa è una manovra pericolosa.

Quello di Canino è il classico gioco delle tre carte: è un giocare su tre tavoli diversi, e chi dirige il gioco ha sempre partita vinta, perché i giocatori non possono colloquiare, non possono confrontarsi. Questo non è un giudizio, una accusa. Non vorrei che sotto, la velata scusa di modernismo e di democrazia avanzata, ci fosse un piccolo, ma molto piccolo, squallido gioco di potere.

 

 


CONCLUSIONI DELL'ARCH. FRANCO RESTIVO

PRESIDENTE ORDINE DEGLI ARCHITETTI

 

 

Non credo che a questo punto possano trarsi vere e proprie conclusioni. Innanzitutto ringrazio gli amici per la serenità del dibattito di stasera. Certamente era quasi natu­rale che emergessero ed emergano problemi municipalistici. Istintivamente mi pare abbastanza chiaro e scontato che emergessero.

Ora io credo che la faccenda vera cade nel momento in cui il Comune di Trapani va a darsi un prOpria Piano Re­golatore. Obiettivamente, e di fronte ai lunghi anni di sfa­scio urbanistico, non si capisce più cosa Trapani abbia da regolare. Da rettificare cosa c'è più?

Non c'è più nulla: questa è la verità!

Specie nel momento in cui tutto attorno è già edificato.

Obiettivamente inoltre, come ricordava Marino, ci sono fat­ti veri e reali, e su questi fatti reali vanno posti metodi e modi di programmare per andare a modifiche, non alle radicali rettifiche di confini. Ma i modi come sono stati pasti dall'ingegnere Mastrorilli, con cui abbiamo avuto anche scon­tri, non ci convincono affatto.

Qui entra in ballo la tecnica urbanistica, il come si vuo­le intendere la programmazione del territorio, per intende­re il suo sviluppo futuro. Sono d'accordo che l'occasione d'oro di questo momento, cioè la contestuale redazione dei tre P R G non deve essere sprecata.

Su questo. terreno si deve trovare una metodologia, per lavorare per i tre PRG in itinere Paceco, Trapani, Erice. Non c'è in verità un solo modo di affrontare il problema, ma almeno tre modi diversi. Si tratta di capire se c'è preli­minarmente la volontà di fare. Si possono coordinare i tre gruppi così per come sono. Questo è un modo per portare a galla la patata bollente. E così capire chi è in buona fede e chi in mala fede.

Ognuno dei tre gruppi dovrà gestire il proprio piano ma coordinare le scelte per un uso razionale di tutto il territo­rio, per mettere assieme le intelligenze e fare il massimo, nell'interesse complessivo dell'intera area.

Altra proposta: mediante il coordinamento di un diri­gente nominato dall'Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente, giacché l'Assessore agli Enti Locali su questa ma­teria non ha nessuna competenza.

O altra soluzione ancora: ogni gruppo lavora per sé stes­so ma non disconoscendo quello che fa il Comune limitrofo. Ma perché? Perché Trapani, Erice e Paceco è una grossa co­nurbazione, pertanto c'è una grossa interconnessione di in­teressi, che sono anche socio-economici, non soltanto abita­tivi e di qualità di vita.

lo non riesco a comprendere perché si vuole eludere questa ipotesi ragionevole e naturale. In questo ambito è facile risolvere le sfasature, che evidentemente passano at­traverso quello che ne pensa la gente. Credo che in democra­zia gli atti d'imperio sono solo frutti velenosi.

Altro ragionamento è quello su Regalbesi, una situazio­ne che va affrontata con serenità per quella che è, parten­do dai bisogni della gente di quelle contrade, che sono le­gittime e genuine.

II grande dato di verità è che in questa nostra società non possono più passare le prevaricazioni, da qualsiasi parte giungano. A proposito del P R G di Trapani il fatto scatenan­te di tutta questa questione dei confini, è stata posta la que­stione di Raganzili Casa Santa, un fatto vero e reale.

Ma in questa zona si è orientato lo sviluppo di Trapani.

Cioè in una zona dove lo sviluppo è avvenuto regolarmente, cioè sotto il coordinamento di un regolare strumento urba­nistico, il piano di fabbricazione, di cui era comunque do­tato il Comune di Erice; cosa di cui Trapani non si è mai dotata!

Questa è una negligenza degli amministratori trapanesi che è gravissima! Poi hanno fatto scaturire la realtà di Villa Rosina, cioè in una zona che era l'unica dove poteva espan­dersi con regolarità la città di Trapani.

L'altra faccenda, non più reversibile, del nucleo indu­striale, che non si può convertire ad uso abitativo. Allora quello che non avrei capito, cosa vuole annettere Mastrorilli? Capisco e non comprendo che non intende annettere territo­rio libero! lo da tecnico che mi pongo determinati problemi, per una città compressa dal mare e dalla montagna, avrei chiesto territorio libero per insediamenti abitativi o per al­tri tipi di insediamenti.

Se vogliamo dare a Trapani uno sviluppo diverso e al­ternativo, questa è la strada. Per quanto riguarda il siste­ma portuale intermodale, questa è una cosa che verrà. lo ne sono convinto, dovremmo avere l'accortezza tutti di favorire questo progetto senza che venga stravolto il territorio e l'am­biente. E' questa una cosa difficile ma va fatta. Non possia­mo ostacolare un progetto di progresso, purché si realizzi nel rispetto più assoluto del territorio e del sistema circo­stante.

Ma in realtà dietro questa bagarre della rettifica io cre­do non c'è solo l'ingegnere Mastrorilli; ci sono altre que­stioni, e allora il P R G di Trapani non si vuole fare.

E' assurdo che la questione della rettifica non fa avan­zare di un passo il PRG. Un anno fa al comune di Trapani in una riunione per fare i parcheggi, dissi: avete compro­messo tutte le aree libere per opere pubbliche. Avevano in programma di abbattere l'ex fabbrica del ghiaccio. Con un centro storico ingolfato e senza spazi andiamo a demolire l'ex fabbrica per farci una scuola che aggiunge ulteriore traffico e confusione, è un assurdo!

Avevamo le aree dove abbiamo fatto la caserma dei Ca­rabinieri e della Guardia di Finanza, che erano ideali per farci i parcheggi! Non c'è un disegno organico, senza un PRG.

In conclusione, credo che si possa dire che dobbiamo puntare tutti sui PRG, sapendo che vanno esaminate anche alcune situazioni circa i confini; ma sapendo come seri pro­gettisti che occorre !'intesa e l'autocoordinamento, o il coor­dinamento dell'Assessore al Territorio. Ciò vale per i rap­porti Erice-Trapani, ma anche fra Trapani e Paceco, per quanto riguarda l'area del sistema intermodale portuale.


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